Perché Berlusconi insiste ogni giorno sul suo camaleontico, pasticciato piano casa? Perché ha una testa da immobiliarista e non vede altro che il mercato privato, tante Milano 2. Perché è fermo all’800, al “bâtiment qui va”. Perché non sa come rianimare una economia in crisi profonda che lui chiama “influenza da virus americano”. E teme che si allunghi. Perché, coi due condoni precedenti, ha perfettamente capito che la maggioranza degli italiani se ne frega delle norme urbanistiche, del paesaggio, dei centri storici e vuole soltanto aggiungere stanze, coprire terrazze e balconi, alzare nuovi piani abusivi. Un popolo di “padroncini” aspiranti-padroni, a spese degli altri e dell’interesse generale. Per questo insiste sul decreto legge ed attacca il Parlamento, “irridendo il lavoro dei parlamentari” (parole di Gianfranco Fini).
Berlusconi non sa o finge di non sapere che mancano alloggi a basso prezzo o a basso canone per giovani coppie, immigrati, anziani soli (un quarto di tutti i romani), che questa è la sola domanda edilizia realmente esistente. Per essa Pd e Cgil, associazioni ambientaliste sollecitano un grande piano di recupero, restauro e riutilizzo, sotto regìa pubblica, di interi quartieri degradati, di comparti semivuoti o abbandonati, di edifici pubblici e privati. Senza consumare un metro quadrato di terreni liberi, verdi o agricoli.
Se le Camere sono inciampo, figuriamoci le Regioni. Ma qui anche il premier deve fermarsi, pur scalpitando. La competenza in materia è, da anni, regionale e le Regioni possono sbarrargli il passo ricorrendo alla Corte costituzionale. Non gradiscono per niente (come Napolitano) il decreto legge, né piace loro la legge-quadro. Sono per un semplice atto di indirizzo da tradurre poi in leggi regionali, con l’obiettivo di rendere più veloci e più semplici le pratiche. Attenzione però a non accedere all’idea berlusconiana di edificare in zone di pregio paesaggistico chiedendo alle Soprintendenze (stremate dai tagli in atto e impoverite nel personale tecnico) di dare un parere entro 30 o 60 giorni, il che equivarrebbe ad un disastroso silenzio/assenso. Attenzione a non sposare il progetto berlusconiano di abolire il permesso di costruire sostituendolo con “autocertificazioni” o con la sola dichiarazione di inizio attività (dirompente incoraggiamento ad ogni sorta di abusi).
C’è pure chi ritiene che il cosiddetto piano casa di Berlusconi sia un non senso economico. L’Italia viene da sette anni di “boom” ininterrotto e sul mercato vi sono non poche case tuttora invendute. Immettervi altre stanze o alloggi – ottenuti allargando, coprendo, gonfiando, ecc. – deprimerebbe ulteriormente prezzi e valori di mercato. L’economista Paolo Manasse, su lavoce.info ha calcolato – quando Berlusconi straparlava di incrementi di cubature, cedibili ai vicini, del 20 % - che lì per lì vi sarebbe un impatto sui 22 miliardi. Tuttavia, incrementando del 20 % circa l’offerta di case, si ridurrebbero le quotazioni del mercato. Inoltre, il nuovo drenaggio di risparmio verso il cemento rattrappirebbe i consumi delle famiglie fra i 15 e i 34 miliardi. Effetto economico, vicino allo zero. “In cambio di case brutte”, concludeva Manasse. Che tragedia per il Belpaese