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Dana Beach
L'urbanizzazione diffusa e i danni per l'ambiente costiero negli USA
9 Settembre 2005
Esperienze straniere
Estratti da un rapporto della Pew Ocean Commission, 2002, di attualità dopo la crisi della Louisiana colpita dall'uragano Katrina: come lo sprawl nuoce, e cosa si può fare (f.b.)

Dana Beach, Coastal Sprawl: the Effects of Urban Design on Aquatic Ecosystems in the United States, Pew Ocean Commission, Arlington 2002 – Estratti e traduzione per Eddyburg a cura di Fabrizio Bottini

Strategie e strumenti di intervento

I dati sulla popolazione e l’uso del suolo, e insieme le abbondanti ricerche scientifiche disponibili sui bacini idrici, chiariscono quanto siano necessari cambiamenti nei modi d’uso dello spazio per la conservazione degli ecosistemi costieri. Tali riforme devono iniziare nella prima metà di questo decennio per evitare gravi e irreversibili danni alla funzionalità degli ecosistemi. Le domande chiave che dobbiamo porci sono le seguenti:

● Quale tipo di insediamento può sostenere gli ecosistemi acquatici?

● Se lo sprawl non funziona, qual’è il modello valido?

● come è possibile applicare praticamente un nuovo modello di uso dello spazio in tutte le regioni costiere d’America?

Può essere utile raggruppare le riforme urbanistiche secondo la scala di intervento. In primo luogo, c’è il caso di come organizzare l’insediamento entro una regione metropolitana. Un’area metropolitana può contenere anche una decina di bacini idrici e interessare una superficie di milioni di ettari di terreno. Queste sono le dimensioni alla scala regionale. In secondo luogo, c’è il problema dell’organizzazione insediativa: come si disegnano le strade, come si combinano le funzioni e con quali densità. È la dimensione del quartiere. Terzo, ci sono i modi di realizzazione dei progetti: che tipo di rapporti con le acque piovane, impermeabilizzazioni, fasce di interposizione riparie da usare. Questa è la scala del singolo intervento.

La conservazione degli ecosistemi dipende dalla capacità di cambiare i modi di insediamento a ciascuna di queste tre dimensioni. Tradizionalmente, i programmi di regolamentazione operano quasi esclusivamente al livello del singolo intervento. In modo indipendente, i riformatori in campo urbanistico hanno lavorato alla scala regionale promuovendo strategie come le fasce di margine urbane [urban growth boundaries / UGB] o i programmi di tutela delle aree agricole. Sino a tempi molto recenti, la dimensione del quartiere ha ricevuto molta poca attenzione costante, e pure, come nel caso della scala regionale, ha una grande importanza negli sforzi per proteggere gli ecosistemi marini.

La scala regionale

Sappiamo dai dati nazionali sulla copertura dei suoli, che il 14% delle coste è edificato. Con gli attuali ritmi di sviluppo questa percentuale salirà al 25% entro il 2025. Secondo la regola del dieci per cento [trattata in paragrafi esclusi da questa scelta n.d.T.], se tutta la costa fosse un solo bacino, ci vorrebbero dieci anni per entrare nella zona di pericolo. Ma la costa è suddivisa fra migliaia di bacini, alcuni con livelli di impermeabilizzazione vicini al 100%, e altri praticamente inedificati. Il principio chiave di una strategia di protezione marina è quello di individuare i bacini che siano impermeabilizzati in misura inferiore al 10%, e tentare di mantenerli il più possibile inedificati. Un principio complementare è quello secondo cui i bacini impermeabilizzati per più del 10% dovrebbero assorbire la maggior parte dello sviluppo insediativo costiero dei prossimi decenni.

