La natura è un grande business contro la crisi. "Green Italy" porta un milione di posti di lavoro. Ecco la mappa dello sviluppo ecocompatibile
di Giovanni Valentini
Se è vero che il verde è il colore della speranza, proprio perché abbinato alla natura e alla sua rinascita, allora la "green economy" può rappresentare per l´Italia qualcosa di più concreto di un sogno collettivo: una nuova frontiera, cioè un´occasione di ripresa, un´opportunità di crescita, una leva contro la crisi. Per affrontare la recessione e accrescere la propria competitività sul mercato globale, le nostre imprese si stanno orientando decisamente in questa direzione. E nel segno dell´economia verde, investono sempre più in tecnologie, processi e prodotti ecocompatibili fino quasi a raddoppiare nel 2011, con effetti ricostituenti e benefici anche sull´occupazione, diretta o indiretta: tanto da far registrare solo nel 2009 circa 200 mila assunzioni e annunciare per i prossimi anni almeno un milione di posti di lavoro.
Dal 2010 a oggi, la percentuale delle piccole e medie imprese manifatturiere (dai 20 ai 499 dipendenti) impegnate finanziariamente nel maggior risparmio energetico o nel minor impatto ambientale, è passata dal 30,4 al 57,5. Una rivoluzione tecnologica e produttiva, destinata a incidere direttamente sulla qualità del "made in Italy" e quindi sulle assunzioni di personale qualificato.
Già nel 2011 la domanda di figure professionali orientate verso la "green economy" è arrivata a superare il 38% del totale: oltre 220 mila, di cui quasi la metà (97 mila) legate al settore delle energie rinnovabili, alla gestione delle acque e dei rifiuti o alla tutela dell´ambiente, su un totale di circa 600 mila. A questi ritmi si può ragionevolmente prevedere che nei prossimi anni, tra nuova occupazione e riqualificazione di quella esistente, la riconversione ecologica dell´economia alimenterà un boom di assunzioni tra "green jobs" in senso stretto e figure riconducibili alla "green economy". Le competenze richieste appartengono trasversalmente a diversi i settori, con picchi superiori al 50% fra gli esperti di diritto, ai dirigenti e agli imprenditori, ma ancor più fra artigiani, operai specializzati e agricoltori (60,4).
Contenuti in un Rapporto che verrà presentato a Milano lunedì prossimo, 14 novembre, presso l´Assolombarda, su iniziativa di Unioncamere e di Symbola, la fondazione presieduta da Ermete Realacci, questi dati delineano - appunto - uno scenario di crescita e di speranza per il futuro del Paese. Una via d´uscita, insomma, di fronte alla crisi strutturale che incombe drammaticamente sull´economia nazionale. "GreenItaly" è insieme un impegno e una sfida per modificare radicalmente il nostro modello di sviluppo, cercando una soluzione innovativa per superare la congiuntura.
Sono state soprattutto le medie imprese, in quest´ultimo anno, a investire su tecnologie e prodotti a maggior risparmio energetico o a minor impatto ambientale: il 68,5% contro il 37,3 del 2010, rispetto alle piccole imprese (tra i 20 e i 49 dipendenti) che sono passate a loro volta dal 29,1 al 55,1. La parte del leone la fanno le industrie manifatturiere (64,4%), seguite a ruota da quelle alimentari (61,3), da quelle meccaniche (58,6) e poi da quelle che producono beni per la persona e per la casa (50,1%). Quanto alla ripartizione geografica, è un segno confortante che l´incremento maggiore si registri proprio al Sud (64,5%), più in ritardo e perciò più propenso a guardare avanti per recuperare terreno, rispetto al 57,3 del Nord-Est, al 56,7 del Nord-Ovest e al 53,6 del Centro.
«Nel momento difficile che il Paese sta attraversando - osserva Realacci - è necessario riguadagnare credibilità e serietà sul terreno finanziario, ma anche indicare la strada per il futuro della nostra economia, mettendo in moto le migliori energie». E perciò commenta con soddisfazione il fatto che «nell´incrocio tra innovazione, qualità e bellezza, la green economy in salsa italiana è già ben presente nelle attività della parte più avanzata del nostro sistema imprenditoriale».
Nella relazione che accompagna il Rapporto "GreenItaly", il presidente di Symbola sostiene poi che «la crisi va colta come una grande occasione di cambiamento, un´opportunità per affrontare le questioni aperte da tempo». La "rivoluzione ecologica" può rappresentare la chiave di volta per favorire un´autentica modernizzazione del Paese nella prospettiva di uno sviluppo sostenibile, cioè compatibile con la difesa dell´ambiente e la tutela della salute collettiva. E in Italia, più che altrove, l´economia verde si incrocia con la "soft economy", vale a dire con la qualità, l´innovazione e la ricerca, con quella insomma che un grande storico dell´economia come Carlo Maria Cipolla definiva la capacità di "produrre all´ombra dei campanili cose che piacciono al mondo": dai settori più tradizionali a quelli più innovativi, dall´agroalimentare alle ceramiche, dalla nautica al turismo, fino alla "meccatronica" (il mix di meccanica, elettronica e informatica).
