L’articolo di Gianni Vattimo “Rifare la DC, capisco. E la sinistra?”, comparso sull’ Unità del 5 marzo 2004 mette sul tappeto un tema centrale dell’attuale strategia nel centro sinistra nel nostro paese, sia in vista sia delle elezioni europee, sia per quel che riguarda una candidatura forte e rappresentativa al governo del paese, da sancire con la vittoria alle prossime elezioni politiche. Indipendentemente dall’ipotesi ammaliante (ma politicamente un tantino sfocata) della ricostituzione di una “nuova DC”, è indubbio che la lista unitaria per le europee che raggruppa DS, Margherita, SDI e Repubblicani “progressisti”, sancisca la nascita di una forza di centro sinistra moderata. Una forza le cui opzioni politiche – benché ancora non chiarite nella loro articolazione programmatica – paiono puntare sulla classica “conquista del centro”, presentando una serie di istanze e proposte che, se certo si differenziano da quelle del Polo delle Libertà, rinunciano, almeno per ora, ad ogni presa di posizione chiaramente progressista su principali temi dell’agenda politica e sociale di questi anni.
Si considerino a tal proposito le prese di posizione del “triciclo” sui seguenti temi: 1) i rapporti tra economia, mercato e regole statuali e sovrastatali relative al governo di tale mercato (significativa ad esempio la sostanziale convergenza delle proposte di legge Fassino e Tremonti, relative alla regolamentazione dei bilanci aziendali, della raccolta del risparmio e del governo del credito); 2) la perdita di potere d’acquisto dei salari dei lavoratori dipendenti, dovuta anche ad una precisa scelta economica del governo Berlusconi (sintomatica la sostanziale indifferenza della maggioranza diessina e della Margherita verso le recenti le lotte salariali degli autoferrotranvieri); 3) lo smantellamento delle garanzie normative nell’ambito del mercato del lavoro, soprattutto per coloro che sono alla ricerca di una prima occupazione (prevale ancora tra i dirigenti moderati del centro sinistra una visione “darwinista” del mercato del lavoro); 4) la questione della riforma delle pensioni (si consideri ad esempio l’apertura di credito al progetto Maroni-Tremonti, espressa in questi giorni da Rutelli), 5) le linee guida della politica estera italiana (l’astensione sul “pacchetto” legislativo che prolunga la missione militare in Irak sembra essere del tutto organica alle scelte di fondo del “triciclo” in merito alle grandi questioni sul “governo del mondo”).
Ne consegue che, dal punto di vista del programma elettorale della lista moderata dell’Ulivo (di cui è responsabile Giuliano Amato, personaggio che incarna in maniera inquietante taluni aspetti di continuismo con le scelte economiche e sociali del craxismo) non sia stato sino ad oggi formalizzato alcun chiaro impegno sulla necessità di una serie di future iniziative legislative che sanino in modo virtuoso e progressista la sciagurata attività parlamentare del Polo in merito al governo dell’economia, al mercato del lavoro, alla scuola e alla ricerca, alla giustizia, alle riforme istituzionali, all’”aziendalizzazione integrale” della sanità, alla politica estera, al governo del territorio e alla difesa dell’ambiente.
Di questa situazione la “sinistra-sinistra”, come la definisce Vattimo, deve prendere atto con chiarezza e proporsi di costruire una proposta politica alternativa non solo a quelle del governo Berlusconi, ma anche alle scelte politiche oggi in statu nascendi nei settori più moderati della nuova formazione ulivista. E’ chiaro che le cose sono in tal senso rese più difficili dall’abbandono da parte di Sergio Cofferati del suo ruolo di protagonista della scena politica nazionale, abbandono che ha di fatto lasciato privo di leadership quel vasto agglomerato politico che va dai settori dei Democratici di Sinistra meno proni al “dalemismo”, a una vasta area dei lavoratori sindacalizzati, all’arcipelago dei movimenti, all’area del progressismo cattolico non allineato, sino a settori giovanili che sentono gravemente minacciati i loro diritti nel campo del mercato del lavoro, della scolarizzazione e della formazione professionale.
