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Vezio De Lucia
Luigi Scano urbanista
29 Dicembre 2010
L'incontro all'Iveser (2010)
La relazione sul tema “Gigi Scano: l’urbanista” nell’incontro di studio organizzato da Iveser, Ambiente Venezia ed eddyburg.it a Venezia, 16 ottobre 2010

L’urbanistica fu la grande passione di Gigi. Di urbanistica si è occupato sempre, fin da giovanissimo. Credo che abbia cominciato dopo l’alluvione del 1966 quando, per conto del Pri, cominciò a seguire i lavori parlamentari della legge speciale, che sarà approvata nel 1973, e poi, soprattutto, partecipando alla complessa vicenda dei piani particolareggiati del centro storico di Venezia, di cui ha già dato conto Eddy Salzano. Si occupò di urbanistica da tutti i punti di vista. Un impegno inscindibile dall’altra grande passione della sua vita, quella per la politica.

Solo per comodità, espongo il mio intervento secondo i seguenti punti:

- esperienze di pianificazione

- Gigi “legislatore”

- Gigi studioso.

Esperienze di pianificazione

Mi riferisco a quelle condotte personalmente, nella qualità di urbanista.

E qui, secondo me, è necessaria una parentesi per affrontare la questione della qualificazione professionale di Gigi. Sono convinto che gli spetti a pieno titolo la qualifica di urbanista. Della materia urbanistica sapeva tutto. Non solo relativamente al diritto, alle leggi, alle norme, aspetti legati ai suoi studi giuridici, ma era anche padrone delle componenti tecniche e specialistiche spesso più e meglio dei laureati in discipline (architettura, ingegneria) direttamente attinenti all’organizzazione del territorio. Non so se esiste l’istituto della laurea honoris causa alla memoria, propongo comunque ai presenti – e in particolare ai docenti dell’Iuav – di attivarsi in proposito. A Gigi è dovuto. Sapete quanto soffriva per non essere laureato.

Ritorno alle esperienze di pianificazione che lo videro attore protagonista. Cominciando da Venezia e dalla laguna, realtà che nessuno conosceva come lui – dalla storia all’idraulica, dalla letteratura all’arte, all’economia – e alla quale ha dato il meglio di sé. Del rapporto di Gigi con l’urbanistica veneziana ha trattato Salzano e altre volte ne ha raccontato Edgarda Feletti.

Per quanto mi riguarda, mi limito a ricordare che Gigi collaborò, dal 1977 al 1980, alla formazione del piano comprensoriale di Venezia e della sua laguna, piano che avrebbe dovuto disegnare il futuro di quell’area, armonizzandone, come previsto dalla legge, la salvaguardia ambientale e paesaggistica con la vitalità socio-economica. Per la formazione del piano comprensoriale fu istituito un apposito ente (espresso dalla regione Veneto, dal comune di Venezia e da 15 comuni dell’entroterra), presidente Antonio Casellati. Gigi fu l’anima e il cuore di quell’esperienza. Merita di essere conosciuto in particolare il lavoro da lui condotto per far conoscere e riproporre le idee, le virtù e i valori che avevano guidato nei secoli l’esperienza della Repubblica: la centralità del sistema lagunare; l’unitarietà dello spazio litorali-laguna-entroterra; il carattere “demaniale” delle risorse territoriali. Devo anche ricordare che, grazie proprio alla competenza di Gigi e alla sua inesauribile capacità di lavoro, il piano comprensoriale fu redatto in meno di due anni, in una situazione di permanente instabilità politica. Ma finì in un cassetto, perché sgradito al potere, specialmente a Gianni De Michelis, allora il più autorevole esponente politico veneziano.

Una data importante nella vita di Gigi è il 1987 quando, lasciato il mondo della cooperazione, affrontò con irriducibile entusiasmo una faticosa e difficile attività di libero professionista. Da allora lo troviamo componente di gruppi di lavoro incaricati di preparare piani urbanistici. A lui spettava di curare la stesura delle norme tecniche di attuazione ma, per le ragioni dette prima, per le sue sterminate conoscenze e per la passione che lo animava, finiva con l’assumere un ruolo decisivo nell’intero processo di pianificazione. Resta comunque insuperato il suo magistero nella stesura delle norme, Gigi è stato forse l’unica persona al mondo che ha vissuto (in verità, poco e male) scrivendo gli apparati giuridici dei piani urbanistici.

