Kenneth M. Chilton, Greyfields: The New Horizon for Infill and Higher Density Regeneration, Southeast Regional Environmental Finance Center, EPA Region 4, University of Louisville, 2005 – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini
Introduzione
I greyfields sono vecchie aree commerciali e terziarie obsolete e abbandonate, in particolare centri commerciali [ mall]. Basta percorrere in auto qualunque arteria principale di qualunque città, per vedere centri commerciali un tempo attivi e ora sottoutilizzati. Molte di queste ex strutture base urbane ora subiscono un processo di disinvestimento. Gli inquilini si sono spostati verso il suburbio e i nuovi corridoi commerciali dotati della “giusta” demografia di mercato, del complesso di attività insediate e forme architettoniche.
Si lasciano dietro migliaia di metri quadrati di spazio commerciale, circondato da un mare di asfalto grigio. Comunemente note come greyfields, queste brutture sono i simboli di una radicata modalità di sviluppo casuale.
Questi greyfields pongono una particolare sfida immobiliare e di sviluppo urbano. Sono difficili da definire. Alcuni ricercatori chiamano greyfield solo i centri commerciali chiusi ad aria condizionata contenenti un minimo di 40.000 metri quadri di superficie commerciale. Altri prendono in considerazione anche le fasce commerciali aperte, i power center (complessi dominati da pochi grossi anchor come Kmart o Wal-Mart), o anche complessi di quartiere a servizio di piccole zone, abitualmente basati su un negozio alimentare. L’entità del problema varia a seconda del tipo di definizione utilizzato.
Per la comunità circostante un complesso commerciale abbandonato, fa poca differenza il tipo di definizione usato: quello spazio abbassa i valori immobiliari, scoraggia nuovi investimenti e non produce sufficiente gettito fiscale e posti di lavoro. Molte fasce commerciali aperte abbandonate risalenti agli anni ’50, ’60, ’70, non vengono qualificate come greyfields se si considerano solo i “centri commerciali” chiusi. Ma queste aree che un tempo ospitavano supermarkets, altra grande distribuzione e ristoranti, sono piuttosto comuni nei suburbi delle fasce più interne, colpite dallo sviluppo suburbano più esterno. Indipendentemente dalle dimensioni di questi complessi, ciascuna area rappresenta una possibilità di rafforzare la comunità se solo si trovano investitori sufficientemente capaci di comprendere i bisogni del mercato.
Una obsolescenza non pianificata
Il declino dei vecchi malls si può attribuire ad una varietà di fattori. I movimenti di popolazione e il nuovo insediamento suburbano hanno modificato l’ambiente commerciale in modi che ricordano il declino delle aree centrali urbane. Le città hanno perso molta della propria attività commerciale con la “centrocommercializzazione” degli anni ’60. Ora, con le tendenze ad un insediamento sempre più esterno al centro, si ripete un processo simile di dismissione. Gli analisti del settore indicano come motivo primario di declino del mall i gusti dei consumatori in rapida evoluzione che alimentano la domanda per nuove esperienze di shopping. Il mall è considerato “artificiale” e il consumatore sceglie invece nuovi formati più interessanti e vari. Con sempre più tempo dedicato agli spostamenti pendolari, il consumatore cerca possibilità commerciali più comode. A seconda di come si guarda la questione, il problema cambia. In alcuni casi, sono gli stessi centri commerciali a non essersi organizzati al meglio per la concorrenza. Devono dare parte della colpa della propria crisi ai mancati investimenti per restare sulla cresta dell’onda.
Individuazione del problema
I dati attuali
Al momento esiste un’informazione limitata sull’entità del problema greyfield. Non se ne conosce il numero esatto. Secondo il Congress for New Urbanism (CNU), circa il 7% dei centri commerciali regionali è da considerarsi in situazione greyfield, con un altro 12% avviato a diventarlo. In generale il CNU stima che il numero dei complessi commerciali in queste condizioni sia di oltre 2.000. Lo International Council of Shopping Centers, utilizzando una definizione più ristretta, stima la quantità di greyfields in 1.200 unità. Secondo un articolo recente, i centri commerciali “morti” o morenti rappresentano circa il 19% del totale nazionale. Il centro studi privato RetailForward, calcola che per ogni supercenter della Wal-Mart inaugurato in futuro, chiuderanno due punti vendita alimentari nelle vicinanze. Da quando Wal-Mart ha saturato il mercato dell’area, a Oklahoma City ha chiuso un totale di 30 grocery stores. Il Mall of Memphis, Tennessee, ha chiuso la vigilia di Natale del 2003 dopo 21 anni di esistenza. La crescita dei mega-negozi e il continuo sprawl suburbano indicano che quello dei complessi commerciali dismessi sarà un problema di lungo periodo.
