BOLOGNA. La Compagnia dei Celestini è un romanzo di Stefano Benni, questo lo sanno quasi tutti, ma è anche un’associazione di urbanisti bolognesi, e questo lo sanno in pochi. I Celestini, gli urbanisti, esistono dal 2001, e stanno facendo molto, a Bologna, per riportare l’urbanistica al centro di un dibattito pubblico. Promuovono feste per la città cui partecipano centinaia di persone. Organizzano convegni e pubblicano documenti. Raccolgono materiali sul loro sito internet. Godono di un’ottima stampa, e compaiono nelle bibliografie più di quanto ci si aspetterebbe. Sono un piccolo fenomeno, e un fenomeno molto bolognese, anche se è difficile dire esattamente in cosa. I quattro Celestini che incontro a Bologna, Alessandro, Chiara, Francesco, Marco, sono tutti poco sopra o poco sotto i trent’anni. Sono un campione rappresentativo di un gruppo che è, per lo più, giovane. Gruppo nato all’indomani della vittoria di Guazzaloca, con l’idea di reagire a un degrado politico e culturale, ma anche a uno «stato problematico della città» (come dice Francesco) che, nell’esperienza professionale di molti di loro, caratterizzava già gli anni della giunta Vitali. Marco: «abbiamo cominciato a ragionare sul perché la città andava così male, su cosa potevamo fare con il nostro sapere». Il cosa fare assume prima la forma di una discussione serrata, un tentativo di coinvolgere altri in un dibattito più ampio, poi diventa un’associazione, che oggi conta più di ottanta iscritti e centinaia di simpatizzanti.
I Celestini hanno molte idee su Bologna e le fanno circolare. Si oppongono ai progetti per la nuova metropolitana, mezzo di trasporto troppo costoso e rigido, e per il «tram», veicolo su gomma a guida vincolata che (dicono) avrà una capacità inferiore ai mezzi che attualmente servono la stessa direttrice est-ovest. Vorrebbero una seria politica contro le auto e più investimenti sul sistema ferroviario metropolitano. Discutono il nuovo «piano struttura», poco capace di costruire scelte condivise, che urbanizza nuove aree invece di giocare la carta della riqualificazione, ed è incapace di rispondere alle domande poste dalle sue stesse analisi (calo demografico, crescente immigrazione). Ritengono urgente l’avvio a Bologna di una politica strutturale di interventi per la casa. Contestano le scelte compiute per molte aree strategiche: il parcheggio di interscambio nell’area ex Saveco, strategica per un eventuale ampliamento dei giardini Margherita; la nuova sede dei servizi del Comune nell’area dell’ex mercato ortofrutticolo, in un luogo che per facilità di connessioni sarebbe più adatto a ospitare funzioni rivolte a un’utenza non locale.
Bologna si trasforma oggi, dice Alessandro, «consumando opportunità, senza che le trasformazioni della città siano di qualche interesse pubblico, portino qualche beneficio». Al centro del suo discorso e di quello dei Celestini è un’idea di cittadinanza, di bene collettivo. Ciò che spinge il gruppo a uscire allo scoperto sulle trasformazioni urbane nasce, lo si vede, da una pratica quotidiana dei meccanismi del piano. Tre delle quattro persone che ho davanti lavorano negli uffici della Provincia di Bologna (è lì che si raccoglie alla fine degli anni novanta un primo nucleo di soci fondatori). La loro è l’esperienza di chi sa in che modo le scelte tecniche possono essere condizionate dal gioco dei poteri urbani, e vuole rendere consapevole di tutto questo un pubblico più vasto. Francesco: «di quest’esperienza mi interessa soprattutto il fatto di far capire anche a persone che non conoscono le cose tecniche dell’urbanistica che hanno la possibilità di influire sui processi di trasformazione».
Questa attenzione al dato tecnico, unita a uno spiccato senso dell’attivismo radicale, dell’incursione creativa, fornisce la peculiare cifra culturale dei Celestini ed è una delle ragioni principali del loro successo. I Celestini sanno comunicare in molti modi, per esempio facendo un modello di Bologna tutto di pezzi di mortadella, ma quando c’è da essere pragmatici, attenti ai fatti e ai numeri, non si tirano indietro. Sanno che è grazie a questo stile intellettuale che si sono conquistati credibilità e una capacità di parlare in modo trasversale a diversi schieramenti politici. E questo a dispetto di posizioni che in alcuni casi sono obiettivamente di rottura rispetto alle politiche recenti, anche della sinistra. Come se l’insistere su un discorso fortemente tecnico, che ai politici non è sempre familiare, permettesse un rimescolamento delle carte, delle alleanze. Marco: «nei partiti, specie quelli piccoli, non c’è modo e tempo per ragionare sulle questioni urbanistiche, i politici non hanno gli strumenti. Il lavoro che abbiamo fatto in questi anni è stato importantissimo anche per la loro crescita».
I Celestini non sono un gruppo compatto. Hanno molte posizioni, e nei loro documenti, in controluce, lo si vede. Marco: «ogni documento che rendiamo pubblico viene discusso, limato, rivisto, è un lavoro che comporta una fatica immane». Collocarli su un’ipotetica mappa dell’urbanistica italiana non è ovvio. C’è in molti loro testi un’idea forte del «piano», del «pubblico», delle «regole». Ci possono essere nomi che nei loro documenti compaiono più spesso di altri, per esempio Edoardo Salzano o Francesco Erbani. Uno dei loro ultimi scritti si apre con una lunga spiegazione di che cos’è la rendita fondiaria urbana, proprio come accadeva in Amministrare l’urbanistica di Giuseppe Campos Venuti, anno di grazia 1967: un libro che ha significato molto per Bologna. Tutto questo può aiutare a circoscrivere un ambito culturale, a tracciare alcune radici, ma, nel caso dei Celestini, quello che colpisce è la capacità di non rispettare totalmente questi confini, di lasciare aperto il campo a qualche scostamento.
Che cosa accadrà ora se Cofferati dovesse vincere le elezioni, non lo sanno. Danno l’impressione di essere in attesa, consapevoli che potrebbe esserci una svolta. In questi anni, con la sinistra all’opposizione, il loro ruolo è stato quello di portatori di una critica tecnica e culturale, capace di ricollocare l’urbanistica sulla scena dell’attenzione pubblica con una determinazione e un’efficacia poco consuete. C’è spazio ora per uno spostamento verso un impegno più esplicito in ambito politico, o magari, chi lo sa, professionale? Marco: «certo questa che si sta avvicinando è una scadenza importante...». Chiara: «magari continueremo proprio così, nel nostro ruolo da vigile urbano». Che, nella filastrocca di Gianni Rodari, è appunto quello che «ferma i tram con una mano».
.FILIPPO DE PIERI
I Celestini incontrati il 16 aprile 2004 sono: Alessandro Delpiano, Francesco Evangelisti, Chiara Girotti, Marco Guerzoni. Sito internet: www.celestini.it