Ciò non implica che si debbano sacrificare i bacini urbanizzati. Pratiche di gestione locale delle acque piovane, sistemi di interposizione, nuove tecniche di pavimentazione, una dipendenza dall’automobile ridimensionata e altre riforme a scala di quartiere e di singolo intervento, possono aiutare a conservare questi sistemi. La Sezione 6217 del Coastal Zone Management Act specifica le pratiche di gestione delle acque piovane che possono efficacemente ridurre carichi inquinanti e impatti ambientali dell’urbanizzazione. Comunque, l’attuale situazione delle salvaguardie locali non ci consente di ignorare la regola del dieci per cento. I soli sistemi acquatici in grado di mantenere in pieno il proprio ruolo ecologico, saranno quelli dove meno del 10% del superficie risulta impermeabilizzata. L’obiettivo, dunque, deve essere quello di conservare la maggior parte possibile di questi sistemi.

Le nuove tecnologie cartografiche e satellitari consentono oggi di avere una mappa aggiornata per aree metropolitane dei bacini non urbanizzati. In più, entro queste regioni è possibile analizzare il potenziale edificatorio entro i bacini idrici già intaccati. Questi due dati insieme forniscono le informazioni necessarie per adottare a scala regionale politiche urbanistiche per orientare l’edificazione verso le zone più adatte, e a proteggere così gli ecosistemi costieri.

Una volta che all’interno delle regioni si siano determinate le migliori localizzazioni per i nuovi insediamenti (bacini idrici edificati e in corso di edificazione), e le are dove l’insediamento debba essere ridotto al minimo (bacini con impermeabilizzazione inferiore al 10%), amministrazioni locali e stato devono adottare politiche per attuare i piani. Gli strumenti attuativi si articolano in tre categorie: norme di zoning; progettazione infrastrutturale e programmi di tutela dei suoli. Si tratta di strumenti applicabili in centri di qualunque dimensione, dalla piccola cittadina rurale all’area metropolitana interessante più stati.

Azzonamento agricolo e Fasce di Margine Urbane [UGB ]

Negli ultimi decenni, alcune città hanno tentato di controllare la diffusione urbana attraverso la regolamentazione delle densità insediative nelle zone rurali. Uno dei primi esempi è la legge urbanistica dell’Oregon del 1973, che richiedeva ad ogni centro di fissare fasce di margine urbane (UGB) ampie a sufficienza per assorbire 20 anni di sviluppo programmato. Oltre le UGB, l’azzonamento agricolo fissava unità minime di 30 ettari, considerate le più piccole per sostenere l’agricoltura. Varie amministrazioni in tutto il paese, dalla Virginia alla California, hanno stabilito norme per la pianificazione in area rurale con densità simili.

In alcuni casi, la pianificazione “agricola” consente insediamenti alla densità di circa una unità abitativa per ettaro. Sono norme ampiamente criticate, perché accelerano lo sprawl. Le situazioni variano, nelle varie aree del paese, ma ci sono alcuni principi generali che dovrebbero aiutare ad adottare norme urbanistiche per le aree agricole nelle varie regioni. In primo luogo, queste norme dovrebbero basarsi sul legittimo interesse delle aree metropolitane per sostenere le funzioni agricole e forestali, proteggere gli ecosistemi marini e in genere acquatici dal degrado, ridurre al minimo i costi di fornitura dei servizi urbani, e altri obiettivi pubblici. Nella maggior parte dei casi, le densità residenziali nelle aree inedificate dovrebbero essere inferiori a una unità ogni otto ettari.

Azzonamento agricolo e fasce di margine urbano possono avere effetti collaterali negativi se le amministrazioni municipali non sostengono ragionevoli densità insediative entro la propria circoscrizione. Se, ad esempio, le norme locali prevedono principalmente lotti da 2.000 metri quadrati o più grandi, la superficie disponibile per lo sviluppo urbano verrà utilizzata rapidamente. Ciò fa aumentare i prezzi delle case e dei terreni e obbliga di fatto allo sviluppo verso le zone rurali e i bacini idrici inedificati. Per questo motivo, la pianificazione delle zone rurali dovrebbe accompagnarsi a strategie come quelle della legge urbanistica dell’Oregon del 1975, dove le municipalità dovevano consentire una crescita adeguata entro i propri confini.

