Il villaggio immorale
Giovanni Maria Bellu
Se è vero che il successo politico di Berlusconi è stato in buona parte determinato dall'aver dato dignità di valore ad alcuni dei peggiori difetti del nostro carattere nazionale, l'annuncio del «piano casa» segna un'accelerazione formidabile del loro sdoganamento. Sembrano passati secoli, invece è meno di un anno, dai giorni della campagna elettorale quando il centrodestra era ancora obbligato ad assicurare di aver messo da parte la politica dei condoni. Qua siamo ben oltre: la sanatoria è preventiva. Autorizza a fare legalmente quanto, illegalmente, è stato fatto in occasione delle sanatorie «normali». Basti ricordare che nella fase preparatoria del primo dei condoni edilizi berlusconiani (1994) furono costruiti 83.000 edifici abusivi, 25.000 in più di quanti ne erano stati costruiti l'anno prima.
La «cementificazione dell’Italia» denunciata da Dario Franceschini è più di un rischio. Se il progetto andrà avanti nei termini in cui è stato annunciato, è una certezza. La novità allarmante è che Berlusconi questo rischio e questa certezza ritiene di poterseli prendere: considera il paese «pronto». Agisce, con la consueta spregiudicatezza, sulle parti più molli e fragili della nostra debole considerazione della cosa pubblica. L'esempio che ha fatto nell'illustrare il piano (la famiglia che cresce, la necessità di recuperare una stanza in più) segna l'assunzione del familismo immorale a valore programmatico. La vecchia definizione di Edward Banfield diventa una sorprendente e spietata istantanea del presente: «L'incapacità degli abitanti del villaggio di agire insieme per il bene comune o di fatto per qualsiasi bene che trascenda l'interesse immediato e materiale del nucleo familiare». Con la differenza che il «villaggio» in questione è un paese stremato economicamente nel quale l'87% degli abitanti ha una casa di proprietà. Ed ecco dunque la «soluzione» facile e allettante: allargare la casa dove ci si è già chiusi. In questo modo si avrà più spazio, si «valorizzerà» l'immobile, e si darà lavoro alle imprese edili. Quanto al rispetto dei piani urbanistici, dell'ambiente e del buon gusto, a garantirli sarà una sorta di autocertificazione.
Una balla. Ma suggestiva e allettante. Popolare. Per questo va presa sul serio. Come dice a Federica Fantozzi la presidente dell'Umbria Maria Rita Lorenzetti, va cercato un punto di equilibrio tra la deregulation selvaggia e il nulla. Per esempio semplificando le procedure amministrative che consentono, a determinate e tassative condizioni, di intervenire sugli immobili. E, intanto, affermando con forza il ruolo degli enti locali nella gestione del territorio. Abbiamo, per fortuna, parecchi «villaggi» formati da famiglie che hanno a cuore il bene comune e dove resistono dei valori condivisi.
Non è affatto scontato. È amaro scoprire - lo racconta Massimo Solani a pagina 16 - che Marco Beyene, lo studente italo-etiope aggredito l’altro giorno a Napoli per il colore della pelle, ha ricevuto tante telefonate di solidarietà dalla gente comune, ma nessuna da esponenti istituzionali della maggioranza di governo, né dal sindaco della sua città. Evidentemente certe vergogne sono ormai considerate episodi dell’ordinaria quotidianità. Il razzismo è diventato routine.
Ville gonfiate fai-da-te. Perplesso anche Bossi
Federica Fantozzi
Venerdì arriverà in consiglio dei ministri, diretto verso una rapida approvazione. È il piano straordinario per l’edilizia annunciato ex abrupto dal premier e accolto con critiche da molte Regioni e dalle associazioni ambientaliste.
Il documento si basa sui progetti di Veneto e Sardegna, due regioni guidate dal centrodestra, che consentono un ampliamento della cubatura degli edifici e la ricostruzione per quelli con più di trent’anni di vita. Il Veneto del forzista Galan farà da testa d’ariete: domani la giunta regionale discuterà il piano. Poi toccherà alle altre Regioni valutarlo.
