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Eduardo Di Blasi
“Qui non si potrebbe neanche fare un muretto”
22 Ottobre 2010
Rifiuti di sviluppo
In un’intervista a Pasquale Raia, di Legambiente, la spiegazione del perché si è scelto un parco come discarica. Gli italiani sono ineffabili. Il Fatto Quotidiano, 22 ottobre 2010

“Abbiamo lavorato trent’anni per avere questo parco e adesso ce lo stanno distruggendo”. Pasquale Raia, responsabile Aree Protette di Legambiente Campania, sotto il Vesuvio ha combattuto la sua battaglia. Una battaglia che ha due martiri: i consiglieri comunali di Ottaviano, l’avvocato Pasquale Cappuccio, freddato nel settembre del ‘78 mentre era in auto con la moglie e Mimmo Beneventano, ammazzato nel novembre del 1980 davanti casa. Lottavano contro la speculazione edilizia che con la complicità della camorra di Ottaviano, quella di Raffaele Cutolo, stava cambiando faccia al territorio: costruzioni abusive che portavano cave; cave che, una volta svuotate dei materiali da costruzione, chiamavano rifiuti da interrare. Un ciclo della malavita che non accettava oppositori e che aveva modificato un’area dalle enormi bellezze naturali in una periferia malconcia della città di Napoli. “Dagli anni ‘60 e fino al 1994 in questo territorio si contavano quattro grandi discariche e diverse cave più o meno legali. Nel 1995, con l’istituzione del Parco Nazionale del Vesuvio, iniziarono gli abbattimenti dei manufatti abusivi, i divieti di cava, la chiusura degli sversatoi e il ritorno graduale alla normalità”.

Il parco ha un regolamento?

Nel 2008 il Consiglio regionale della Campania ha approvato il ‘piano del parco’ con le regole di tutela dell’ambiente e delle comunità che vi risiedono.

Che tipo di tutele ci sono?

L’area è divisa in quattro zone. Le prime due, quelle più prossime al cratere, godono di una ‘protezione integrale’. La terza ha una specializzazione agricola. La quarta prevede la possibilità di costruire piccole aree a servizio turistico.

Che succede se qualcuno costruisce in un’area tutelata come quella del parco?

Se si costruisce un muretto a secco arrivano le guardie forestali e fanno un verbale. Non si può costruire e non si può cavare. Ovviamente non si potrebbe neanche aprire una discarica.

Ma rispetto alle quattro zone di protezione dove si trova la cava Vitiello?

A cavallo tra la seconda e la terza area. Nella seconda, per intenderci, per norma non si possono fare neanche le visite guidate. Invece qui hanno costruito in poche settimane anche una strada asfaltata per permettere ai camion che trasportano i rifiuti di muoversi meglio. Non sappiamo chi l’abbia costruita, con che soldi, e a che titolo. Non ha ancora passato il collaudo, ma servirà a spostare i rifiuti nel parco nazionale.

Oltre che tutelare il paesaggio, il territorio ha delle produzioni di eccellenza...

Qui ci sono le cantine del Lacryma Christi e produzioni di qualità come il “piennolo”. Il produttore di questa varietà di pomodoro, oggi, ha inscenato anche una protesta a Terra Madre, al Salone Internazionale del Gusto di Torino, per dare pubblicità a questo scandalo che dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti.

Secondo lei perché si è scelto di portare i rifiuti nel Parco del Vesuvio?

Per due motivi. Il primo è che i “buchi” lasciati dalle cave andavano ripristati prima che qualcuno immaginasse di riportarci i rifiuti. Il secondo è che la cava è gestita da A2A e Asia, la società che raccoglie i rifiuti a Napoli, e per loro è molto meno costoso portare l’immondizia sul Vesuvio che fuori regione.

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