Dal 1994 ha collaborato con il comune di Napoli. Quando fui amministratore della città, chiesi subito aiuto a Gigi, che si dedicò con fervore a un lavoro oscuro, faticoso, ma determinante per l’urbanistica partenopea. Dimostrò, insieme alle capacità già note, un’attitudine sorprendente e commovente a farsi carico di tutto. Stava a Napoli spessissimo, stabilì rapporti di eccellente collaborazione con i pochi, bravissimi, funzionari e operatori con i quali cercavamo di andare avanti. Devo almeno citare il suo impegno per il nuovo piano regolatore al quale si dedicò senza risparmio, curando specialmente la disciplina del centro storico, alla quale contribuì poi anche Edgarda Feletti, che portò a Napoli l’esperienza maturata nella formazione del piano della città storica di Venezia.

Impossibile qui dar conto della sua vastissima attività professionale, dal piano paesistico dell’Emilia Romagna – di cui fu l’ispiratore e l’artefice fondamentale – ai piani regolatori di Pisa, Positano, Eboli, Carpi, Duino Aurisina, Imola, Sesto Fiorentino, Lastra a Signa, ai piani provinciali di Salerno, La Spezia, Lucca, Pisa, Foggia, al piano di assetto del parco regionale di Veio. Ed è un elenco certamente incompleto. In alcuni casi si fece personalmente carico addirittura di elaborazioni tecniche specialistiche, come nel caso della disciplina del centro storico di Lastra a Signa con il metodo dell’analisi e della classificazione tipologica degli immobili.

Ma non fu mai un tecnico asservito alla politica, e quindi pronto a sottoscrivere qualunque scelta politica e ogni tipo di operazione. Il suo fu un atteggiamento non consueto nel mondo professionale, che spesso lo indusse a interrompere la collaborazione con amministrazioni di cui non condivideva gli obiettivi. Mentre, al contrario, moltiplicava la passione per il lavoro quando la committenza pubblica condivideva le sue stesse concezioni politiche e culturali. Al riguardo non va dimenticato lo straordinario rapporto politico e umano che Scano stabilì con Carlo Moscardini, sindaco di Lastra a Signa e con Gerardo Rosania, sindaco di Eboli, noto per aver lottato senza tregua contro la speculazione malavitosa e per aver demolito, dal 1998 al 2000, ben 450 costruzioni abusive nella pineta demaniale, lungo la costa, superando difficoltà immani. Ancora recentemente, in un convegno pubblico, a Napoli, in occasione dell’orrendo disegno di legge della regione Campania sul piano casa, Rosania ha ricordato l’importanza che ha avuto Gigi nelle sua esperienza di amministratore.

Gigi “legislatore”

Comincio dall’Inu. Come sapete, Gigi si occupò a lungo dell’Istituto nazionale di urbanistica nel cui consiglio direttivo nazionale fu eletto nel 1980 e confermato per oltre un decennio, svolgendovi un ruolo centrale, come coordinatore della commissione giuridica e quindi autore delle successive proposte di legge dell’Inu sull’urbanistica o, più precisamente, sul regime degli immobili. All’inizio degli anni Novanta, quando l’istituto cominciò a spostarsi su posizioni sempre più lontane da quelle che avevamo contribuito a definire negli anni precedenti e che infine fu indotto a collocarsi accanto alla destra di Berlusconi, Gigi decise di abbandonare l’Inu e di fondare una nuova associazione, “di tendenza”, non appesantita da problemi di gestione e di funzionamento. Nacque così, nel marzo del 1992, l’associazione Polis Insieme a Gigi, fondatori furono Roberto Badas, Silvano Bassetti, Felicia Bottino, Teresa Cannarozzo, Antonio Casellati, Antonio Cederna, Filippo Ciccone, Vezio De Lucia, Antonio Iannello, Edoardo Salzano, Walter Tocci, Mariarosa Vittadini.

Gigi fu subito eletto segretario, con poteri sostanzialmente monocratici. In effetti, per un lungo periodo, condusse l’associazione quasi da solo, scrivendo centinaia di documenti, appelli alle autorità, denunce, comunicati stampa. Ma soprattutto Gigi dispiegò in Polis, in assoluta e indiscussa libertà, la sua tormentata attitudine a produrre testi di legge. Non smise mai, fino alla fine, di proporre norme di riforma urbanistica, a scala nazionale e regionale, testi talvolta ripresi da parlamentari ambientalisti e di sinistra.

Credo che sia giusto ricordare il testo della Proposta di legge in materia di governo del territorio presentata a Venezia nell’ottobre del 1992 in occasione del convegno sui cinquant’anni della legge urbanistica. Una proposta organica, terribilmente completa (96 articoli), che va dalle competenze dello Stato in materia di tutele (dell’integrità fisica e dell’identità culturale del territorio: è di Gigi questa formula che avrà una meritata fortuna), al riordinamento dei ministeri, dalle competenze delle regioni e degli enti locali al contenuto del diritto di proprietà, dalle espropriazioni alla riforma del regime tributario degli immobili. Insomma, un pezzo della riforma dello Stato. Le oltre 100 pagine della relazione sono un repertorio non solo di conoscenza storica, ma di sapienza riformatrice, alla quale si può continuare ad attingere.