Il ministro per i Rapporti con le Regioni Fitto ha annunciato che presto arriverà una legge quadro che consentirà agli enti locali di regolamentare sulla materia. Chiara la filosofia alla base del provvedimento: «Se riaprono i cantieri riparte tutta l’Italia». Dubbi della Lega e scarso entusiasmo del suo leader Bossi: «Alcuni ci credono molto, io meno. Ma è giusto riparlarne».
Preoccupati per la cementificazione del territorio e lo stimolo all’abusivismo, molti governatori. «Ferma contrarietà» da parte del presidente della Basilicata De Filippo che accusa il governo di «improvvisazione. Cauti il governatore delle Marche Spacca («Faremo la nostra parte ma niente deregulation, va tutelato il principio di sostenibilità») e quello della Lombardia Formigoni («Bene la sburocratizzazione ma non a svantaggio del territorio»). Duro sul metodo il governatore dell’Emilia Romagna Errani, anche presidente della conferenza Stato-Regioni: «Se si vuole una vera politica della casa, anche per rispondere alla crisi economica, si azzeri questo “piano segreto”, si rimetta il treno sui giusti binari, si riparta da un corretto rapporto istituzionale con regioni ed enti locali, titolari della materia».
Berlusconi però ci tiene molto, convinto come è che si tratti di un volano per l’economia, cui potrebbe aggiungersi la scelta di mettere sul mercato le case popolari «a un prezzo ragionevole» per trasformare gli inquilini in proprietari. Il premier si mostra sicuro che non ci saranno abusi «perchè tutto quello che si farà è in continuazione di case esistenti, nelle zone previste dal piano regolatore e con una vidimazione sotto la responsabilità dei progettisti». Insomma, si tratterà solo di «dare a chi ha una casa, e nel frattempo ha ampliato la famiglia, la possibilità di aggiungere una, due stanze, dei bagni alla villa esistente».
Il piano prevede 550 milioni per l'edilizia popolare. Soldi che, protestano dall’opposizione, erano già stati stanziati dal governo Prodi e poi bloccati da Tremonti con molti progetti edilizi già avviati. Le abitazioni saranno date in affitto con diritto di riscatto. I primi interventi prevederebbero la costruzione di 5-6mila alloggi.
Ma il punto dirimente riguarda la possibilità di aumentare il volume di case, appartamenti e villette, e addirittura di ricostruire alberghi e villaggi turistici. E' previsto infatti un aumento delle cubature, pari al 20%, delle costruzioni esistenti. Nonché la possibilità di abbattere edifici vecchi (realizzati prima del 1989), non sottoposti a tutela, per costruirne nuovi con il 30% di cubatura in più. Qualora si utilizzino tecniche costruttive di bioedilizia o che prevedano il ricorso ad energie rinnovabili l'aumento della cubatura è fino al 35%.
Interventi che dovranno rispettare le norme sulla tutela dei beni culturali e paesaggistici e non potranno riguardare edifici abusivi. Che quest’ultimo divieto possa funzionare, non ci credono in molti: il permesso di costruire verrà, in parecchi casi, sostituito da una sorta di autocertificazione da parte del progettista. Obiettivo: eliminare lacci, pastoie ed eccessi di burocrazia nel settore.
In fondo, per Berlusconi il nuovo piano casa è l’estensione di un altro provvedimento fortemente voluto: la legge «padroni a casa propria» del 2004 che permetteva di ristrutturare a piacere l’interno degli edifici, rispettando volumi e facciate, dietro semplice presentazione della dichiarazione di inizio attività.
La scelta è tra egoismi e legalità
Vezio De Lucia
È il condono universale. Universale e senza oblazione. Anzi, con la gratitudine del governo.