La progettazione infrastrutturale

L’investimento pubblico in nuove strade, fogne, reti idriche, servizi antincendio rapidi e altri servizi urbani, accelera lo sviluppo in zone che altrimenti resterebbero rurali. Pensando a ciò, alcune amministrazioni hanno tentato di attenuare la crescita dell’urbanizzazione verso le zone rurali evitando le infrastrutture urbane. Lexington, in Kentucky, ha adottato nel 1958 i primi limiti alla estensione dei servizi.

Lo stato del Maryland di recente ha approvato una norma di governo dello sviluppo che orienta l’investimento pubblico verso zone già edificate o per cui è stata approvata l’urbanizzazione da parte dei comuni. Lo stesso investimento non viene effettuato per le zone rurali giudicate non adatte al nuovo insediamento.

Ogni anno, uffici federali e statali spendono miliardi di dollari in prestiti e mutui per infrastrutturare aree rurali. Gli esempi più notevoli sono quelli delle strade, dei condotti fognari e delle reti idriche finanziate dal Dipartimento dell’Agricoltura e U.S. Environmental Protection Agency (EPA), o la tutela per le inondazioni dalla Federal Emergency Management Agency. Questi progetti spesso non sono verificati nella prospettiva dei piani regionali di crescita, e pure hanno un grosso potenziale per indebolirne obiettivi e strumenti di governo dello sviluppo. Per proteggere in modo efficace gli ecosistemi marini e costieri, tutte le spese infrastrutturali dovrebbero essere verificate secondo i criteri dei piani regionali di sviluppo.

Programmi di conservazione del suolo

Molti governi statali e locali stanno tentando di incanalare l’urbanizzazione lontano da importanti zone rurali, utilizzando le risorse pubbliche per acquisire i diritti edificatori dai proprietari di aree strategiche. Questi programmi di Purchase of Development Rights, PDR, individuano terreni agricoli o boschivi importanti e offrono fondi per rimuovere i diritti edificatori dalle superfici. In alcuni casi, si acquisisce la proprietà dei terreni ed essi diventano parte del patrimonio pubblico di una regione. Le amministrazioni locali spesso sviluppano programmi PDR in modo congiunto a land trusts privati, che contrattano le cessioni, mantengono le servitù, e aggiungono risorse private a quelle pubbliche.

Ci sono circa 1.200 land trusts che operano negli USA. Queste organizzazioni acquisiscono o sollecitano la concessione di asservimenti di terre private a scopo conservativo. Al 31 dicembre 2000, i vari land trusts locali avevano tutelato un totale di 2,6 milioni di ettari a livello nazionale. Le strutture a carattere nazionale come The Nature Conservancy, Ducks Unlimited, Conservation Fund, o Trust for Public Lands, tutelano più di 6 milioni di ettari.

Gli sforzi coordinati dei land trusts con quelli federali, statali e delle amministrazioni locali possono essere estremamente efficaci nella tutela dei grandi bacini idrici. L’iniziativa su quello Ashepoo/Combahee/Edisto (ACE) sulla costa del South Carolina, per esempio, ha tutelato in modo definitivo oltre 60.000 ettari, sui 142.000 del programma totale, in soli 13 anni.

[...]

La dimensione di quartiere

Densità

L’aspetto complementare del mantenere inedificati alcuni bacini idrici, è quello di concentrare l’edificazione in quelli già urbanizzati, a densità adeguate ai bisogni dello sviluppo regionale. Oltre a rallentare la diffusione urbana, gli aumenti di densità offrono enormi vantaggi in termini di trasporti, con conseguente riduzione nell’inquinamento dell’aria e dell’acqua.

Gli studi dimostrano che all’aumentare della densità residenziale e delle attività, diminuiscono quantità e lunghezza dei viaggi in automobile. Diminuiscono anche gli inquinanti dell’aria: ossidi di azoto, monossido di carbonio, particelle volatili. Una ricerca conclude che la quantità di chilometri percorsa per famiglia scende del 35% quando le densità residenziali salgono da 5 a 25 per ettaro. Gli studi sull’uso del trasporto pubblico fissano a 15-20 unità residenziali l’ettaro la densità minima per sostenere un servizio regolare. Ciò è incoraggiante, perché suggerisce che le regioni possono ottenere riduzioni nell’uso dell’auto, aumenti in quello del trasporto collettivo, e miglioramento per ciò che riguarda l’inquinamento di aria e acqua, senza spostarsi verso tipologie residenziali sostanzialmente diverse. E a ben vedere, alcuni fra i più apprezzati quartieri tradizionali del paese sono di tipo “transit-oriented”, con circa 25 unità residenziali l’ettaro.