In media un greyfield occupa 18 ettari, una superficie sufficiente a realizzare varie possibilità, come residenza, commercio e altre funzioni di servizio. Diciotto ettari ad esempio potrebbero servire a 400 alloggi su una densità di oltre venti abitazioni ettaro. Quindi i greyfields rappresentano una possibilità di ridimensionare l’ondata di insediamento diffuso. I vantaggi di queste zone sono parecchi, essendo di solito dotate di:
• buona localizzazione lungo arterie di traffico
• superfici notevoli in zone a insediamento consolidato
• infrastrutture disponibili
• assenza di contaminazioni, visto l’uso precedente
• una certa densità di popolazione circostante
La localizzazione
L’investimento originale che ha creato il complesso commerciale si basava su analisi di fattibilità tradizionali. L’area aveva propri valori localizzativi che la rendevano matura per l’edificazione. Purtroppo, mentre le città continuavano a svilupparsi verso l’esterno, i costruttori hanno continuato a cercare spazi ben posizionati da edificare, ovvero terreni su strade di grande traffico, incroci o svincoli autostradali. Il fatto che crescano nuovi insediamenti non rende i vecchi malls obsoleti. Al contrario, essi e le strisce commerciali sono ottimamente collocati. Molti sono vicini a fermate del trasporto pubblico, con grande movimento connesso di traffico automobilistico. Nel corso degli anni i quartieri sono cambiati, ma si tratta di localizzazioni vitali per le città che ospitano i greyfields.
Le dimensioni
Uno degli argomenti più diffusi fra i costruttori che esitano a intervenire nei vecchi quartieri, è la mancanza di spazio. La superficie di molti complessi commerciali dismessi è un’enorme opportunità, per un investitore attento. A ben vedere, alcuni greyfields sono nei pressi di quartieri in corso di rinascita, con gli abitanti in cerca di possibilità per case a prezzi accessibili vicine al centro città. Gli ex spazi commerciali potrebbero essere una risorsa di spazi per case del genere e catalizzare investimenti più ampi e diffusi. In questi quartieri il potenziale di intervento sui greyfields è molto alto. La sfida è di progettare complessi che siano adeguati a gusti dei nuovi residenti, anziché offrirsi al ribasso ad una nicchia di mercato non più sostenibile nell’area.
Le infrastrutture
I siti già urbanizzati possono essere meno dispendiosi per l’intervento, dato che non necessitano di grandi spese di infrastrutturazione. Esistono giù i collegamenti alle reti idriche, elettriche, di comunicazione e fogne. Spesso esiste anche quello al servizio di autobus. Comunque, nei casi di interventi che richiedono sostanziali modifiche all’assetto esistente, i costi infrastrutturali possono essere elevati. Ad esempio, la trasformazione di uno spazio a funzioni mixed use richiede molti interventi in termini di strade, marciapiedi, verde, edifici.
Contaminazione
Alcuni investitori preferiscono evitare i quartieri esistenti e spazi urbanizzati a causa dei pericoli di contaminazione. Nel caso degli spazi dismessi commerciali, questo non è un problema. I greyfields non hanno una vicenda di usi industriali, e a meno che il mall non ospitasse un garage per i trasporti o una lavanderia secco, non c’è alcun bisogno di occuparsi di contaminazione. Un problema in più può essere l’amianto. Questi problemi possono essere facilmente ridimensionati verificando prima dell’intervento sia la documentazione sugli usi precedenti, sia tramite sopraluogo sul sito.
La densità di popolazione
I greyfields tendono a collocarsi in aree densamente popolate. Spesso il declino del complesso commerciale è in parte connesso ai mutamenti demografici. La popolazione resta stabile, ma il potere d’acquisto o i gusti dei consumatori sono cambiati. L’incapacità del mall di produrre reddito è spesso connessa a quella della proprietà degli immobili di rispondere ai mutamenti del mercato.
Se i complessi commerciali dismessi hanno tutti questi vantaggi, perché mai restano vuoti o sottoutilizzati? È un paradosso a cui si trovano di fronte sia la proprietà che i residenti del quartiere. È difficile credere che questi centri commerciali un tempo fossero luoghi all’ultimo grido. La chiave per capire questo paradosso è ricordarsi sempre che mercati e città sono cambiati. Le caratteristiche che facevano di un mall un buon investimento possono essere ancora valide, ma in condizioni diverse. Così come il quartiere che la ospita, anche il sistema funzionale della superficie ora greyfield deve cambiare, per rispondere alla domanda di oggi. Uno dei maggiori ostacoli al riuso è quello di insistere nell’usare il sito per lo scopo originario: il commercio.
Gli operatori tendono ad irrigidirsi sull’uso commerciale di uno spazio a mall. Di conseguenza, vengono spesi milioni di dollari per restaurare facciate o aggiungere nuovi punti vendita. Purtroppo, si tratta di una pratica inutile, perché a pochi chilometri di strada è possibile trovare ambienti commerciali più nuovi, più grandi, con proposte migliori. Il vecchio mall di solito non può competere con le strutture più nuove. Eppure spesso i complessi più vecchi tentano proprio di rispondere all’obsolescenza attraverso la competizione, anziché tentare di ridefinire il proprio ruolo urbano.