È scattato subito il no delle regioni di centro sinistra e immediata è stata la protesta degli ambientalisti. Ma si apre uno scontro difficilissimo, irto di insidie, perché il provvedimento berlusconiano solletica gli egoismi più profondi e popolari, radicati in tanta parte del nostro Paese, in particolare nel Mezzogiorno. Quegli stessi egoismi che nei decenni trascorsi indussero ad affossare ogni tentativo di riforma urbanistica e che nel mese scorso hanno determinato la sconfitta di Renato Soru. E torna in vita quel vasto consenso popolare che ha favorito tre leggi di condono in diciotto anni (governo Craxi nel 1985, governi Berlusconi nel 1994 e nel 2003).
Non è certo un caso se la Sardegna è stata la prima regione a plaudire. Insieme al Veneto, alla Lombardia, alla Sicilia, all’Abruzzo, e all’associazione dei costruttori, che non perde occasione per schierarsi dalla parte della speculazione edilizia.
Le conseguenze, se la proposta fosse approvata così come annunciata, sarebbero inaudite, potrebbero ammontare a decine di milioni le nuove stanze consentite dalla legge, annientando quanto resta del paesaggio italiano, sempre meno tutelato, grazie anche alle recenti misure di smantellamento del ministero dei Beni culturali. Per non dire del favore alla malavita che nell’edilizia spontanea e illegale ha sempre sguazzato.
Mi auguro che nei prossimi giorni si riesca a organizzare una contestazione efficace e produttiva, ma soprattutto mi auguro che questa sia l’occasione per mettere mano a una severa riflessione autocritica da parte della politica e della cultura di centro sinistra che non sono mai state davvero capaci di contrastare con determinazione politiche di deregolamentazione selvaggia come quest’ultima sull’edilizia.
In controtendenza rispetto al meglio dell’Europa.
«Così si favorisce l’abuso e si distrugge il territorio. Il governo si fermi»
Federica Fantozzi intervista Maria Rita Lorenzetti
Maria Rita Lorenzetti, presidente dell’Umbria, boccia il piano casa del governo ma è pronta a sedersi al tavolo «per trovare le soluzioni migliori per i cittadini».
Il ministro Fitto annuncia di aver chiuso l’accordo con le Regioni, che presto arriverà una legge quadro e che con il piano casa ripartirà il Paese. È così?
«Intanto chiariamo che né il ministro nè il governo ci hanno consultati: ora la cosa migliore è fermare tutto e discutere con le Regioni. Poi ricordiamoci che i 550 milioni per l’edilizia pubblica annunciati dal governo li aveva già assegnati Prodi. A luglio scorso Tremonti li ha tolti, sebbene alcune regioni, come l’Umbria, avessero avviato i progetti. Se li avessero lasciati sarebbe stata una bella infornata di risorse per l’edilizia, i cittadini e le piccole imprese».
Insomma l’esecutivo ha solo restituito ciò che aveva tolto?
«Esatto. Procurando un ritardo allo sviluppo dell’economia. Lo stesso vale per i Fas: ieri il Cipe ne ha approvati 8. Se fosse successo prima, erano fondi per case, riqualificazione urbana, infrastrutture ambientali, aree industriali...».
Lei del piano che permette di ampliare il volume degli edifici e ricostruire quelli con più di 30 anni non sapeva nulla?
«Assolutamente no. Eppure ho trattato il recupero dei fondi per l’edilizia pubblica. 200 milioni subito per progetti già cantierabili, gli altri 350 più avanti.
E in tante riunioni e telefonate non è mai uscita un’idea simile».
Molti dicono: che male può fare ricoprire una terrazza?
«Molto abusivismo nasce da interventi di tamponatura di balconi e porticati. Così si rischia di stimolare gli abusivi e distruggere il territorio».
Una o due stanze in più. Rischia di essere uno slogan molto popolare in tempi di crisi.
«Ma certo, l’effetto mediatico può essere molto forte. Di gente che ha bisogno e non può permettersi grandi spese ce n’è. Ma ogni Regione e Comune sa come regolarsi per rispondere a queste giuste esigenze. Si possono trovare norme purché non confuse, inefficaci e approssimate come queste».
