Sono passati più di 4 mesi dalla scomparsa di Dinu Adamesteanu, e i ricordi continuano a sfilarmi nella mente.
Capitai in Basilicata la prima volta nel 1972, giovane studentessa universitaria di II anno, per uno scavo a Ruoti, nel Potentino, con l’Istituto di Archeologia Classica dell’Università La Sapienza di Roma.
Per me fu come essere catapultata in un altro mondo. Ricordo Dinu Adamesteanu, grande, imponente, dietro la sua scrivania a Potenza, mi fece un’enorme impressione. Non ero abituata al clima informale che regnava sovrano nella sua Soprintendenza, da poco fondata. Non avevo allora grandi frequentazioni con le Soprintendenze e questo fu il vero impatto che, devo dire, mi lasciò un segno.
Vi era appena stata la mostra “Popoli anellenici”, a Melfi, nel 1971, che aveva rivelato la ricchezza straordinaria di un territorio fino allora sconosciuto.
Nel suo Ufficio regnava un moto perpetuo, un via vai incessante senza orari, scandito dalla venerazione per lui. Era un generoso e tutte le iniziative intraprese venivano suggellate davanti ad una tavola imbandita, in lieta compagnia
Ricordo di quegli anni un grande fervore scientifico, una grande apertura verso il mondo accademico e internazionale, missioni di tutto il mondo chiamate a lavorare in terra incognita, com’era allora la Basilicata. Era anche un modo, raffinato e altamente scientifico, per supplire alla carenza di personale specializzato, di cui non disponeva, e grazie a lui molti giovani di allora furono lanciati verso la conduzione di Soprintendenze, cattedre universitarie o direzioni di prestigiosi Istituti culturali stranieri in Italia. Tante amicizie sono iniziate allora, grazie a lui e continuano ancora oggi.
Ebbi da lui il materiale per la tesi di laurea, grazie alla disponibilità dell’unica ispettrice dell’epoca per la provincia di Potenza, Giuliana Tocco; a Roma, negli ambienti piuttosto severi della Sapienza dell’epoca, ebbi non pochi problemi, che allora mi apparivano incomprensibili; l’argomento affidatomi veniva giudicato troppo complesso per una tesi di laurea, andavano di moda sterili discussioni su singoli oggetti e lo studio di un complesso veniva giudicato un azzardo per un laureando.
La sua visione del territorio era infatti rivoluzionaria per l’epoca; il suo sguardo spaziava su larghi orizzonti, affrontando i problemi topografici impostati sullo studio delle fotografie aeree - a lui si deve la fondazione dell’Aerofototeca nel 1959 - e risolvendoli successivamente attraverso gli scavi. L’esplorazione archeologica era supportata da una serie di scienze ausiliarie e ilcontrollo topografico del territorio era costantemente aggiornato attraverso i supporti cartografici. La documentazione in Basilicata si avvaleva dei mezzi più all’avanguardia dell’epoca, al contrario di quanto avveniva invece nello stesso periodo e anche in epoche successive in altre regioni.
La modernità del suo agire è ancora oggi stupefacente se si considera il grande lavoro compiuto con gli Enti locali, per cui anche il più piccolo paesino della Basilicata era fiero di essersi riappropriato del proprio passato.
E tutto questo senza bisogno né di leggi né di devolution e la più bella testimonianza di ciò sono stati tutti i gonfaloni dei Comuni della Basilicata, oltre che di Gela, di cui il Professore senz’altro sarebbe stato contento, a dargli l’estremo saluto, insieme con la Sua vecchia Soprintendenza e tanti scarafoni.
Dal giorno della Sua scomparsa, molto è stato già detto, ma bisogna ancora sottolineare il suo impegno per la salvaguardia del territorio, non solo a tutela dei siti antichi -a lui si devono grandi provvedimenti di tutela, incentrati sulla conoscenza topografica del territorio - , ma anche a tutela del contesto ambientale.
Memorabili le sue grandi lotte per salvare dalla devastazione industriale per es. interi tratti di costa del Metapontino, opponendosi all’installazione “di una tra le più inquinanti industrie finora conosciute in una zona ben nota per gli i nsediamenti antichi”. Mi sono trovato il progetto davanti e non avevo altro da fare che firmarlo ! Cosa che non ho fatto e credo non sarà fatto nemmeno dai nostri superiori del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali” (D. Adamesteanu, L’attività archeologica in Basilicata, in Locri Epizefiri, Atti del XVI Convegno di Studi sulla Magna Grecia, 1976, p. 822).
Quando l’ho visto l’ultima volta, a Natale 2003, per comunicargli che finalmente stavo per dare alle stampe lo studio di una delle necropoli arcaiche di Siris, che lui aveva scavato e che mi aveva affidato, alla felicità per la notizia si era frapposto in lui il rimpianto per non aver fatto abbastanza.
E come in un flash back mi sono passate davanti agli occhi le lotte di questi anni per evitare lo smantellamento delle Soprintendenze, in contrapposizione alla Sua opera -lui, che ha istituito una Soprintendenza territoriale-, per mantenere dignità al lavoro tecnico-scientifico dei funzionari del Ministero, in contrapposizione al suo lavoro di valorizzazione delle risorse umane, per evitare lo smantellamento graduale della tutela, lui, rumeno ma che amava profondamente il Sud d’Italia e soprattutto la Basilicata, tanto da rimanervi per sempre, che ha tutelato, con pochissimi mezzi e con l’accordo dei Comuni e degli Enti locali, porzioni enormi di territorio, come mai oggi si potrebbe mai fare.
E in tempi così miseri, che dire del bisogno disperato di uomini che facciano le Istituzioni??
Come quando diceva: “Vado a Roma !!!”
E calava il pugno sul tavolo annunciando tempesta.