Tendenze dei centri commerciali
Un tempo considerati l’esperienza di shopping più avanzata, i centri commerciali soffrono da un decennio. Le nuove tendenze prediligono gli spazi aperti, dove i clienti non devono camminare attraverso l’intero complesso per raggiungere i negozi che desiderano. I complessi Lifestyle centers e quelli che uniscono commercio e attività per il tempo libero sono sorti come risposta a una nuova domanda, così come i malls “all’aria aperta”, attorno a un padiglione o ad altro elemento. Secondo lo International Council of Shopping Centers (ICSC): “Si prevede vengano realizzati 13 centri regionali/sovraregionali per un totale di 1,4 milioni di metri quadrati di superficie commerciale lorda [ gross leasable area] (GLA), dal 2003 al 2005”. In più, lo ICSC stima che nello stesso periodo si inaugureranno altri tre centri ibridi (a pianta chiusa combinata con un formato all’aria aperta) e tre value-oriented (gestori commerciali con temi per il tempo libero). Complessivamente, ciò significa oltre 2 milioni di metri quadrati di GLA, circa 100.000 metri quadrati per centro. Nel 2000-2002, hanno aperto 12 centri regionali/sovraregionali, 11 ibridi, e cinque value-oriented. Questi 28 grossi complessi coprono oltre 3 milioni di metri quadrati, vale a dire in media oltre 100.000 metri quadri a centro.
Lo scopo di queste cifre, è di mostrare le tendenze nella costruzione di nuovi centri commerciali. I malls più vecchi e in declino hanno diversi svantaggi competitivi paragonati al numero crescente dei lifestyle centers. Di conseguenza, gli operatori di greyfields devono analizzare le potenzialità dei siti nel contesto di queste tendenze del mercato. La scelta è fra il proseguire nella concorrenza per il capitale mobile – il denaro dei consumatori – o il ripensare al proprio ruolo urbano secondo modi diversi.
Il ruolo della pianificazione
L’amministrazione municipale di Charlotte ha intrapreso un’approfondita analisi dei propri problemi riguardo ai greyfields. Deborah Currier, esperta immobiliare che ha condotto stime riguardo al commercio big box, calcola che Charlotte – città con circa a 550.000 abitanti – possieda oltre 200.000 metri quadri di superfici big-box vuote. La Currier individua i seguenti ostacoli al riuso dei greyfields:
• trasformazione della demografia commerciale
• l’alterazione di una vecchia struttura potrebbe innescare processi costosi
• trasformazione del sistema stradale e del traffico
• superfici troppo ristrette
• incapacità del mercato di sostenere così tanti tipi dello stesso negozio
• commercianti che richiedono solo il proprio prototipo, e nessun altro
• siti lasciati vuoti volontariamente, per proteggere un bacino di mercato
Molti di questi problemi possono essere risolti attraverso una pianificazione creativa. Ciò richiede un coordinamento fra il settore pubblico e quello privato in termini di pianificazione dei trasporti, zoning, interventi mirati e nuove regole per promuovere lo infill development.
Gli incentivi necessari a sostenere il riuso dei siti commerciali dismessi devono controbilanciare le forze del mercato attraverso la pianificazione urbanistica. Per esempio, le municipalità potrebbero approvare regole di riuso che non sovraccarichino i costruttori di interventi costosi. Detto semplicemente, le amministrazioni locali devono rendere facile a chi interviene il riuso attraverso le cosiddette clausole grandfather. Una norma grandfather è una regola di zoning che esenta dall’adeguamento alle norme attuali: nel caso dei greyfields, ciò significa continuare a basarsi sull’uso precedente degli spazi. Ciò consente di intervenire senza rispettare i requisiti dell’azzonamento corrente per quanto riguarda arretramenti, spazi aperti e altri vincoli che potrebbero rendere quel sito meno competitivo sul mercato di oggi. Le città potrebbero istituire un ufficio di “facilitazione” col compito di rimuovere gli ostacoli burocratici che si incontrano nel corso di un progetto edilizio di riuso. In questo modo, la realizzazione potrebbe attraversare tutto l’iter urbanistico senza rinvii.
Gli urbanisti devono essere creativi, e capire che molte ordinanze di zoning riescono a impedire il riuso dei vecchi complessi. I greyfields potrebbero trarre beneficio da standards di parcheggi ridotti. Nello stesso modo l’esenzione dalle norme su arretramenti e alberature consentirebbe ai costruttori di aumentare al massimo la superficie edificata. Si potrebbero concedere premi di densità per i costruttori interessati al riuso dei greyfields a scopi residenziali. In più, si potrebbero usare incentivi finanziari come riduzioni fiscali o beautification grants per promuovere gli investimenti sui siti commerciali in disuso. Come chiarisce l’esempio di Charlotte, gli incentivi da soli sono solo un parte dell’equazione. Un’attenta pianificazione della crescita futura può diminuire le conseguenze negative dello sviluppo suburbano, a utilizzare le risorse interne alle aree urbanizzate.
È necessaria un’attenzione maggiore alla pianificazione generale verso lo sviluppo sostenibile. Gli esperti di trasporti devono collaborare coi funzionari dello sviluppo economico, i comitati cittadini, le agenzie ambientali e gli operatori immobiliari. Altrimenti, l’attuale problema dei greyfields potrebbe perpetuarsi e diffondersi sempre più lontano dal centro della città.
