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Umberto Cocco
L'ultima spiaggia di Silvio
11 Dicembre 2005
Articoli del 2004
Dal manifesto dell'8 maggio 2004. Un episodio consociativo sulla costa di Olbia

Una lottizzazione di 560 mila metri cubi, un altro borgo per ricchi al mare, le case in riva agli stagni, i pontili davanti alle ville. È l'assalto di Berlusconi immobiliarista, anzi, della figlia, a quel che resta della costa gallurese, a sud di Olbia. Il consiglio comunale della città è riunito da due giorni, alle prese con le spinte della società intestata a Marina Berlusconi perché sia consentita la cementificazione di Capo Ceràso, la campagna di Multa Maria, alla quale hanno cambiato nome, da 20 anni, da quando l'hanno comprata a pezzetti dai contadini, dai caprari. Ora si chiama Costa Turchese (all'inizio era Olbia 2). Un sistema di zone umide, piccoli stagni in collegamento con il mare, in una penisola rimasta intatta, protesa verso Tavolara: piccole spiagge e insenature accessibili da sentieri sterrati, frequentata da campeggiatori, giovani, coppie, molti sardi respinti da quella che è diventata la costa «glamour» a nord della città gallurese, insopportabile, espropriata. Un capraro c'è ancora, dominatore solitario di questa distesa di acque interne e di cisti. Ha casa in uno stazzo ristrutturato, iscritto alla organizzazione agricola di sinistra, la Cia, alle prese con i problemi della vendita del formaggio, delle carni, tutto svenduto a poco prezzo, costretto a sognare una sistemazione magari da guardiano dei cantieri. I cantieri verranno aperti, presto. La maggioranza di centrodestra ha già concesso ai Berlusconi di costruire, sia pure un insediamento di 260mila metri cubi. D'accordo l'opposizione, dai Ds alla Margherita, a una indipendente candidata con le liste di Soru alle prossime regionali e nonostante la durezza delle posizioni del nuovo leader del centrosinistra sardo in materia di Sardegna svenduta, espropriata, di costa lottizzata. La sinistra si giustifica rivendicando il merito di avere fatto ridurre le volumetrie, drasticamente con il passare degli anni.

Ma non riesce a fare in Gallura il discorso che ha fatto a Cagliari, in consiglio regionale, pur con molte titubanze, votando e difendendo una legge di tutela della costa dell'isola nella fascia dei 300 metri dall'acqua, che è stata il solo ostacolo al dilagare dell'edilizia lungo tutto il perimetro della Sardegna nell'ultimo decennio. L'assalto di Berlusconi è senza pudore. In piena campagna elettorale per le regionali sarde e le europee, l'altro giorno, alla vigilia della seduta del consiglio comunale che doveva esaminare le osservazioni della società immobiliare contro la riduzione delle volumetrie, la figlia del capo del governo ha presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale. Chiede che la variante al piano di fabbricazione del comune di Olbia attribuisca ai terreni di papà più metri cubi per ogni metro quadro. Fa valere concessioni elargite nel corso dei vent'anni di questa storia di speculazione costiera. La pretesa ha un minimo di fondamento storico: nel 1987 una giunta democristiana concede alla Edilnord allora intestata a Paolo Berlusconi 750mila metri cubi di volumetria realizzabile. È meno del milione e 200mila metri cubi consentiti da una giunta di centrosinistra a guida Psi (assessore un indipendente vicino al Pci) nel 1983, ma sempre un'enormità. Ai Berlusconi non basta, ma entra in vigore in quegli anni la legge di tutela della costa che permette le grandi lottizzazioni al mare sulla base di accordi di programma fra regione e impresa. Così fra il 1987 e il 1991 la dimensione dell'insediamento si riduce ancora, a 560mila metri cubi. Solo che il cemento del cavaliere invade la costa e si insinua sino a dentro gli stagni salmastri di Multa Maria. Nemmeno la maggioranza di centrodestra, nemmeno il sindaco della città, di Forza Italia, che concesse a Berlusconi la cittadinanza onoraria, così amico da subire con il sorriso le corna fatte dal presidente sulla sua testa, a un comizio in piazza per la campagna elettorale delle ultime amministrative, ha potuto aderire a ogni pretesa del capo. Ieri provavano a resistere a queste pressioni, ma concedendo tutto quel che si può, in fretta, prima che vinca le elezioni.

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