E pure, le densità residenziali urbane sono drammaticamente scese negli scorsi trent’anni. Nell’area della baia Chesapeake, per esempio, la dimensione media del lotto è aumentata da 0,072 ettari negli anni ’50, a 0,26 ettari negli anni ‘80. Fra il 1973 e il 1995, le densità residenziali nel sud della Florida sono scese da 6,6 unità/ettaro a 5,9. Ci sono molti motivi per questo. In primo luogo, un significativo numero di famiglie americane si sono spostate verso insediamenti con lotti di dimensioni maggiori nel suburbio, alla ricerca di privacy, spazio, e scuole migliori. Questa tendenza è stata accelerata dai programmi federali come quello per le autostrade Interstate, che ha consentito spostamenti pendolari su lunghe distanze, oppure l’assicurazione sui prestiti per l’acquisto di case, la cui attuazione ha favorito le nuove case unifamiliari rispetto al riuso della residenza urbana.

Le amministrazioni locali nelle zone suburbane hanno ampliato questa tendenza approvando norme urbanistiche che favoriscono i grandi lotti occupati esclusivamente da case unifamiliari. La maggior parte delle ordinanze di zoning derivano dal modello Uniform Zoning Code del Dipartimento del Commercio. Sviluppato all’inizio del ‘900, lo Uniform Zoning Code era pensato a separare le funzioni residenziali da quelle industriali. Infine, il disinvestimento pubblico e privato dalle città ha indotto un degrado delle infrastrutture e della dotazione residenziale, spingendo altri abitanti verso le zone suburbane. Invertire questa tendenza alla diminuzione delle densità residenziali richiede uno sforzo concertato di ricostruzione delle città, e di eliminazione delle norme di zoning “esclusive” e a grandi lotti nel suburbio.

La sola definizione del problema è stata difficile. L’opinione pubblica associa il concetto di densità ai problemi urbani quali la criminalità o le cattive scuole, o lo accoppia a problemi suburbani come la congestione da traffico. In verità, è stato verificato che le cose che meno piacciono agli americani sono sprawl e densità. Il motivo di questo apparente paradosso è che negli ultimi 50 anni la pianificazione urbanistica e le norme si sono concentrate in modo sproporzionato sulle densità, mancando di trattare altri aspetti della costruzione della città, come i sistemi stradali, il verde, la miscela di funzioni entro il quartiere, o l’architettura. Di conseguenza, la reazione corrente a considerare i nuovi insediamenti “troppo densi” è diventata un riflesso automatico a livello nazionale.

C’è molto bisogno di spiegare i benefici di città più dense, non solo in una prospettiva ambientale, ma anche per i molti altri vantaggi offerti da spazi del genere. L’occasione migliore per farlo è quella di usare i casi concreti con abitazioni dense, e che tutti considerano desiderabili. Ci sono migliaia di esempi in tutto il paese, dai centri prerivoluzionari sulla Costa orientale – Annapolis, Boston, Savannah – ora importanti destinazioni anche turistiche grazie alla loro eccezionale forma urbana, ai sobborghi cresciuti lungo le linee tranviarie, come Shaker Heights a Cleveland, centri più nuovi della Costa Occidentale come San Francisco e Monterey. Tutte queste città, mostrano tipi di organizzazione spaziale tali da offrire vantaggi di tipo ambientale, sociale ed economico ai propri abitanti.

La rete stradale

Un altro aspetto dell’edificazione che ha enormi impatti sulla tutela degli ambienti marini e la qualità ambientale generale, sono i sistemi stradali. Sino alla fine del XIX secolo, praticamente tutte le città e cittadine erano realizzate secondo una griglia regolare di strade interrotta da verde e altri spazi collettivi. Gli esempi di questo tipo, ben noti, sono Savannah, in Georgia; Philadelphia, in Pennsylvania, e San Francisco, California.