Qual è l’approccio giusto?
«L’esecutivo non ha minimamente discusso con chi ha competenze ed esperienza, vale a dire gli enti locali. Non mi è mai capitato, finora, un caso insolubile. Non ci si può nascondere dietro situazioni di disagio per fare scempio del territorio. È immorale».
È vero che c’è un eccesso di burocrazia nei regolamenti edilizi?
«Certo che una semplificazione è augurabile. Ma non una deregulation selvaggia. Io sono stata azzannata dagli ambientalisti per aver varato una legge che permette investimenti nei centri storici. Con norme certe, precise, trasparenti però. Se si lascia ognuno libero di fare quello che vuole, non sono d’accordo».
Se il piano diventerà realtà, l’Umbria lo applicherà o no? C’è qualche parte che giudica salvabile?
«Il governo e soprattutto Fitto sanno bene che noi siamo interlocutori che al di là dai colori politici si misurano sul merito. Ci siederemo al tavolo e valuteremo il meglio per i cittadini. Ma disturba molto che l’esecutivo strombazzi un suo progetto fatto con i soldi nostri e non abbia fatto lo sforzo di consultarci prima».
Errani: si fermi quel piano si discuta con noi Governatori
Fermare il piano per l'edilizia annunciato da Berlusconi, e ripartire dalla discussione con le regioni. Tornano all'attacco i governatori di centrosinistra, guidati da presidente della Conferenza delle Regioni, Vasco Errani: si riparta da un più corretto rapporto istituzionale con le autonomie locali. Peraltro il provvedimento legislativo dovrebbe essere discusso in conferenza Stato-Regioni solo dopo l'approvazione in consiglio dei ministri, venerdì. «Sul merito del provvedimento sulla casa annunciato dal governo ai giornali - ha ribadito Errani - mi preoccupa la politica degli annunci e mi preoccuperebbe ancor più se si facesse la scelta grave delle deregolazioni invece di seri percorsi di semplificazione, che sono necessari. Trovo gravemente sbagliato il metodo. Se si vuole una vera politica della casa, anche per rispondere alla crisi economica, si azzeri questo “piano segreto”, si rimetta il treno sui giusti binari, si riparta da un corretto rapporto istituzionale con regioni ed enti locali, titolari della materia».
Franceschini: «No al piano di cementificazione dell’Italia»
Maria Zegarelli
Bocciato, senza appello. Dario Franceschini, «look maglioncino», come lo definisce Lucia Annunziata «In mezz’ora», è lapidario con il piano per la casa annunciato dal premier. «Il rischio cementificazione dell’Italia è pericolosissimo» perché le ricchezze di questo Paese sono il suo territorio e il suo paesaggio. «È come se un paese arabo bruciasse il petrolio».
La squadra
Un’idea «campata sulla Luna» questa liberalizzazione. malgrado Berlusconi la racconti come la possibilità per chi ha una villa «di aggiungere una o due stanze», come se la stragrande maggioranza degli italiani non vivesse in condomini. Il segretario del Pd , dopo una vita da mediano riveste con disinvoltura il ruolo da capocannoniere e prende atto dell’ «l’effetto choc» determinato dalle dimissioni di Veltroni: finita l’epoca della litigiosità interna, «siamo una squadra, c’è solidarietà». Mette in fila dei sì e dei no, spazzando via le zone d’ombra.