Si tratta, ovviamente, di una sfida su scala internazionale per il nostro Paese e per le nostre imprese, chiamate a confrontarsi su progetti ambiziosi e impegnativi: come, per esempio, quello denominato "Desertec" che prevede investimenti per 300 miliardi di euro sulla sponda sud del Mediterraneo, nel campo delle fonti rinnovabili e in particolare nel solare termico ad alta concentrazione. Né mancano opportunità rilevanti a livello nazionale, come quelle che interessano il settore edilizio per la ristrutturazione delle case e l´efficienza energetica: finora il credito d´imposta del 55% per cento a favore dei privati, per le spese sostenute in questo genere di interventi sulle proprie abitazioni, è stato utilizzato da circa 600 mila famiglie e ha prodotto investimenti per quasi 12 miliardi di euro, coinvolgendo decine di migliaia di occupati.
Crescita e sostenibilità ambientale, considerate fino a ieri in antitesi, si stanno rivelando quindi due facce di quella stessa medaglia che è la competitività di un "sistema Paese". L´Italia ha tutte le carte in regola per partecipare a pieno titolo a questa gara globale: le bellezze naturali; un patrimonio storico, artistico e culturale, unico al mondo; talento, fantasia, creatività. «Occorre - conclude Realacci - un´economia più a misura d´uomo, attenta alle comunità e ai territori. E proprio per questo più sostenibile e competitiva».
Jeremy Rifkin: è l´unica via allo sviluppo
"Quell´energia che sbaraglia il mercato"
intervista di Antonio Cianciullo
«La green economy è l´unico settore della nostra economia che ancora funziona perché è l´unico allineato al futuro. Gli altri segmenti sono in crisi e, ogni volta che hanno un momento di temporaneo recupero e il motore della produzione si rimette in moto con il vecchio sistema, i prezzi del petrolio e delle materie prime schizzano alle stelle facendo inceppare di nuovo il meccanismo: la seconda rivoluzione industriale è arrivata al capolinea perché non ha saputo calcolare i limiti fisici del pianeta». Jeremy Rifkin ha appena pubblicato La terza rivoluzione industriale, il manifesto della società che si sta formando attorno ai valori della green economy.
Partiamo dai numeri. Fino a ieri molti ritenevano l´economia verde utile ma secondaria, un attore di secondo piano sulla scena economica mondiale. Oggi la situazione è cambiata?
«Sì perché la Terza rivoluzione industriale si sta dimostrando un cambiamento epocale del nostro modo di produrre e di pensare. Alcune industrie chiuderanno, ma molte altre apriranno e verranno creati centinaia di milioni di posti di lavoro per l´energia rinnovabile distribuita nelle case, negli uffici, nelle campagne; per la realizzazione di un ciclo di immagazzinamento dell´energia basato sull´idrogeno; per la sostituzione del vecchio parco auto inquinante con veicoli elettrici; per la creazione di smart grid in grado di far viaggiare l´energia come le informazioni sul web».
Una rivoluzione solo al futuro?
«Al contrario, è un processo già iniziato. Le faccio solo un paio di esempi. Negli Stati Uniti l´efficienza energetica delle case è estremamente bassa: aumentarla costerebbe 100 miliardi di dollari l´anno ma permetterebbe di risparmiare energia per 163 miliardi di dollari l´anno. E la mobilità offre analoghe opportunità. Zipcar, la più importante società di car sharing, in un decennio di attività ha aperto migliaia di sedi per mettere le auto condivise a disposizione dei suoi clienti: cresce del 30 per cento l´anno e nel 2009 ha fatturato 130 milioni di dollari».
Non tutto il movimento ambientalista però appoggia la green economy. C´è una frangia che contesta gli impianti eolici, solari e a biomasse in nome del paesaggio.
«Mi sembra una contraddizione destinata a essere superata dall´evoluzione della green economy. In questo momento di transizione una quota significativa di energia rinnovabile viene prodotta dai grandi impianti perché siamo nella fase di sviluppo iniziale della filiera. Io non sono contrario per principio ai grandi impianti, e penso che in alcuni luoghi si possano realizzare, ma sono destinati ad essere superati dalla logica della Terza rivoluzione industriale. Una rivoluzione basata sullo sviluppo di milioni di mini e micro centrali di produzione energetica che troveranno posto sui tetti e sulle facciate di buona parte degli edifici».
Eppure la crisi economica ha fatto registrare in molti paesi una battuta di arresto della green economy.
«Si sono fermate le economie che non hanno puntato sul futuro. Ma per sapere dove va il mondo c´è un modo molto semplice: guardare cosa fanno i giovani. I loro valori sono quelli di Internet: il diritto all´accesso alle conoscenze, il rapporto paritario, lo scambio di informazioni e di musica, presto lo scambio di energia. La loro rivoluzione è l´attacco al sistema basato sull´autoritarismo, sul potere gerarchico, sull´accentramento. Vogliono una società che abbia come valori la trasparenza, il decentramento e l´accesso libero alle reti».
Una possibilità reale?
«Alcuni dei governi rimasti attaccati al vecchio modo di pensare, come i regimi dittatoriali dell´Africa mediterranea, sono già stati spazzati via perché il potere laterale costruito dalla generazione di internet ha battuto l´arroganza delle autocrazie. Lo sviluppo del movimento degli indignati mostra che una critica radicale alla vecchia logica industriale sta crescendo rapidamente anche nei paesi industrializzati: c´è bisogno di un concetto più avanzato e più largo di democrazia che includa gli atti della vita quotidiana e una redistribuzione della ricchezza».
Martin Lutero sosteneva: «pecca fortiter sed crede fortius», pecca di più ma credi di più. Non vorremmo che l’enfasi posta sullo “sviluppo” determinato dagli investimenti nei settori del disnquinamento, della mitigazione ecc. significasse “inquina di più per disinquinare di più. Non è detto che la “green economy” coincida con la ristrutturzione economica dell’ecnomia.