Molte città di tutto il paese stanno limitando le dimensioni dei big box – grandi edifici commerciali isolati come Home Depot o Wal-Mart – usando norme di tipo smart growth. In più alcune amministrazioni richiedono un versamento cauzionale per la demolizione nel momento dell’edificazione di un grosso complesso commerciale. Se in futuro gli edifici dovessero rendersi vacanti queste somme sarebbero utilizzate per demolirli. Un’altra tattica è quella di introdurre standard edilizi minimi. Si richiede ai costruttori di complessi commerciali l’uso di mattoni, o di particolari stili architettonici, ad esempio, nella realizzazione di nuovi centri.
Le amministrazioni proseguono con la lotta sui due fronti, della crescita in nuove aree e del declino di quelle di più antica urbanizzazione, e si realizzano nuove collaborazioni fra gruppi abitualmente ignorati dal r processo edilizio. Le scuole stanno diventando attori sempre più importanti, e potenziali beneficiari degli spazi greyfield riutilizzati. I distretti scolastici del Maine e Wisconsin stanno spendendo milioni di dollari in nuove costruzioni scolastiche, mentre sperimentano una contemporanea bassa crescita demografica. Sia le scuole che i governi potrebbero rivolgersi ai siti commerciali in disuso, prima di iniziare i lavori su nuove aree.
Sono necessari nuovi approcci, per consentire il riuso de greyfields su larga scala. Ciò richiede nuove collaborazioni, un nuovo modo di pensare, e incentivi strategici progettati per integrare forze di mercato e tecniche di pianificazione.
Commercio, o Mixed Use ?
I greyfields sono un elemento di interesse per gli analisti di problemi urbani, perché si adattano bene ad altre tendenze di riuso. Sono collocati in modo ideale per promuovere sia lo infill development che un’edificazione sostenibile. Infill development significa letteralmente riempire le aree urbane non utilizzate o abbandonate in fasi successive. Il processo di riempimento reinserisce la città nei nuovi mercati e crea occasioni per la comunità. L’edificazione sostenibile è un tentativo di crescita in modo ambientalmente consapevole, che promuove un riuso del suolo in alternativa all’edificazione di nuovi terreni suburbani, boschi, aree agricole. Le tendenze attuali verso enormi centri commerciali regionali, localizzati nei punti chiave degli svincoli autostradali, incoraggiano uno sviluppo meno sostenibile, auto-dipendente nelle fasce più esterne. Il riuso dei greyfields è un valido strumento nello sforzo di arginare lo sprawl urbano.
Uno dei tipi più interessanti di riuso è la riconversione di vecchi malls in complessi mixed-use. L’elemento centrale di questo genere di progetti è la trasformazione del complesso commerciale in un sistema orientato al trasporto pubblico contenente una miscela di funzioni commerciali, di servizio e residenziali. Mixed use è un termine noto fra gli urbanisti, ma non è diffusamente accettato dal mondo dell’impresa immobiliare: specialmente quando si tratta di ristrutturare un mall chiuso o in crisi. Ad ogni modo, il fatto che un centro commerciale sia in decadenza può essere un’indicazione che gli scopi che l’hanno fatto nascere non sono più validi. La soluzione del problema richiede di riorganizzare il complesso orientandolo ai bisogni della comunità, degli affari e dell’amministrazione. Ovvero, ricostruire l’area in un modo che generi profitto per gli operatori, realizzi obiettivi comunitari e contribuisca al gettito fiscale locale.
Da spazi commerciali in disuso a piazze urbane?
Qualche volta un centro commerciale fallisce perché ha perso la propria ragion d’essere economica. Ma ogni città ha bisogno di qualcosa. Smettiamola di pensare a questi spazi come shopping centers decaduti, e iniziamo a considerarli potenziali complessi mixed-use. [Victor Dover, Architetto].
Come è possibile riutilizzare i centri commerciali per promuovere città migliori? Uno dei maggiori ostacoli all’edificazione mixed use sono le attuali norme di zoning. Lo zoning corrente tende a separare gli usi dello spazio anziché mescolarli. La maggior parte dei costruttori e dei modelli di pianificazione urbanistica lavorano secondo questi principi tradizionali. Ne consegue che si creano involontariamente vaste zone dipendenti dall’automobile, dove le funzioni residenziali sono separate da commercio e servizi. Gli urbanisti in città come Nashville stanno tentando di sviluppare un nuovo tipo di aree omogenee, che rendano più facile ai costruttori realizzare quartieri di tipo tradizionale. Come sottolinea il responsabile per l’urbanistica di Nashville, Rick Bernhardt, “Si pensa di solito che ciascuna comunità abbia un nucleo centrale, con le zone funzionali collocate attorno”. Molti insediamenti suburbani mancano di un nucleo centrale, e i greyfields sono grandi a sufficienza per svolgere questa funzione, se configurati opportunamente.
