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Maria Pia Guermandi
Pompei: la luce in fondo al tunnel
15 Dicembre 2013
Maria Pia Guermandi
Lunedì scorso sono arrivate le nomine del nuovo Direttore e vicedirettore incaricati di coordinare il progetto "Grande Pompei".>>>
Lunedì scorso sono arrivate le nomine del nuovo Direttore e vicedirettore incaricati di coordinare il progetto "Grande Pompei".>>>

Lunedì scorso sono arrivate le nomine del nuovo Direttore e vicedirettore incaricati di coordinare il progetto "Grande Pompei". Si tratta - ed è una buona notizia - di due figure fortemente legate all'ambito del Ministero bb.cc. : un generale dei carabinieri, Giovanni Nistri, per molti anni a capo del Nucleo per la tutela del patrimonio culturale e Fabrizio Magani, finora Direttore Regionale dei beni culturali e del paesaggio in Abruzzo, dove stava efficacemente guidando la ricostruzione postsismica dopo i vergognosi ritardi del precedente commissariamento.
Nomine al fotofinish - il 9 dicembre era l'ultimo giorno ai termini di legge - a causa dei forti contrasti che hanno visto contrapporsi, come hanno raccontato le cronache, alcuni membri della compagine governativa.

Eppure Pompei ha urgente bisogno di invertire quel destino di lento degrado che testimoniano non solo e non tanto i crolli che continuano, ma soprattutto i ritardi del così detto Grande Progetto Pompei, l'iniziativa lanciata nell'aprile del 2012 dal Governo Monti (ministro dei bb.cc. l'indimenticabile Ornaghi). Finanziata, direttamente o indirettamente, soprattutto da fondi europei, tale operazione non ha saputo finora imprimere una svolta decisiva, anche perchè metodologicamente approssimativa e sbilanciata, basti pensare che dopo oltre un anno e mezzo sono stati aperti cantieri per pochi milioni di euro (6,5) sui 105 disponibili, e non sono state ancora avviate le attività di diagnostica e di riassestamento idrogeologico del sito, causa prima dello stato di degrado delle strutture murarie.
Il lavoro che attende Nistri e Magani è dunque estremamente complesso, perchè si tratta sia di arginare emergenze diffuse, sia di reimpostare l'agenda del progetto sotto il profilo scientifico, superando le difficoltà organizzative e amministrative che hanno finora gravato come un macigno sull'azione della Soprintendenza.
Direttore e vicedirettore non saranno soli: secondo quanto stabilito dal Decreto, poi Legge 112/2013, essi potranno avvalersi di una struttura di supporto di una ventina di persone già nei ruoli dell'amministrazione statale e di cinque consulenti in discipline giuridiche, economiche, urbanistiche.

È questo uno dei due veri elementi di novità contenuti nel così detto Decreto Valore Cultura: l'aver abbandonato la logica dell'uomo solo al comando che arriva e, come il tarantiniano Wolf, "risolve problemi". È la nefasta logica dei commissariamenti che a Pompei, come a L'Aquila, ha provocato disastri, talora così gravi da fornire materiale per le procure della Repubblica.
Ora invece, a guidare il recupero del sito, troviamo competenze giustamente diversificate, che non si sovrappongono a quella tecnica -archeologica (come era invece avvenuto in passato con effetti paralizzanti) e in grado di presidiare due aspetti decisivi come il controllo della legalità e la gestione della macchina ministeriale.
E assieme, potranno, anzi dovranno essercene altre, a partire, soprattutto, da quella di pianificazione territoriale.

Perchè l'altro elemento di novità di questo decreto legge consiste nell'aver collegato il recupero del sito archeologico alla riqualificazione dell'area circostante: stiamo parlando di un territorio, quello di Pompei e dei comuni limitrofi, dove i fenomeni di abusivismo edilizio, consumo di suolo, carenza di servizi raggiungono livelli fra i più elevati d'Italia. Non si salva il sito di Pompei, se non si recupera l'intero territorio ad un livello di qualità urbana accettabile: se la situazione dell'area archeologica è tuttora a rischio, non è per carenza di fondi, che a Pompei non sono mai mancati, ma perchè per decenni si è continuato a ragionare in un'ottica esclusivamente intramoenia, priva di una visione di ampio respiro, quasi che il sito fosse ancora affare esclusivo di accademici e ricercatori.
Non è più così: non perchè la ricerca scientifica debba essere ora tralasciata a vantaggio di estemporanei esperimenti di "valorizzazione" come quelli del commissario Marcello Fiori (peraltro osannati, all'epoca, dall'allora presidente del Consiglio Superiore dei bb.cc.), ma perchè quella ricerca va ora indirizzata, massicciamente, a risolvere i problemi di sostenibilità derivanti da un turismo di massa cui va offerta un'esperienza culturale adeguata alle molteplici esigenze di un'utenza globalizzata nei numeri, ma non nei bisogni e nelle attese.

Fra un paio di settimane, con la nomina del Soprintendente della nuova Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia inizierà operativamente questa nuova fase. Sarà l'ultima occasione, in ogni senso, per il sito archeologico e il territorio circostante: è una sfida rischiosa perchè già da molto tempo, sin dall'arrivo dei fondi europei, si sono scatenati gli appetiti di chi pensa a questa come l'ennesima opportunità per rovesciare su di un'area già al collasso una colata di cemento residenzial-commerciale accessoriata di Archeopark stile Las Vegas (progetto già presentato dall'Amministrazione comunale).
Per il recupero non solo archeologico, ma urbanistico e soprattutto sociale di questo territorio occorre fare esattamente il contrario: senza cedimenti, senza ritardi. Solo così a Pompei, e non solo, potremo sperare di superare la nottata.

L'articolo è pubblicato, contemporaneamente, su L'Unità on-line, "nessundorma".

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