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Antonello Boatti
Navigli aperti, un’opportunità
29 Novembre 2012
Milano
Ripristinare la rete acquea milanese col nuovo piano regolatore è coerente a una idea diversa di città e mobilità, le obiezioni sono sbagliate.

Corriere della Sera Milano, 29 novembre 2012, postilla (f.b.)

La recentissima pubblicazione degli atti del nuovo Piano di governo del territorio conferma una gradita sorpresa per tutti coloro che si sono dichiarati favorevoli alla riapertura dei Navigli (95 per cento dei votanti) in uno dei referendum ambientali del 2011. Accogliendo le numerose osservazioni formulate da cittadini e associazioni, la giunta ha proposto e il consiglio ha approvato l'inserimento del tracciato degli storici Navigli come ipotesi di possibile riapertura.
Dopo 130 anni e cioè da quando Cesare Beruto cancellò dal Piano di Milano (1884) così larga parte dei Navigli, riappare in una planimetria urbanistica della città quel segno d'acqua storico.

Così è possibile oggi pensare ad un progetto di fattibilità della riapertura dei Navigli come elemento nuovo e qualificante di una stagione urbanistica diversa che emblematicamente cambia il suo orizzonte: dalla spinta incontrollata all'edificazione e alla densificazione, alla cura per la qualità urbana e del vivere quotidiano. L'idea è quella di stendere sulla città lo storico sistema di canali, lungo i tracciati della Martesana in via Melchiorre Gioia e sulla Cerchia dei Navigli dal Ponte delle Gabelle sino alla Darsena, passando per i luoghi più belli di Milano. Una via d'acqua navigabile per battelli di ridotte dimensioni di trasporto pubblico, collegata al tema più generale della navigabilità dal lago di Como al Ticino, come da anni sostengono l'architetto Empio Malara e l'Associazione Amici dei Navigli. Un progetto fattibile, disegnato via per via, in grado di salvaguardare i diritti dei residenti affiancando sempre al naviglio una strada di servizio e soprattutto una pista ciclabile che magicamente potrebbe congiungere Ticino e Adda con il centro di Milano.
Niente a che vedere con la nostalgia del passato, ma anzi progetto per il futuro, capace di collegare storia e innovazione (basti pensare alle risorse energetiche derivanti dai salti d'acqua e dalla possibilità ad esempio di usare gli scavi per realizzare un possibile anello del teleriscaldamento per il centro della città). Le obiezioni principali riguardano essenzialmente l'impatto che la riapertura dei Navigli avrà nei confronti del traffico e della viabilità e i costi della realizzazione.

Ma, sulla questione del traffico, Area C e prima ancora Ecopass, non avevano e hanno per obiettivo la riduzione del traffico veicolare privato nel centro storico e un invito per tutti a usare i mezzi pubblici per giungere nel suo centro? La riapertura dei Navigli potrebbe costituire un elemento fondamentale per centrare l'obiettivo garantendo al contempo la fluidità degli spostamenti essenziali (residenti, carico e scarico merci e emergenze, mezzi pubblici). Sulla sostenibilità finanziaria di un intervento di questo tipo, considerando la questione da un punto di vista più ampio, bisogna saper collegare i costi ai benefici economici che deriveranno dal rilancio turistico di Milano e dalla sua maggiore attrattività e competitività nell'ambito europeo. Un progetto di questo tipo può radicarsi solo attraverso una progettazione partecipata che è d'obbligo quando la città chiede a chi la abita di modificare le consuetudini di vita. La posta in gioco è molto alta ed è in grado di rendere la Milano di domani ancora più bella e vivibile.

Postilla
Se, come sostengono le obiezioni alla riapertura dei Navigli, ci saranno degli impatti sul traffico e la mobilità, non si può trattare altro che di impatti positivi, e proprio per via del rapporto strettissimo fra assetto spaziale e circolazione. Basta ricordare a quali eventi e circostanze corrispondono i due ripristini citati da Boatti: il collegamento fra ponte delle Gabelle e Darsena attorno al centro storico, e l’asse della Martesana attualmente tombato sotto la via Melchiorre Gioia. Nel primo caso la copertura avviene proprio all’alba dell’automobilismo trionfante a cavallo tra gli anni ’20 e ’30, e basta leggere gli articoli dei giornali paralleli al dibattito sul piano in formazione di Cesare Albertini per intuire quanto l’auto sia il sottofondo naturale di tutte le riflessioni sulla nuova città dai parcheggi alle direttrici al nuovo ruolo delle piazze. Nel secondo caso risulta ancora più vistoso, il legame tra la tombatura della Martesana e certa cultura modernista auto-oriented del secondo dopoguerra, visto che attorno all’asse di via Melchiorre Gioia si organizza il cosiddetto Centro Direzionale, intersecato all’altra direttrice automobilistica di viale della Liberazione, che oggi sono il fulcro del cosiddetto quartiere Porta Nuova (quello del Formigone, del Bosco Verticale e compagnia bella). Ben venga dunque, almeno nelle intenzioni, una marcia indietro nella costruzione della città automobilistica: sarà un passo avanti per tutto il resto, naturalmente coordinando le politiche (f.b.)

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