I complessi commerciali in disuso sono un’enorme occasione per le città, perché si ridefiniscano attorno a un nucleo centrale. Possono essere progettati sistemi di strade che colleghino il mall ai quartieri circostanti. È possibile incorporare le fermate del trasporto pubblico, a offrire un’occasione di spostamento da e per i posti di lavoro. Spazi pubblici come biblioteche, uffici pubblici, strutture scolastiche o agenzie di servizio possono contribuire a rendere più attrattivo il complesso. Come già detto, le dimensioni della maggior parte dei greyfields li rendono adatti anche all’insediamento residenziale. Una certa varietà di usi dello spazio li rinforza l’uno con l’altro, in modo da sostenere la vitalità del luogo a tutte le ore, tutti i giorni della settimana.
Non tutti questi spazi commerciali dismessi sono buoni candidati a un riuso multifunzionale. I costruttori desiderano un ragionevole ritorno economico ai propri investimenti, ed esitano di fronte a progetti rischiosi. Ma anche il settore pubblico può giocare un ruolo centrale in questi processi di riuso. Dimensioni e localizzazione dei greyfields li rendono spazi adatti per scuole, campus di istituti superiori, parchi, uffici governativi e di associazioni. Trovare le funzioni più adatte per uno spazio del genere richiede una capacità di visione che vada oltre il “riconfezionare un ambiente commerciale”. Il resto di questo manuale, è dedicato alle raccomandazioni per il riuso di un greyfield. Particolare attenzione è posta al comprendere le dinamiche urbane, di quartiere, e i bisogni del mercato.
Alcuni esempi
Si chiama demalling il riuso di un ex centro commerciale a nuove funzioni. Come già accennato nei paragrafi precedenti, le possibilità comprendono funzioni miste, usi civici, o altro commercio. Anche se il riuso dei greyfields appare perfettamente logico in teoria, la realtà pratica è molto più complessa. I progetti coinvolgono numerosi soggetti interessati, milioni di dollari, complesse collaborazioni, e il consenso della comunità. Gli elementi esposti di seguito, secondo un ordine casuale, sono essenziali a facilitare il passaggio di un progetto greyfield dalla teoria alla pratica.
La comunità e la partecipazione pubblica
Per questa guida, sono stati intervistati diversi professionisti del campo immobiliare, architetti e funzionari pubblici, al fine di compilare un elenco dei passi necessari al riuso dei malls obsoleti. Una delle affermazioni ricorrenti fra chi è interessato ai greyfields è che sia essenziale conoscere la relazione fra centro commerciale e città. Che ruolo ha giocato nello sviluppo locale? Quanto è profondo il radicamento di questa struttura? Come può, un piano di riuso, equilibrare bisogni comunitari e interessi economici? per rispondere a queste domande, è necessario coinvolgere nel piano i residenti.
La maggior parte delle persone conoscono il termine NIMBY (Not In My BackYard). Per molte comunità, un ex centro commerciale è meglio di un intervento sconosciuto. Gli abitanti spesso temono i cambiamenti, e istintivamente oppongono resistenza a progetti che possano modificare l’ambiente locale. Quindi, la partecipazione pubblica è un punto irrinunciabile nel riuso dei greyfields.
Senza il coinvolgimento della comunità, gli sforzi per il recupero di questi spazi probabilmente saranno vani. Il Continuum Group di Denver è stato il protagonista del positivo piano di riuso per il complesso Villa Italia di Lakewood, Colorado. Il centro aveva funzionato come polo commerciale dagli anni ’60, soffrendo però di mancati investimenti nel corso degli anni. Seguendo alcuni principi New Urbanism, il piano di riuso ha trasformato i circa 50 ettari del sito da solo commercio a struttura mixed-use con 1.300 case, 80.000 metri quadrati di superficie commerciale, un albergo con 250 stanze, 1,5 ettari di giardini, piazze e altri spazi verdi, un grosso negozio alimentare e 9.000 posti auto. Il progetto è stato eletto a modello per il riuso dei greyfields, ma non è stato per niente facile realizzarlo. Ha richiesto una grande quantità di partecipazione del pubblico.
Come spiega uno degli architetti responsabili del progetto:
”Quello spazio aveva una storia di idee e proposte, tutte respinte dalla comunità locale. Per superare questa sfiducia, abbiamo dovuto costruirci approvazione e sostegno. Non siamo arrivati lì con piani e progetti. Abbiamo lavorato con la città per capire i fatti, il potenziale del mall, le caratteristiche desiderate del luogo, le funzioni future più adeguate ... e abbiamo passato molto tempo con le persone in modo che capissero cosa stavamo facendo e cosa volevamo ottenere”.
Questo tipo di approccio ha costruito comprensione, credibilità e fiducia. L’amministrazione locale ha anche coinvolto i cittadini organizzando un comitato consultivo che rappresentava uno spaccato sociale della comunità. Grazie a questo percorso, il pino di riuso ha evitato le potenziali trappole delle paure dei cittadini.