Questo schema ad angoli retti offriva molte vie per spostarsi da un punto all’altro, e riduceva al minimo la lunghezza del percorso. Alle basse velocità consentite da cavalli, carri e a piedi, questa griglia con un alto grado di “connettività” era un aspetto chiave dell’efficienza urbana nell’America del XIX secolo.

In un primo tempo, le velocità più elevate consentite dall’automobile hanno liberato i progettisti dalla rigidità della griglia. Il movimento per la Città Giardino in Inghilterra, più tardi diffuso anche in America, immergeva l’ambiente dell’insediamento urbano in un quadro naturalistico che rifletteva il paesaggio rurale. Questi nuovi schemi suburbani contenevano strade ricurve attorno ai caratteri più significativi del paesaggio, o semplicemente vagavano a creare prospettive più interessanti per il viaggiatore. Gli isolati diventavano più grandi, e gli incroci meno numerosi.

A contrastare le alte velocità che le auto potevano raggiungere su queste strade, i costruttori facevano terminare le vie residenziali a cul-de-sac. Questo elemento progettuale si è diffuso in tutto il paese alla fine del XX secolo. Ora esiste nella stragrande maggioranza degli insediamenti di case unifamiliari.

La ripetizione di questo insieme di elementi progettuali in tutto il paese ha causato una forte ascesa nella lunghezza degli spostamenti in auto, e la diminuzione di quelli effettuati a piedi o in bicicletta. Una ricerca ha rilevato che le persone residenti in spazi costruiti dopo il 1977 effettuano un terzo di spostamenti a piedi o in bicicletta in meno di chi vive in centri costruiti prima del 1947. Negli ultimi 20 anni, il numero degli spostamenti a piedi è sceso del 42%. Questo ha causato un fortissimo incremento nella congestione da traffico, e nell’inquinamento dell’aria e dell’acqua correlato.

Molte amministrazioni locali hanno iniziato a promuovere un ritorno a sistemi stradali più funzionali, aumentando la densità interna agli isolati nei nuovi interventi, e collegandoli a quelli adiacenti. Le ricerche mostrano che una maggiore densità di isolato corrisponde a spostamenti più brevi e minori emissioni di ossidi di azoto. Ciò è particolarmente importante sulle coste, dove l’azoto è uno degli inquinanti più dannosi per le zone degli estuari. I più strenui oppositori di queste riforme, sono i gruppi di residenti, che osservano come le loro strade vengano “affettate”. Una reazione che suggerisce come, invece di interventi caso per caso, sia opportuno inserire le riforme entro un quadro urbanistico di dimensione cittadina.

Mixed Use

Lo zoning convenzionale separa i vari usi del suolo gli uni dagli altri. Originariamente giustificato dal bisogno di evitare fabbriche inquinanti nei pressi delle case, lo zoning ha poi raggiunto un ingiustificato livello di complessità. Ciò è particolarmente vero per quanto riguarda le densità previste per le residenze suburbane. Alcune amministrazioni hanno sino a dieci categorie di zone residenziali, distinte dalla dimensione del lotto e dal tipo di casa.

Oltre a separare i tipi residenziali, lo zoning separa le case dai negozi, uffici, e scuole. Le attività delle ore lavorative sono abitualmente raggruppate lungo le strade a grosso volume di traffico, a contenere l’esodo mattutino dalle aree residenziali. Questa rigida separazione di funzioni ha contribuito all’aumento degli spostamenti in auto e alla riduzione di quelli a piedi. Uno studio sulla costa del South Carolina ha rilevato che la percentuale di studenti che si recano a piedi nelle scuole costruite prima del 1983 è quattro volte quella degli studenti che frequentano quelle realizzate dopo il 1983.

Nota: di seguito, sono disponibili i files PDF, sia degli estratti trodotti, sia della versione integrale originale con tabelle, illustrazioni, bibliografia (f.b.)



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