Due recenti libri collettivi su Karl Marx. Il primo affronta alcuni concetti chiave del filosofo tedesco. Il secondo è invece una critica alle tesi di Jacques Derrida sulla necessità di recuperare Marx, abbandonando però l'idea che esiste una classe destinata a costruire una società non capitalista
All'indomani della decisione del governo statunitense di intervenire nel salvataggio di alcune imprese finanziarie e banche, un gruppo di autorevoli editorialisti e economisti scrisse che la crisi del libero mercato stava facendo tornare di attualità l'opera di Karl Marx, in particolar modo la sua tesi sulla inevitabilità che il capitalismo incappasse ciclicamente in una crisi che metteva in discussione la sua stessa esistenza. Il fatto più sorprendente è che le parole lusinghiere dedicate al filosofo di Treviri venivano da riviste e giornali da sempre paladini di quello stesso libero mercato che stava portando sull'orlo dell'abisso il capitalismo. Se Time, Business week, Economist e Wall Street Journal cercavano tra le pieghe del Capitale o del Manifesto del partito comunista spiegazioni sul perché il migliore dei mondi possibili, cioè il capitalismo, si stava trasformando in un inferno per miliardi di persone voleva dire che la crisi e la recessione mondiale avviata dal «giocattolo» impazzito dei subprime era cosa davvero seria. È stato poi compito dell'attualità inanellare il drammatico rosario di licenziamenti di massa, fallimenti di imprese. Il volto di Marx è stato poi rapidamente tolto dalle copertine di quelle riviste, ma le affermazioni contenuti negli articoli pubblicati sulla rinnovata attualità dell'opera marxiana sono difficili da dimenticare così in fretta.
L'invenzione di una tradizione
Certo è però il fatto che l'eredità teorica di Marx era diventata una faccenda per pochi intimi, per di più litigiosi tra loro. Neppure i movimenti sociali di questi ultimi due decenni hanno guardato con attenzione all'autore del Capitale. Unica eccezione, l'America Latina, dove ci sono importanti e radicali movimenti sociali che continuano a parlare di socialismo. In Europa e negli Stati Uniti Marx è stato infatti consegnato alle soffitte ben prima che crollasse il muro di Berlino, simbolo di una fallimentare esperienza di costruzione del socialismo. Il Sessantotto aveva solo rinviato la rimozione dell'opera marxiana. E quando in Europa, nel pieno della controrivoluzione liberista, si sono manifestati movimenti sociali - dall'ecologismo agli occupanti di case, ai no-global- le tradizioni teoriche e politiche a cui hanno fatto riferimento non contemplavano né Marx, né tantomeno l'esperienza comunista.
L'unico tentativo serio di fare i conti non con Marx, ma con il marxismo risale infatti agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, con la pubblicazione di una «Storia del marxismo» curata da Eric Hobsbawm. Ed è proprio in quella storia che lo storico inglese invitava a pensare ai marxismi, perché molte sono state le scuole di pensiero, i percorsi politici che hanno contraddistinto la ricezione dell'opera marxiana. Ed è quindi una felice sorpresa la pubblicazione di un libro - Lessico marxiano, manifestolibri, pp. 198, euro 19 - che ripercorre alcune parole chiave dell'opera di Marx, dichiarando sin dall'introduzione una scelta di campo: tutti gli autori si rifanno all'operaismo, cioè quell'innovazione del marxismo avviata da Raniero Panzieri e poi proseguita da studiosi come Mario Tronti, Antonio Negri, Romano Alquati e tanti altri. Ma la sorpresa è che è un libro nato all'interno di uno spazio occupato, l'Esc di Roma, che ha sempre manifestato una forte critica nei confronti delle organizzazioni del movimento operaio. Eppure, come dichiarano i curatori di questo volume, l'appuntamento con Marx era nell'ordine delle cose. Per verificare se potesse servire alla comprensione del capitalismo, ma anche se potesse fornire strumenti per il loro agire politico.
Nel flusso della storia
Il Marx che esce da questo volume non è tuttavia lo scienziato del capitalismo, né un economista che fornisce ricette per far funzionare un modo di produzione alternativo al capitalismo. Marx è qui considerato un critico dell'economia politica, mentre la sua produzione teorica è ritenuta un'opera aperta alla critica e al superamento laddove se ne presentasse la possibilità. Le parole chiave scelte per rileggere l'autore dei Grundrisse lasciano infatti trasparire sopratutto un'urgenza politica. Il «fulmine da prendere con le mani» a cui alludono gli attivisti di Esc nell'introduzione non è infatti l'eredità marxiana, bensì la realtà capitalistica contemporaneo, la sua continuità con il passato, ma anche e sopratutto le discontinuità che manifesta. Per questo l'attenzione è data, ad esempio, ai concetti di «astrazione», «forza lavoro», «cooperazione», «lavoro produttivo e improduttivo», «classe», «accumulazione originaria», «diritto». Cioè a temi che costituiscono proprio i nodi da sciogliere per una critica al capitalismo che spesso in questo libro è qualificato come cognitivo.
L'accumulazione originaria è infatti sviluppata per parlare di come la globalizzazione mette in evidenza che quel passaggio violento all'origine del capitalismo si rinnova continuamente quando si ridefiniscono le gerarchie e i rapporti sociali tanto nelle realtà nazionali che a livello mondiale. Questo solo introdurre il fatto che le classi sono continuamente scomposte e ricomposte. Ma che solo da un'ottica di classe, e dai conflitti che agisce, si può risucire a comprendere la realtà e pensare la politica per trasformarla.
Non è quindi un caso che vengono ripercorsi i testi di Marx per capire cosa significa forza-lavoro, lavoro produttivo e improduttivo, produzione e riproduzione in un capitalismo dove diventano centrali le capacità generiche della natura umana (il linguaggio, la capacità di fare astrazione, la capacità di sviluppare cooperazione). E di come il diritto, da sempre dispositivo per legittimare la proprietà privata e i rapporti sociali dominanti, arrivi ad occuparsi di diritto d'autore, di brevetti, di marchi affinché proprio quel linguaggio, quella conoscenza, quel sapere e la vita stessa diventino non solo merci, ma che la loro «produzione» sia regolata secondo il principio della scarsità.
L'impossibile filologia
Un libro che non è mosso da nessun intento filologico rispetto l'opera marxiana. I testi di Marx sono infatti letti e commentati per afferrare la realtà. E che per questo mette in conto di andare «oltre Marx». Un'operazione provocatoria rispetto a chi, invece, aderendo filologicamente ai testi di Marx cerca risposte politiche. O verso chi cerca di salvaguardare la tradizione politica del movimento operaio. Ma provocatoria anche verso chi cerca di innovare l'analisi marxista, colmando i limiti dell'opera marxiana. Il «lessico marxiano» che emerge dall'insieme dei saggi che compongono il volume è da intendere come una cassetta degli attrezzi da usare per la costruzione di un agire politico che si vuol misurare con questo capitalismo. Un volume che propone infine come prioritaria necessità politica la possibilità di aprire un'altra storia, prendendo definitivamente congedo dall'esperienza socialista del Novecento.