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Luciano Muhlbauer
Piano casa, poteri forti e giochetti di poltrone
16 Luglio 2009
La barbara edilizia di Berlusconi
Là dove imperversa da lustri il centrodestra ciellino-leghista, anche la devastazione del territorio è solo la punta di un iceberg. Il manifesto ed. Milano, 16 luglio 2009 (f.b.)

E infine, dopo settimane di annunci, smentite, commissioni sconvocate e sedute rinviate, martedì sera il Consiglio regionale ha approvato, con il voto contrario di tutte le opposizioni, il «piano casa» della Lombardia, in una versione persino peggiorata rispetto al testo originario. In tanti speravano invece in un esito diverso, visti i numerosi dissidi nella maggioranza,ma poi è successo l’esatto contrario, cioè il centrodestra si è improvvisamente ricompattato attorno agli interessi e alle spinte provenienti dai gruppi di potere immobiliare che ormai costituiscono il vero governo del territorio a Milano e dintorni. Certo, la ragione che ha portato di nuovo pace – e che aveva motivato la guerra? - nel centrodestra c’entra poco con l’urbanistica, ma così vanno le cose nel regno di Roberto Formigoni. Infatti, mentre il Consiglio dibatteva, in un’altra stanza il «governatore» ha formalizzato le nomine dei nuovi presidenti e direttori generali degli Irccs, cioè della cosiddetta «eccellenza» della sanità lombarda.

E a parte il fatto che Comunione e Liberazione ha ribadito il suo strapotere, compresa l’inquietante nomina al vertice della Fondazione Policlinico-Mangiagalli-Regina Elena dell’antiabortista e leader ciellino Giancarlo Cesana, la novità consiste proprio nei posti concessi alla Lega, che si aggiudica il presidente dell’Istituto Tumori e il direttore generale del Besta. Insomma, una poltrona vale ben un po’ di mattoni. Comunque sia, il prezzo di questo baratto di potere alla fine lo paga il territorio lombardo con una brutta legge, priva di progetto e consistente in una maxi-deroga alle norme urbanistiche ed edilizie e in bonus volumetrici generalizzati, per la durata di 18 mesi, che metterà a dura prova quei comuni che volessero garantire un minimo di controllo e governo della situazione, che aggiunge ulteriore confusione a un quadro normativo sempre più intricato e incoerente e che comporterà densificazione abitativa e consumo del territorio incontrollati. E tutto questo senza nemmeno rispettare i vincoli indicati dall’Accordo Governo-Regioni del 1° aprile scorso, che la stessa Lombardia aveva sottoscritto.

Per dare un’idea di che cosa stiamo parlando, ma senza perderci nei tecnicismi, basti ricordare che queste deroghe consentiranno di ampliare del 20% gli edifici residenziali della dimensione fino a 1200 metri cubi. In caso di sostituzione, cioè di demolizione e ricostruzione, il bonus volumetrico arriva invece al 30% (al 35% se ci metti anche qualche albero) e questo sarà possibile anche con edifici non residenziali, con tutte le annesse preoccupazioni circa la salvaguardia delle attività produttive. Nel caso dei quartieri popolari, cioè di edilizia residenziale pubblica, il bonus arriva fino al 40%, viene calcolato sulla base della volumetria complessiva esistente nel quartiere e può concretizzarsi anche in nuove costruzioni. E come se non bastasse, la volumetria aggiuntiva generata dall’edilizia pubblica può essere ceduta dalle Aler e dai Comuni a dei soggetti privati. Certo, c’è il vincolo della destinazione ad alloggi Erp, ma questo concetto significa ormai di tutto e di più. Anzi, nel caso in esame, significa tanta edilizia convenzionata e poca o nulla edilizia sociale. Va poi rammentato che tutte le deroghe e i bonus, sebbene con qualche vincolo in più, valgono anche nei centri storici e nei parchi. Infine, tra i peggioramenti introdotti dal Consiglio regionale di martedì va segnalata l’abolizione dell’obbligo di «produrre al comune» l’attestato di certificazione energetica ad intervento edilizio terminato. Sarà poca cosa in mezzo a tanto mattone libero, ma considerato che la presunta bontà di questa legge veniva giustificata con l’incentivo al risparmio energetico, forse questo particolare spiega molto più di tante parole.

L’autore Luciano Muhlbauer è consigliere regionale della Lombardia, Prc

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