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Paolo Baldeschi
Perché il ‘piano casa’ della Regione Toscana è una buona legge.
19 Agosto 2009
La barbara edilizia di Berlusconi
Sono fra coloro che hanno duramente criticato...

Sono fra coloro che hanno duramente criticato il ‘piano casa’ del governo perché inutile rispetto agli obiettivi dichiarati, distruttivo del paese e immorale. A differenza di altre Regioni, fra cui spiccano i congruenti estremismi di Veneto e Campania, la Regione Toscana lo ha tradotto in una buona legge. La LR 24/2009, infatti, ha il merito fondamentale di permettere l’ampliamento o la riedificazione solo di una parte del patrimonio edilizio esistente e solo all’interno degli strumenti urbanistici vigenti; impedisce con ciò l’aspetto più nefasto del disegno berlusconiano, il colpo di spugna sulla pianificazione del territorio e il via libera a ogni forma di speculazione.

Più precisamente, la legge limita gli interventi di ampliamento ai casi in cui già i piani regolatori permettono la ‘ristrutturazione edilizia con incrementi volumetrici’. Quanto agli interventi di demolizione e ricostruzione, questi sono possibili esclusivamente sull’edilizia abitativa, senza cambio di destinazione. Inoltre, i provvedimenti non si applicano nei centri storici o nelle parti del territorio ad essi assimilate, a immobili vincolati o dichiarati di interesse storico-culturale dagli strumenti urbanistici, nei parchi o nelle riserve naturali, in zone di pericolosità idrogeologica e all’interno dei piani attuativi. Viene così disinnescata la peggiore pillola avvelenata del disegno di legge statale, la possibilità di riconvertire i capannoni dismessi o inutilmente costruiti con la Tremonti bis, e magari da ricostruire con la Tremonti ter, come residenze ed uffici. Se si considera, inoltre, che tutti gli interventi sono condizionati dall’utilizzazione di tecniche di sostenibilità ambientale e di risparmio energetico (nonché dall’eliminazione delle barriere architettoniche), si può sostenere che la legge, se correttamente applicata, potrebbe avere un impatto positivo sul patrimonio edilizio regionale. Un risultato non di poco conto e addirittura brillante se confrontato a quanto legiferato dalle altre regioni.

Chi critica la legge, sostenendo che comunque la Regione Toscana avrebbe potuto ignorare il ‘piano casa’ del governo, trattandosi di materia di esclusiva competenza regionale, non tiene conto che un rifiuto secco, data la popolarità dell’abuso edilizio, sarebbe stato un suicidio politico. Il fatto che la Regione Toscana abbia approvato rapidamente la legge (con l’astensione dell’opposizione), a mio parere - e in ciò dissento da altre osservazioni critiche - è stata una mossa intelligente che ha chiuso la questione prima che si scatenassero le pressioni di proprietari, costruttori, cooperative, professionisti e del potente battaglione edilizio.

Tuttavia il comportamento dei Comuni che ne dovranno dare attuazione può inficiare le potenzialità positive della legge. Sarebbe, infatti, una iattura se le amministrazioni locali rendessero più permissivi gli strumenti urbanistici o riclassificassero in basso le categorie di intervento sul patrimonio edilizio, in particolare nel territorio rurale, per ampliare e rendere possibile ciò che la Regione ha voluto limitare. E qui torniamo ad un punto dolente, al vero nodo di fondo che mette in crisi sistematicamente le buone intenzioni di governo del territorio della Toscana espresse anche nel PIT recentemente adottato come piano paesaggistico: la delega totale ai Comuni delle politiche urbanistiche reali e la altrettanto totale assenza di controlli e sanzioni, di fronte a plateali violazioni della legge e ad azioni non solo illecite, ma criminose e ripetute nel tempo. Vi è un caso esemplare che interessa un Comune situato in quel ‘patrimonio collinare’ che il piano paesaggistico definisce come ‘invariante strutturale’. Il Comune è Casole d’Elsa: qui la lettura dei verbali della Procura della Repubblica, da poco resi pubblici, dipinge un quadro drammatico e pone interrogativi non solo sulle possibilità, ma anche sulla volontà di controllo da parte degli organismi regionali in presenza di clamorose, insistite, ricorrenti e impudenti violazioni della legge. Il tema è cruciale dal momento che il piano paesaggistico adottato limita drasticamente il potere delle soprintendenze in merito alle autorizzazioni paesaggistiche (ormai richieste solo in casi particolari), trasferendo di fatto ogni potere ai Comuni. Se ciò interessa a qualche lettore di Eddyburg, questo sarà il tema di un prossimo intervento.

Sull’argomento vedi anche Piano casa alla Toscana, in “Eddyburg per Carta” http://eddyburg.it/article/articleview/13341/0/293/

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