Il governo degli interessi immobiliari
Come molte operazioni immobiliari, anche il riuso può essere reso complesso dagli obiettivi contrastanti di vari proprietari. In molti casi, affittuari, proprietari del mall, proprietari degli immobili adiacenti, possono sabotare i piani di recupero. Alcuni occupanti, per esempio, hanno potere di veto sui progetti che riguardano il complesso. A meno che un unico ente non riesca ad avere in qualche modo un efficace controllo sulla proprietà, un piano può restare paralizzato. I contratti di affitto contengono clausole che proprietari e occupanti usano come merce di scambio. La contrattazione rappresenta la chiave per superare questo ostacolo, ma può essere necessaria la minaccia di esproprio da parte dell’ente pubblico, per i rappresentanti più ostinati di alcuni interessi. Tom Dujan, architetto del progetto Villa Italia, spiega che “la volontà e una buona idea non bastano, perché alcuni sotto-interessi riescono ad impedire che le cose succedano. Nel nostro caso l’amministrazione locale era disponibile a usare il potere di esproprio, per assicurare unità di intenti”. Ciò richiede una considerevole spesa, di tempo e denaro.
Anche nel caso del Bayshore Mall vicino a Milwaukee, Wisconsin, l’amministrazione locale era disponibile a utilizzare il potere di esproprio. Il vecchio mall era troppo piccolo per interessare il mercato, e doveva espandersi da circa 50.000 a 100.000 metri quadrati. Sinora, il progetto ha realizzato 35.000 metri quadrati di commercio, 10.000 di uffici, e 20-40 edifici residenziali del tipo town house in un ambiente pedonale. Una volta completato, comprenderà ristoranti, palestra, strutture sanitarie, un teatro, un negozio alimentare di categoria superiore.
Un impegno pubblico/privato
Come già accennato, i progetti mixed use per i complessi commerciali in disuso possono essere dispendiosi. Aumentare la densità e promuovere i collegamenti richiede investimenti sostanziosi in infrastrutture. L’organizzazione e realizzazione di strade, verde, piazze, marciapiedi è costosa. In più, la maggior parte di questi spazi non possono essere sottoposti a tariffa, vista la collocazione suburbana della maggior parte dei centri commerciali. Per finanziare questi interventi tanto radicali, ci deve essere la volontà del settore pubblico di investire nel progetto. Costruttore, comunità locale e amministrazione cittadina devono collaborare alla creazione di una struttura pubblica di finanziamento finalizzata alla realizzazione di uno spazio pedonale. I sostenitori del progetto devono convincere i potenziali associati del vantaggio economico dell’investimento. Dunque è necessario un alto livello di complessità per coordinare i meccanismi di finanziamento e gli interessi di lungo termine di tutti gli associati al programma.
Conoscenza
La maggior parte degli intervistati è stata cristallina riguardo al bisogno di cominciare il processo da zero, evitando qualunque approccio rudimentale a questi spazi. In primo luogo, i costruttori devono sapere se prodotti e servizi si collocheranno bene in quel luogo. Ciò dipende dalle condizioni del mercato locale e dai modi di intervento. La forma fisica ideale dell’ambiente può variare a seconda delle dimensioni della proprietà, degli stili architettonici circostanti, delle caratteristiche accettabili dalla comunità.
Esiste il pericolo di un approccio per formule rigide al riuso dei greyfields. Per esempio, la definizione di un piano generale corretto richiede una conoscenza approfondita degli spazi pubblici, delle sezioni stradali adeguate e dimensioni dei marciapiedi, che non sono uguali per qualunque intervento.
I costruttori devono sapere cosa funziona, e cosa no, in termini di architetture e spazi pubblici. Saranno centinaia di scelte sulle dimensioni, il rapporto fra edifici strade, l’animazione dei marciapiedi, la facilitazione dei collegamenti fra punti diversi, a determinare il funzionamento o meno del complesso. In alcuni contesti, ciò significa che non bisogna risparmiare su edifici, arredi, arte pubblica. E naturalmente tutte queste cose hanno impatti sui costi del progetto.
Ciascun caso deve essere trattato come unico, con una propria logica interna. Si tratti di un progetto mixed use o di riconversione commerciale, la mancanza di conoscenze su progetto, tendenze locali del mercato o bisogni della comunità può condannare al fallimento. Il modo migliore di evitarlo, è di avvicinarsi al problema tenendo conto del contesto, e partire da zero.
Miscela di funzioni
Una delle sfide principali è quella di ottenere la giusta miscela di occupanti dei nuovi spazi. L’ambiente fisico deve essere strutturato in modo attraente per i potenziali inquilini (il progetto non deve essere un “ripensamento”). Per un complesso a funzioni miste, il problema è di attirare una base commerciale insieme ad altre attività economiche, con persone che abitano all’interno, non semplicemente nelle vicinanze. Quella miscela di occupanti, è quella giusta? Molto spesso, è necessario un equilibrio fra catene nazionali e operatori locali. Le attività locali possono contribuire a dare carattere inconfondibile e unità al progetto, ma i vari ristoranti, boutiques, gallerie, devono essere economicamente validi. Nello stesso modo, un eccessivo sbilanciamento verso le grandi catene produce un ambiente commerciale facile da ritrovare in altri complessi concorrenti della regione.
La residenza aggiunge vitalità ed energia a un progetto. Gli abitanti rendono gli spazi vivi ventiquattro ore al giorno. Si tratta di residenti che ricercano un ambiente unico, il che significa che gli affitti possono essere elevati. La sfida e di costruire un ambiente vivo, non facile da riprodurre nel suburbio tradizionale. A sua volta, questo vuol dire che alcune fasce di reddito possono non essere in grado di sostenere gli affitti delle case. Per una vera riuscita, occorre comunque verificare costantemente l’atteggiamento della comunità per i nuovi arrivati.