No al piano casa, no all’allungamento dell’età pensionabile per le donne, perché dall’Ue «non si può prendere soltanto questo pezzo, pensare di iniziare la riforma del sistema previdenziale con l’equiparazione dell’età delle donne con quella degli uomini senza accompagnarla con un meccanismo di servizi sociali, di assistenza alle famiglie, alla maternità , agli anziani». No all’accordo con la Francia per le quattro centrali nucleari, «nessuno le fa più. Dobbiamo entrare subito nella ricerca sul nucleare di nuova generazione e investire nella cosiddetta green economy su cui ci sarà uno sviluppo straordinario». Ed ecco il quarto «no»: «Non sono l’uomo dei no, ho detto di essere disponibile ad un confronto sulle misure da adottare per fronteggiare la crisi. Sono loro ad aver detto “no” alle nostre proposte», come quella sull’election day. «Abbiamo chiesto di accorpare il referendum alle elezioni europee e amministrative per non buttare 460 milioni di euro, ma si sono rifiutati». Come quella sulla moratoria sui licenziamenti.
Il quinto «no» arriva a proposito del testamento biologico: su questo argomento non c’è «disciplina di partito», ma c’è un’opinione prevalente ed è quella che esclude l’imposizione di alimentazione e idratazione a prescindere dalla volontà soggettiva. Un altro no, a volerli metterli in fila tutti, arriva anche all’ipotesi di appoggiare il governo Berlusconi, «un’idea che non sta né in cielo né in terra».
Se il governo lo accusa di dire «no di sinistra», il segretario risponde: «siamo un’opposizione che fa proteste e proposte». Il «democristiano classico» . come lo definisce Annunziata, per il modo di approcciare alla crisi con l’assegno di disoccupazione. rimanda la palla: «Proporre un assegno di disoccupazione è di sinistra? Provi Berlusconi a dirlo a un disoccupato di destra che ha perso il lavoro, e veda cosa gli risponde». Vero, non è colpa del premier se c’è la crisi, «a nessuno di noi, nemmeno nella foga di un comizio è mai venuto in mente di dire che è colpa del governo Berlusconi, ma il modo inefficace e inadeguato in cui si affronta» la crisi, certamente sì.
La Rai
Opposizione dura e poi dialogo con Gianni Letta per la presidenza Rai, commenta la giornalista. «Lo impone la legge, ma dal momento in cui avremo contribuito a scegliere il presidente, il Pd farà un passo indietro». E quanto al possibile matrimonio Rai-Mediaset, «se ci fosse un tentativo di questo tipo ci opporremmo con ogni determinazione». Sul futuro de l’Unità il segretario augura una soluzione che garantisca il futuro del giornale, ma «non è un compito del segretario perché né l’Unità, né Europa hanno rapporti giuridici o economici con il Pd».
IL DOCUMENTO DELL'INU
L’Istituto Nazionale di Urbanistica esprime la più grande preoccupazione per le ipotesi riportate dalla stampa relative alle norme che il Governo intende varare in materia di edilizia privata e in particolare quelle relative all’incremento, indiscriminato e senza condizioni, del 20% degli edifici residenziali esistenti con un ulteriore regalo alla rendita fondiaria e non a tutti i cittadini. Mentre l’estensione della Dichiarazione d’Inizio Attività (DIA) per ogni intervento, porterebbe sicuramente ad un aggravio del già elevatissimo contenzioso sull’edilizia, oltre ad eliminare ogni forma di controllo ed anche di pubblicizzazione degli interventi. Se tali ipotesi venissero confermate dal provvedimento legislativo che il Governo intende varare nella prossima riunione del Consiglio dei Ministri, si prospetterebbe anche un reale pericolo di peggiorare la già precaria qualità morfologica ed urbanistica delle città italiane, con ampliamenti e sopralzi casuali, legati alle occasioni e alle possibilità d’intervento, in deroga a qualsiasi regola che ogni città e ogni centro urbano hanno cercato faticosamente di darsi con i propri piani e i propri regolamenti, ponendo l’interesse pubblico come primo, fondamentale obiettivo da salvaguardare. Il provvedimento annunciato non sembra, inoltre, tenere minimamente conto dell’impatto urbanistico di tali ampliamenti, che, se generalizzati, potrebbero aumentare congestione e invivibilità delle nostre città, aggiungendo nuovi carichi urbanistici insostenibili e non programmati. Senza dimenticare l’impatto sociale che si determinerebbe, provocando situazioni differenti e disuguaglianze per i cittadini, causa l’eterogeneità delle situazioni di partenza.
