Il "piano casa" del governo era una materia di discussione non esauribile nell'ambito politico, e neppure in quello dell'economia, che pure ne era un fine primario. La materia riguarda, infatti, tanto strettamente il campo urbanistico e sociale, ambientale e paesistico da far subito vedere che la discussione al riguardo non può esserne solo politica o economica.
Del "piano" si è finito, invece, col parlare ben poco. Effetto, certo, degli eventi sopraggiunti, che hanno monopolizzato l’attenzione dell’opinione pubblica, dal sisma abruzzese alla campagna elettorale, risoltasi in un dibattito su vita e opere di Berlusconi. Le speranze di chi pensava che i temi urbanistici, sociali, ambientali, paesistici, economici, politici implicati nella questione del "piano casa" costituissero un punto qualificante del confronto elettorale sono andate, così, ben presto deluse. Intanto, è proseguito, però, l’iter normativo e amministrativo del "piano". Da una parte, si dovrebbe giungere entro un certo termine a una ridefinizione dell’intervento legislativo a livello nazionale; dall’altra, le Regioni vanno preparando, per quel termine, gli interventi normativi di loro competenza, di cui quello nazionale finale dovrà fare il debito conto.
A dire il vero, e com’era prevedibile, la normativa in elaborazione presso le Regioni è varia dall’una all’altra di esse. Solo la Toscana ha già fatto la sua legge, che esclude da ogni deroga i centri storici e le case condonate e limita gli ampliamenti al 20% e solo per case uni o bifamiliari, oppure al 35% per chi demolisce e ricostruisce. In Piemonte si ammette, invece, la deroga ai piani regolatori, ma solo per "villette" uni e bifamiliari e per l’edilizia sovvenzionata al di sotto di 1000 metri cubi, sempre che si realizzi un congruo risparmio energetico. Misure di favore si prevedono pure in Veneto per la bioedilizia (fino a un + 40%) e nella Provincia di Bolzano al fine di un alto standard energetico. In Friuli-Venezia Giulia si favorisce chi acquista una casa; in Liguria si pensa a un intervento per ben 200.000 case, ma con criteri di stretta tutela del territorio, privilegiati anche in Umbria. Nelle Marche si mira soprattutto a superare la crisi dell’edilizia. In Lombardia si pensa a incrementi del 20%, raddoppiabili dai Comuni; e al 40% si pensa pure in Val d’Aosta per alberghi e ristoranti. Le misure del 20 (per le "villette") e del 35% (per demolizioni- ricostruzioni) sono previste anche in Campania, così come a cambi di destinazione per capannoni da trasformare in abitazioni. In Puglia escludono le zone di pregio storico- culturale e/o paesistico da ogni intervento, lasciando il 35%, con incentivi, alle demolizioni-ricostruzioni ecosostenibili. In Sicilia si pensa a due interventi per incrementi del 20 o 30% secondo i casi, anche in deroga ai piani regolatori, ma rispettando le norme di sicurezza. A due interventi si pensa pure in Abruzzo, ma fermando tutto, per ora, in vista di regole più severe. Trentino, Lazio, Molise, Basilicata, Calabria e Sardegna sembrano meno avanzate nel preparare le loro misure.
È necessario ora, certamente, che la discussione sul "piano casa", passato il momento elettorale, riprenda e si svolga in tutte le sue implicazioni, e, ormai, sui testi da approvare in sede legislativa. In linea di massima, i testi regionali in preparazione, come si vede dai nostri brevi cenni, si muovono, ovviamente nell’ambito fissato dall’indirizzo generale del governo. Le divaricazioni che si intravvedono sono, tuttavia, notevoli, e pongono varii problemi. Il punto principale è, come notammo per il piano del governo, che non si elaborino sotterfugi per un condono anticipato o per dissimulate sanatorie. Soprattutto, i centri storici e i beni storico-culturali e paesistico-ambientali andrebbero tutelati con norme estremamente precise. La deroga ai piani regolatori è preoccupante, se non ben definita per casi ristrettissimi e ben specificati, e così pure le portate degli ampliamenti oscillanti fin oltre il 35%. Per le demolizioni-ricostruzioni, se io abbatto un vecchio edificio con vani di grande cubatura e lo ristrutturo in vani di cubatura minore, facendone cinque piani al posto di tre, poi con l’aumento del 35% giungerò a sette piani e a un numero molto maggiore di appartamenti rispetto al 35% in più di quelli del fabbricato iniziale? E con quali ripercussioni urbanistiche e sociali. E,infine, che cosa sono le "villette "? E perché non tenere anche presenti le necessità sociali (case per studenti,, giovani sposi e simili)? Sono dubbi e sono problemi. Se, però, le Regioni del Sud, senza nulla sacrificare dei fini economici e sociali del piano, si illustrassero per norme ottime per il territorio e il paesaggio, per i beni storici e culturali, sulla sicurezza, sul piano ecosostenibile ed energetico, sarebbe molto bello. E sarebbe, poi, un modo concreto di rovesciare, su un punto strategico- politico rilevante, l’opinione negativa del paese su di esse. Un’occasione da non perdere.