Gestione
Molte delle idee esposte sinora possono sembrare ottime, ma qualunque progetto si decida, deve avere alla base un solido e funzionante modello economico. Si devono creare valori immobiliari, e ottenere affitti dagli occupanti. I progetti mixed-use sono per propria natura ambienti che necessitano di molta gestione. Un’attività distribuita su tutte le 24 ore richiede più sicurezza, manutenzione e sorveglianza. Dall’acquisizione originaria ai contratti d’affitto, deve essere sostenibile l’impianto finanziario. Per questo obiettivo, va creata una forte struttura di gestione.
Il ruolo del management è egualmente importante anche per i progetti diversi dal mixed-use. La costruzione di alleanze di quartiere, collaborazioni pubblico-private, attrazione di capitali, richiede fiducia in un modello di intervento e gestione. Senza una forte leadership, la maggior parte dei progetti troveranno difficile andare oltre la fase di studio.
Traffico
Quelli che ora sono greyfields a suo tempo sono stati progettati per gestire grossi volumi di traffico. Una delle considerazioni che può promuovere flussi più tranquilli è quella relativa a un’organizzazione funzionale tale da evitare picchi di utenza. Un cinema, ad esempio, attira flussi serali. I momenti di punta del commercio sono di solito i fine settimana. Il momento massimo del traffico residenziale sono l’ora di punta del mattino e quella serale. Con una sana mescolanza di occupanti degli spazi, l’insediamento può limitare i propri impatti sul sistema di mobilità interno ed esterno.
Realismo
Costruttori e operatori devono essere flessibili. Non tutti gli spazi si prestano a diventare ambienti mixed-use tali da attirare inquilini di fascia superiore. Acquisizione, demolizioni e ricostruzioni sono costose. Di fatto, molti greyfields dovranno adattarsi a qualcosa in meno dell’ideale. I complessi commerciali in disuso rappresentano la possibilità di riutilizzare una struttura urbana in modo corrispondente ai bisogni degli abitanti. Dopo una valutazione realistica delle possibilità di intervento, è possibile che il riuso debba orientarsi esclusivamente a residenza, giardini pubblici, strutture scolastiche, uffici amministrativi o altre funzioni.
L’utilizzo finale è in gran parte determinato dagli obiettivi del progetto. Se sono di generare profitti da vendite e relativo gettito fiscale, allora la funzione da preferire è quella commerciale. Se si tratta di offrire servizi alla città, allora sarà preferibile l’opzione per qualche tipo di struttura civica. La lezione, è che i greyfields possono essere anche qualcosa di diverso da semplici grandi magazzini.
Le possibilità del commercio
Non tutti i malls in difficoltà devono abbandonare il commercio a favore del concetto di mixed use. Wal-Mart, Target, Kohls e altre grandi catene stanno cominciando a considerare i centri commerciali in disuso come localizzazioni interessanti. Negli ultimi tre anni, Wal-Mart ha aperto vari negozi urbani a San Diego, Los Angeles, Dallas, Houston, Milwaukee, e a 30 chilometri da New York City. Sempre la Wal-Mart di recente ha inaugurato un punto vendita in un ex Macy’s che fa parte di un centro commerciale da 80.000 metri quadrati a Baldwin Hills Crenshaw (notizia dal National Real Estate Investor, 25 giugno 2003). Uno dei fattori chiave della decisione di aprire il negozio è stata la densità di popolazione: oltre 360.000 residenti in un raggio di cinque chilometri dal centro. Con l’opposizione suburbana ai big box in crescita, gli operatori potrebbero rivolgere lo sguardo ai greyfields nei centri città o nelle fasce suburbane più interne. Uno studio di consulenza commerciale ha calcolato che le catene discount occuperanno 300 spazi come anchor entro centri commerciali entro il prossimo decennio (Business Week, 14 agosto 2003).
Un’altra possibilità commerciale nelle città in corso di trasformazione demografica, è quella del mall etnico. La maggior parte dei complessi commerciali degli anni ’60 e ’70 erano progettati per una clientela bianca di ceto medio. In alcuni casi, l’immigrazione di afroamericani, americani di origine asiatica e latini ha cambiato la composizione sociale degli spazi urbani attorno ai greyfields. Alcuni operatori commerciali, senza capire nel nuove nicchie di mercato, si sono semplicemente allontanati nel corso degli anni. Eppure, in molti quartieri, i centri commerciali si sono evoluti in complessi a orientamento etnico per servire i bisogni degli abitanti secondo modi che costruiscono fedeltà e forte domanda. A chi non conosce le culture locali, alcuni di questi centro possono apparire poco attraenti o degradati. Ma agli abitanti del posto questi complessi offrono un insieme di prodotti e servizi che mancano al centro commerciale classico.
Anche la pubblica amministrazione può intervenire, affittando spazi per servizi sociali di cui c’è il bisogno, e rivolgersi ai nuovi membri della comunità.
