La coppia che esprime meglio il carattere bipartisan del governo Letta. Sarebbe bello se tutte le componenti della sinistra (dentro e fuori dal PD) lo comprendessero, e si comportassero in conseguenza. il manifesto, 7 maggio 2013, con postilla
Se è vero che la priorità programmatica del governo Letta è quella della creazione di nuovi posti di lavoro per i giovani, il ministero delle Infrastrutture è una delle chiavi fondamentali per tentare di riuscirci. Per tre motivi. Perché gestisce un pacchetto di finanziamenti consistente. Più di cento miliardi di euro finora destinati alle grandi opere spesso inutili, mentre al sistema delle città è stata assegnata la misera cifra di 2 miliardi. Il secondo motivo sta nella ricostruzione delle regole urbanistiche, unico modo per riportare legalità e trasparenza in un paese dove da venti anni ha trionfato la più oscura discrezionalità. Il terzo, il più importante, è quello di scongiurare la vendita del patrimonio immobiliare pubblico.
Il ministro è Maurizio Lupi, convinto sostenitore delle grandi opere. Egli è stato anche autore della famigerata legge che prese il suo nome. Nel precedente decennio quella proposta fu approvata dalla Camera dei Deputati e fu bloccata al Senato per un puro caso, altrimenti oggi l'Italia avrebbe abrogato addirittura il diritto di tutti i cittadini ad avere una quantità minima di servizi e verde, la storica conquista degli standard urbanistici del 1968. Mentre una sempre più ampia parte del paese discute della possibilità di ampliare il concetto di beni comuni, nel dicastero di Porta Pia siede un ministro che voleva abrogare uno dei pilastri della civiltà urbana italiana.
Ma evidentemente non bastava. Da Milano dobbiamo spostarci nel profondo sud e dal sistema Comunione e Liberazione dobbiamo passare al Pd. Il sindaco di Salerno Vincenzo De Luca, noto per la ferrea volontà di realizzare grandi opere tra le quali una mostruosa colata di cemento in atto sul lungomare occidentale della città, è stato nominato vice ministro.
Ecco, fresco di nomina, una dichiarazione di De Luca: «Cercheremo di portare a Roma le caratteristiche dell'esperienza fatta qui a Salerno, specialmente nella direzione della sburocratizzazione (...). A Salerno andrà avanti tutto il programma delle grandi opere, nella speranza che arrivino presto le risorse necessarie (...) perché a questo programma è legato il futuro economico della nostra città e, più, in generale dell'Italia».
È noto a tutti che la vera emergenza del paese è quella di ricostruire la pubblica amministrazione e arriva un viceministro che parla, come ai raduni di Pontida, di sburocratizzazione. Ancora non basta il disastro fin quì provocato? Non c'è poi persona normale che non sappia che la cultura delle grandi opere e della cancellazione delle regole hanno prodotto un solo risultato: che i comuni italiani sono sull'orlo del fallimento economico. Roma ha 15 miliardi di debito a causa del laissez faire urbanistico; Torino grazie alle grandi opere come le Olimpiadi invernali del 2006 ne ha 3; Parma grazie alla «sburocratizzazione» aveva creato oltre trenta società che hanno portato a 1 miliardo il deficit della città. E mentre cresce la richiesta di passare all'unica grande opera che serve, quella del rinnovo urbano, si guarda ancora al passato.
E veniamo alla terza leva, quella davvero fondamentale se si vuole salvare l'Italia. Grandi opere e deregulation non hanno portato soltanto al tracollo della finanza locale, ma anche prodotto un gigantesco arricchimento di pochi gruppi di proprietari e di immobiliaristi. Gli stessi che - insieme al sistema del credito fortemente esposto nei loro confronti: si pensi alla vicenda Ligresti - spingono oggi per acquistare a pochi soldi le proprietà pubbliche.
Siamo un paese in declino perché abbiamo i valori immobiliari più alti d'Europa: è questo il macigno che non permette l'apertura di nuove attività imprenditoriali, specie da parte di giovani che hanno competenze e voglia di fare ma non hanno i mezzi per accedere al mercato immobiliare privato. Il patrimonio immobiliare pubblico non deve dunque essere svenduto ai soliti noti: deve essere invece il volano che può rimettere in moto il paese. Per calmierare i prezzi immobiliari e salvare le città. E di fronte ai due dioscuri di Porta Pia, speriamo che siano le forze di opposizione presenti in Parlamento a scongiurare questo atto che affosserebbe definitivamente ogni ipotesi di futuro dell'Italia.
Tutto sacrosanto. E purtroppo l'intesa bipartisan ha radici più profonde di quelle che appaiono oggi. vedi in proposito il documento conclusivo del governo Monti sulla questione urbana, cui abbiamo dedicato gran parte dell'eddytoriale 156. Una sola imprecisione: la Legge Lupi non «fu bloccata al Senato per un puro caso», ma perchè l'allora vicepresidente della commissione parlamentare, Sauro Turroni, riuscì a far udire alla commissione le voci critiche (a partire da quelle raccolte da eddyburg) che l'altro ramo del Parlamento aveva ignorato e che nella commissione senatoriale trovarono invece orecchie attente.