Oggi a rappresentare tale area in modo organizzato vi è solo Rifondazione Comunista, che - nonostante alcuni interessanti mutamenti della propria linea politica intervenuti negli ultimi tempi - rimane una forza a mio avviso insufficientemente attrezzata per rappresentare da sola con nuovo slancio la “sinistra-sinistra”, nella prospettiva di un’azione politica su più livelli volta a condizionare in modo virtuoso la formazione ulivista moderata in vista delle prossime scadenze. Vi è invece bisogno di una più larga intesa a sinistra del “triciclo” finalizzata alla verifica di un comune programma elettorale, al rilancio di iniziative di lotte di massa contro l’attuale governo, soprattutto sulle questioni della perdita del potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti e della controriforma delle pensioni, e infine al contenimento delle spinte “neoconsociative” che tornano a far capolino soprattutto tra i leader della Margherita e di alcuni settori dei DS.
E’ quindi di cruciale importanza rilanciare scelte politiche che, anche a livello organizzativo, puntino alla creazione di un “altra gamba” dello schieramento progressista, capace di confrontarsi efficacemente con la componente moderata, e ne condizioni con spirito unitario le scelte programmatiche e la definizione delle issues di governo. Tale nuovo slancio politico della “sinistra-sinistra” non può aver sostanziarsi solo in ambiti angustamente partitici (Rifondazione Comunista, il “correntone” diessino, i Verdi, il rassemblement Di Pietro-Occhetto), ne guardare con rassegnazione alla grave perdita propulsiva delle iniziative “movimentiste”, ma deve sforzarsi una volta ancora – come nella grande tradizione storica della sinistra europea – di costruire alcune linee guida che tengano unite entrambe le realtà, articolazioni partitiche e movimenti, e dia nuovo impulso all’ iniziativa politica della sinistra, bruscamente inceppatasi dopo la straordinaria prova di “energia sociale” culminata nella grande manifestazione indetta lo scorso anno dalla CGIL a Roma.
Solo così sarà possibile condizionare l’attività dell’ala moderata dell’Ulivo e far si che essa venga realmente a patti con la componente di sinistra dello schieramento progressista per candidarsi al governo del paese, rinunciando ad ogni integralismo “neodirigista” e a nuove iniziative che - sfruttando impropriamente il termine “bipartisan” – inaugurino una stagione prelettorale di compromesssi con il Polo e di forsennata (e perdente ) “corsa al centro”.
Come dimostrano le vicende delle tre elezioni politiche svoltesi con il nuovo sistema maggioritario, per essere vincente lo schieramento progressista deve reggersi per l'appunto su due “gambe” – una riformista moderata, una di sinistra – alleate e tra loro in rapporti di forza non eccessivamente sbilanciati. Nel 1994 nell’Ulivo mancava di un settore moderato, e andò incontro ad una secca sconfitta; nel 2001 si presentò agli elettori senza alcun accordo con Rifondazione Comunista, ripropose l’esperienza di governo moderato-consociativa del tandem D’Alema/Amato. e perse nuovamente. Vinse invece nel 1996 quando riuscì a far convivere dialetticamente - pur fra mille difficoltà - le “due gambe” del proprio “corpo sociale”.Oggi il problema si ripresenta in una prospettiva gravemente sbilanciata: l’opposizione progressista moderata si è organizzata, mentre la componente di sinistra della coalizione appare dispersa e confusa. E’ tempo invece di trovare nuovo slancio e di porre sul tappeto - con il giusto melange di unitarietà e di conflittualità “virtuosa” – istanze programmatiche e scelte politiche di “sinistra-sinistra”, che non rifiutino la radicalità quando essa sia politicamente necessaria, e persegua con spirito unitario una scelta politica di alto profilo, che contrasti ogni “riformismo” a senso unico e ogni integralismo economicistico. Un Ulivo che cammini solo con la “gamba moderata” sarà certamente votato ad un’altra sconfitta - elettorale, politica e culturale - a tutto vantaggio della destra oggi al governo.