Possibilità di re-investimeno sociale urbano
Un eccellente esempio di realizzazione di un autentico elemento urbano è rappresentato dal Jackson Medical Mall di Jackson, Mississippi. Nel contesto di un accelerato sviluppo di tipo suburbano a Jackson, il centro commerciale aveva iniziato la propria crisi nel 1987 rimanendo in gran parte vuoto per dieci anni. Il mall (80.000 metri quadrati) è circondato da una popolazione afroamericana a basso reddito, che dipende per gli spostamenti in gran parte dal trasporto pubblico. Oggi, la struttura è un ottimo esempio del potenziale rappresentato dai greyfields anche per l’investimento pubblico.
Il Medical Mall offre servizi sanitari, molto richiesti, da una popolazione altrimenti sottoservita. Oltre a questo, la miscela funzionale comprende negozi di alimentari, sedi di organizzazioni comunitarie, ristoranti, parrucchieri, negozi di calzature, uffici dei servizi sociali, un’agenzia di credito e scuole private. Anche la Jackson State University, la University of Mississippi (tramite la scuola di medicina) e il Tougaloo College hanno spazi per la ricerca e la didattica al Medical Mall. L’Ufficio Sanitario della Hinds County, alcuni uffici locali e vari servizi sociali operano all’interno del centro.
Il caso del Medical Mall è un esempio di come il riuso dei complessi commerciali dismessi possa avere successo anche in ambienti a basso reddito. L’intero passaggio da uno shopping mall regionale obsolescente, ad una struttura di servizio urbana ha richiesto oltre dieci anni. Il successo dell’operazione si può attribuire ad una forte capacità di visione, alla valutazione realistica dei bisogni sociali, e alla capacità di costituire un gruppo di persone orientate al reinvestimento comunitario. La miscela di servizi sanitari, università, organizzazioni locali, commercio, uffici pubblici cittadini e statali, è stata tenuta insieme dall’obiettivo di servire la città.
Cosa limita le possibilità dei greyfields
I progetti come Villa Italia mostrano che i complessi commerciali in disuso possono essere convenienti per gli investitori. Ma, per ogni Villa Italia, c’è un Cloverleaf Mall di Richmond, Virginia. Il Cloverleaf occupa uno spazio di circa 90 ettari con un valore calcolato a 65 milioni di dollari nel 1995, caduti a 12 milioni nel 2003. Le tasse immobiliari generate dal mall sono cadute da 700.000 a 130.000 dollari nello stesso periodo. Negli anni, gli abitanti più agiato hanno abbandonato il quartiere, i negozi anchor se ne sono andati, e la zona è considerata pericolosa. Questo spazio certo potrebbe non produrre ritorni economici tali da attirare il commercio trendy, ma potrebbe essere più utile alla comunità dal punto di vista dell’istruzione, dei servizi sociali, dei bisogni residenziali degli abitanti.
Conclusioni
Gli esempi esposti in questo manuale rappresentano un punto di partenza. Sono desunti da casi studio in ambienti diversi. Probabilmente, dimostrano come è possibile sfruttare la “miniera” rappresentata dai complessi commerciali in disuso in modi che contribuiscano alla qualità della vita locale. A seconda delle condizioni specifiche di mercato, il riuso dei greyfields deve essere flessibile e rispondere ai bisogni del quartiere. La Atlanta Regional Commission (ARC) si è impegnata attivamente per coinvolgere rappresentanti della comunità nell’ambito del riuso dei greyfields. La ARC si è concentrata sul ruolo del settore pubblico nello stimolare il riuso, e si rivolge soprattutto alle agenzie pubbliche che intendono sviluppare piani per greyfields. La ARC ha individuato alcune variabili fondamentali per il successo di questi progetti, come:
• Identificare i siti greyfield maturi per l’intervento
• Coinvolgere i soggetti interessati
• Costruire collaborazioni pubblico-privato
• Organizzare gruppi di lavoro interdisciplinari
• Impegnare risorse economiche per l’attuazione
Molte città hanno fatto esperienze valide seguendo questo percorso per il recupero di zone industriali dismesse [brownfields]. Molti aspetti sono applicabili anche ai greyfields. Costruire un elenco di disponibilità, ad esempio, è indispensabile per individuare i siti che necessitano di sostegno finanziario pubblico. La costruzione della società pubblico-privata con partecipazione della cittadinanza e l’attivazione dei gruppi multidisciplinari sono pure essenziali, e molte città possiedono programmi modello che possono essere utilizzati a stimolare il recupero.
Le informazioni di questo rapporto offrono una cornice generale. Iniziando da nuove prospettive, le comunità e il mondo economico possono iniziare nello stimolante lavoro di convertire i greyfields a elementi di valore urbano.
Nota: il testo originale, integrato a tutti gli altri capitoli della manualistica, al sito della University of Louisville; qui su Eddyburg, due studi del Congress for the New Urbanism sulle "zone grigie" commerciali, uno analitico, e uno di proposta; di seguito, links ad alcuni casi citati nel testo, e il file PDF scaricabile di questa traduzione. Per la (scarsa) bibliografia faccio riferimento al testo originale (f.b.)
Villa Italia Lakewood, Colorado
Jackson Medical Mall, Jackson, Mississippi