L’anno che comincia dovrebbe, dovrà, essere l’anno della liberazione del nostro paese dall’occupazione di Berlusconi e delle sue bande, dalla Lega ad An. Tutte bande ambiziose, ma oggettivamente subalterne al Cavaliere. Nell’aprile del 2005 questa liberazione - dato il risultato delle elezioni regionali - la davamo per scontata. L’Italia era uscita -pensavamo noi del manifesto -dall’ubriacatura e saremmo tornati a ragionare. Purtroppo la storia non va come le lezioni a scuola. La grande guerra delle banche e l’audace tentativo di Unipol di impadronirsi della Bnl - la banca nazionale di Nitti e poi di Mussolini - ci hanno messo nei guai. Quasi a dimostrare - con ostinazione classista - che i poveri e le cooperative non possono sedersi al tavolo dei signori. Il tentativo di Unipol e di Giovanni Consorte, che io stimo, di ottenere un posto alla tavola dei signori è fallito e su Unipol e Consorte sono cadute tutte le accuse - dovranno esser dimostrate, ma non sarà difficile - di corruzione e imbroglio. L’idea che si possa avere una finanza rossa è priva di fondamento e contraddittoria: la finanza (Marx aveva scritto qualcosa a proposito) è finanza e ha le sue regole che niente hanno a che fare con le speranze del proletariato. Così è andata male. Il tentativo di conquistare il castello del potere, usando le armi del castello del potere, è andato male, e non poteva essere diversamente. E’ una regola: nessuno vince imitando l’avversario. Però si potrebbe dire che le sconfitte, quella dell’Unipol, sono (possono essere) anche un insegnamento. Un insegnamento a essere diversi: se vogliamo assomigliare all’originale, è sicuro che vince l’originale e che noi siamo condannati come bassi imitatori. In questa epoca di massima globalizzazione (una relativa globalizzazione c’era già ai tempi dell’impero romano) bisogna avere idee globali, antiteticamente globali. Questa è la sfida dell’anno che viene, di questo 2006, che potrà essere la conferma di quel che già si è realizzato, o una svolta. Questo - e mi scuso per la presun-zione di questo giornale da tanti anni «dalla parte del torto» - per dire che non si può andare avanti attraverso piccoli aggiustamenti, «io faccio le stesse tue cose, ma un po’ meglio di te». Se entriamo nel 2006 bisogna cambiare qualcosa delle nostre vecchie astuzie politiche, quelle che - bene o male - hanno funzionato nel secolo scorso. Siamo da qualche anno nel nuovo secolo e dobbiamo sforzarci di avere l’intelligenza, la curiosità e la volontà di capire che il tempo è cambiato e che gli insegnamenti del passato sono piuttosto obsoleti. Se - come possiamo - vogliamo liberarci di Berlusconi, dobbiamo avere idee nuove e più coraggiose. Non credo che le astuzie della vecchia politica, le idee di partito democratico o altro ci possano aiutare. Sforziamoci di non essere come quei vecchi che sanno come finiscono tutte le storie. Nel mondo c’è del nuovo che dobbiamo sforzarci di capire. Capire per agire.