L’INU dichiara di appoggiare qualsiasi provvedimento che si muova nella direzione della semplificazione e nella trasparenza delle procedure edilizie nell’interesse di tutti i cittadini, senza tuttavia introdurre forme generalizzate di deregulation che favoriscono, di fatto, nuove forme di rendita senza controlli e senza nessuna ridistribuzione sociale della stessa; scelte che hanno determinato esiti negativi ovunque, in Italia o in Europa, siano state applicate. L’INU ricorda anche come modalità, auspicabili, di semplificazione e di incentivazione siano già presenti nella normativa italiana e in particolare in quelle di alcune Regioni, dalle quali bisognerebbe partire per proporre provvedimenti che non cerchino di incassare solo un generico consenso dell’opinione pubblica senza garantire un reale incremento dell’attività edilizia socialmente sostenibile, ma che consolidino regole e possibilità d’intervento qualitativamente migliori per tutti. L’INU sottolinea, inoltre, come un miglioramento delle procedure e del rapporto tra cittadini, imprese e pubblica amministrazione, passi necessariamente attraverso un aumento della capacità di gestione di quest’ultima e quindi da un maggiore qualità delle sue prestazioni professionali e culturali, condizioni che non si raggiungono sottraendo risorse agli enti locali attraverso misure fiscali improvvisate.
Nei confronti dei provvedimenti annunciati dal Presidente del Consiglio dei Ministri, l’INU avverte, inoltre, come la materia trattata non sia di esclusiva competenza dello Stato, bensì concorrente e dunque coinvolga direttamente la responsabilità delle Regioni, alle quali spetta costituzionalmente il compito di legiferare in materia di governo del territorio e quindi anche di edilizia: tali provvedimenti dovranno quindi essere contenuti, in una legge quadro di indirizzi per le Regioni, come da alcune notizie di stampa sembra potersi desumere, che dovrà trovare il consenso di tutte le Regioni, senza quindi alcuna forzatura politica o costituzionale. A questo proposito, l’INU ricorda come sia da tempo ferma in Parlamento la legge quadro sui “principi
fondamentale del governo del territorio”, nella quale potrebbero anche essere inseriti alcuni dei provvedimenti annunciati, in un contesto più meditato e costituzionalmente maggiormente attendibile; in questo caso non mancherebbe il sostegno dello stesso INU, a condizione che incentivi e incrementi si indirizzino verso la realizzazione di edifici bio-sostenibili e energeticamente virtuosi, mentre eventuali demolizioni e ricostruzioni, del tutto auspicabili come principio, non vadano a detrimento della normale programmazione, anche in termini quantitativi, che ciascuna comunità si è data. Peraltro, l’ipotesi, tutta da discutere, di ampliamento generalizzato dell’edilizia esistente sembra potersi applicare realisticamente solo agli insediamenti a bassa densità e con tipologie uni o bifamiliare.
L’INU ribadisce, infine, l’importanza del rilancio del programma di edilizia sociale, da troppo tempo assente dalle nostre politiche nazionali, annunciato insieme ai provvedimenti prima trattati. Su questo tema si sottolinea la necessità che l’edilizia sociale, pubblica o privata, sia prevalente in affitto, perché tale è la domanda sociale emergente e che sia rivolta alle categoria più deboli della nostra società quali i giovani, gli anziani e gli immigrati. Un’edilizia che, come già previsto da altri provvedimenti, deve essere considerata una dotazione territoriale, cioè un servizio sociale e sia realizzabile sulle aree acquisite gratuitamente dai Comuni attraverso i meccanismi compensativi e perequativi, ormai diffusi a livello nazionale. Con questi indirizzi e a queste condizioni il programma di edilizia sociale troverà l’aperto sostegno dell’INU.
Roma, 8 marzo 2009