Anche per conto di Italia Nostra Gigi elaborò proposte di riforma legislativa, negli anni della presidenza di Desideria Pasolini dall’Onda. Importante soprattutto l’articolato di legge da lui curato relativo alla Tutela dello spazio agricolo e naturale predisposto all’inizio del 2005 a conclusione di un ciclo di iniziative dell’associazione sul paesaggio agrario. Obiettivo del disegno di legge era lo stop al consumo del suolo, e allora l’argomento era del tutto inedito.

La proposta, molto in sintesi, è basata sulla necessità di riconoscere qualità di bene culturale al territorio non urbanizzato, sia esso in prevalente condizione naturale sia destinato alla produzione agricola o forestale, inserendolo nella lista delle categorie di beni tutelati della legge Galasso.

L’amore per il diritto e la sua indiscussa capacità a elaborare testi legislativi (contribuì tra l’altro, sotto varie forme, alla predisposizione di leggi urbanistiche regionali per l’Umbria, la Toscana, il Lazio, il Veneto) portarono Gigi a collaborare con Antonio Cederna, parlamentare della sinistra indipendente dal 1987 al 1992. “Licurgo, il legislatore” così Cederna definì Gigi, che lavorò con lui a due leggi fondamentali: sulla difesa del suolo e su Roma capitale. Lo stesso Gigi ne ha dato conto nel suo contributo al volume Un italiano scomodo. Attualità e necessità di Antonio Cederna, del 2007. È l’ultimo suo scritto importante ed è una preziosa testimonianza dell’operativo sodalizio che si era stabilito fra loro. Gigi dà conto anche della proposta di legge Cederna del 1991 per la salvaguardia di Venezia e della sua laguna, che però non riuscì neppure a iniziare l’iter parlamentare, e si dispiace di non aver condiviso il favore di Cederna per la legge del 1991 in materia di aree protette. Soprattutto Gigi contestava, e a ragione, la prescrizione che i piani di assetto delle aree protette siano sostitutivi (sostitutivi, non prevalenti) di ogni altra forma di pianificazione: con la conseguenza inammissibile che le decisioni di istituzioni elettive – consigli provinciali e comunali, per esempio – possono essere azzerate da quelle di organi elettivi di secondo grado.

Gigi studioso

Lascia due libri, rispetto ai tanti che poteva scrivere: accanto a Venezia: terra e acqua, un altro libro scritto insieme a Filippo Ciccone, I piani paesistici. Le innovazioni dei sistemi di pianificazione dopo la legge 431, del 1986 (prima edizione) e 1988 (seconda edizione rivista e ampliata). Gigi curò gli aspetti legislativi, di storia della legislazione e di giurisprudenza costituzionale. Resta incompiuto un lavoro ampio e documentato, reperibile su eddyburg, titolato I beni ambientali e il paesaggio nell’evoluzione della legislazione italiana che ricostruisce le vicende della tutela del paesaggio dalla legge sulle bellezze naturali del 1912 fino al testo unico dei beni culturali del 1999, con un’accurata rassegna della legislazione regionale.

Si pone qui la questione delle carte di Gigi. I suoi scritti in materia di urbanistica sono abbastanza noti anche perché elaborati nell’ambito di gruppi di lavoro e di attività collettive. Molto meno note, o addirittura sconosciute, le carte di Gigi politologo. In altra occasione ho citato la relazione tenuta nel 2000 a un convegno a Eboli per conto di Polis su “Il governo pubblico del territorio e la qualità sociale”, la cui prima parte – tutta di riflessioni politiche che spaziano dalla globalizzazione alla crisi della politica progressista – mi disse che era la sintesi di un testo molto più ampio al quale stava lavorando.

Concludo con un ricordo personale. Gigi, orgoglioso di essere repubblicano storico, con una punta di civetteria si definiva girondino. Poco più di venti anni fa, in occasione del duecentesimo anniversario della Rivoluzione francese, il quotidiano la Repubblica pubblicò dei pregevoli inserti che celebravano l’evento. Storie e cronache erano accompagnate da un’intervista di Lucio Caracciolo allo storico Lucio Villari. A un certo punto, Caracciolo chiede quali erano le radici del pensiero di Robespierre, le coordinate della sua missione politica, e Villari risponde che il principio che fa da perno al pensiero del grande rivoluzionario francese, è il seguente: “Il buon governo consiste nella soggezione dell’interesse privato a quello pubblico”. E Villari aggiunge: “È questo, solo questo, il fondamento della democrazia moderna”.

Verificai allora che Gigi la pensava come Robespierre. È sempre stato un giacobino …

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