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Fabrizio Vigni
Opere, immenso imbroglio
11 Dicembre 2005
Articoli del 2004
Da l'Unità del 1° aprile 2004 un articolo del Capogruppo Ds della Commissione Ambiente e lavori pubblici della Camera dei deputati

L’ha promesso, una di queste sere Berlusconi tornerà a “Porta a porta” per parlare di grandi opere. Fu proprio lì, nel 2001, che disegnò su una lavagna la mappa delle sue mirabolanti promesse: strade, ferrovie, ponti, metropolitane, l’Italia sarebbe diventata tutta un grande cantiere. Tornerà da Vespa e racconterà, naturalmente, di aver fatto miracoli. Intanto ne parla dappertutto: “Il governo è assolutamente in anticipo rispetto alle previsioni. Avevamo previsto di realizzare entro la legislatura il 40% di 125 miliardi di euro di investimenti. Abbiamo già attivato opere per 48 miliardi di euro di investimenti e 20 miliardi di opere sono già cantierati”, aveva detto alcune settimane fa. Nelle dichiarazioni di ieri è andato oltre: “Abbiamo aperto cantieri per 40mila miliardi e ne apriremo entro l'anno per altri 60mila”.

Fantastico. Nei manifesti affissi sui muri, intanto, converte gli euro in lire per fare ancora più effetto: “Grandi opere attivate per 93mila miliardi”.

Come stanno dunque le cose? Davvero almeno su questo punto il centrodestra sta rispettando il famoso "contratto con gli italiani?" Bastano pochi dati per dimostrare che siamo di fronte ad un gigantesco imbroglio.

Primo dato: gli investimenti nel bilancio dello Stato per le opere pubbliche, piccole e grandi, si stanno riducendo. Dopo il crollo della prima metà del decennio scorso, dal '96 al 2001 con l'Ulivo si era avuta una buona ripresa, con un incremento medio annuo del 10,6%. Dal 2001, invece, con il centrodestra, il trend di crescita si interrompe: nei primi due anni la riduzione è stata circa del 15%, quest'anno del 13%. Particolarmente gravi i tagli in alcuni settori: dimezzati i finanziamenti per la difesa del suolo e la prevenzione di frane ed alluvioni, ridotti drasticamente quelli per le città ed il trasporto pubblico locale, per l'edilizia scolastica, per acquedotti e depuratori.

Il secondo dato è quello sui finanziamenti per la realizzazione delle cosiddette grandi opere della legge obiettivo. Erano state promesse circa 270 opere, per un costo totale di 125 miliardi di euro. Ma sono stati finanziati, ad oggi, appena 5,1 miliardi (peraltro attraverso limiti di impegno di spesa, cioè indebitandosi per 15 anni). E bene che vada, da qui al 2006 si arriverà a 9 miliardi. Niente, in confronto a quanto sarebbe necessario. Se fate due conti vi accorgerete che di questo passo il piano delle grandi opere sarà completato nel 2079. Niente male, no? Fate poi attenzione a quella parolina - investimenti attivati - che viene utilizzata per il gioco delle tre carte. "93mila miliardi di lire attivati", dice Berlusconi: ma questo è il costo finale delle opere, non il totale dei soldi stanziati e disponibili, che come abbiamo visto è di gran lunga più basso. Per capirci: è come se uno, desiderando tanto una Ferrari ma non avendo i soldi per comprarla, acquista lo specchietto e va al bar vantandosi con gli amici di aver "attivato" l'acquisto dell'auto. Il governo ha lo specchietto: gli manca tutto il resto. Serve una conferma? Eccola: dopo tre anni gli unici due cantieri già aperti, tra le opere della legge obiettivo, sono quelli per la terza corsia su 18 km del raccordo anulare di Roma (deciso e in larga parte finanziato all'epoca del centrosinistra) e per un lotto di 28 km sulla Salerno Reggio Calabria (proseguendo i lavori avviati dal precedente governo su 215 km.) Tutti gli altri cantieri ad oggi aperti in Italia, compresi dunque quelli che il capo del governo visiterà nel corso della campagna elettorale, sono cantieri di opere decise, finanziate ed avviate dal precedente governo.

Rischiamo di ritrovarci dunque, alla fine della legislatura, in un paese nel quale forse sarà stata messa la prima pietra di qualche opera di forte valore simbolico e di grande impatto comunicativo - come il Ponte sullo stretto di Messina, un'opera non prioritaria per il Sud che ha bisogno anzitutto di completare la rete autostradale, modernizzare la rete ferroviaria, garantire l'acqua a tutti i cittadini - per cercare di nascondere agli italiani il fallimento del governo. Ma sarà un paese con un sistema dei trasporti ancora più inadeguato e squilibrato, un territorio ancora più indifeso e fragile.

Quando torneremo a governare, dunque, troveremo i problemi irrisolti, se non addirittura aggravati.

E dovremo fare i conti con una situazione di risorse non illimitate. Certo, si dovrà riattivare un trend di crescita degli investimenti pubblici, utilizzare tutte le potenzialità del project financing e dei finanziamenti europei. Ma le risorse saranno comunque limitate. Anche per questa ragione si dovrà tornare ad una corretta programmazione degli investimenti - che errore imperdonabile, per il centrodestra, aver cancellato il Piano dei Trasporti! - e selezionare le opere più utili ed urgenti. Riequilibrio modale, ferrovia, sicurezza stradale, autostrade del mare, trasporto pubblico nelle città: sono queste le priorità, se si vuole garantire il diritto alla mobilità senza far deflagrare gli equilibri ambientali. Insieme agli investimenti per la difesa del suolo e la cura del paesaggio, per la riqualificazione delle aree urbane, per le reti idriche, rappresentano gli obbiettivi essenziali di un programma di modernizzazione ecologica del sistema infrastrutturale che il centrosinistra dovrà proporre al paese. A dividerci dal centrodestra, insomma, non è solo la critica delle promesse non mantenute, ma anche una visione profondamente diversa delle politiche per le infrastrutture ed i lavori pubblici. Diradato il fumo delle bugie e delle promesse mancate, da qui si dovrà ripartire.

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