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Luca Rastello
L'Italia andrà veloce?
11 Dicembre 2005
Articoli del 2004
Con tono autoironicamente futurista-marinettiano, il supplemento femminile di un quotidiano informa (anche se in modo parziale) su qualche pro e qualche contro dell'Alta Velocità ferroviaria. Da: D, La Repubblica delle Donne, 4 dicembre 2004 (fb)

C’è qualcosa di nuovo nel panorama, anzi di antico: il cemento armato. Disteso sulla pianura padana e lungo l’Appennino, a tonnellate, per disegnare il futuro ideale del viaggiatore, merce o essere umano (o entrambi) che sia: l’alta velocità.

Trattandosi di cemento, forse parlare di paesaggio suona un tantino blasfemo, ma il disegno della ferrovia veloce si dispone lungo linee sinuose, curve affascinanti, architetture potenti e aggressive ma non prive di grazia, come quelle specie di colonne doriche d’epoca titanica distese a una ventina di metri d’altezza a nascondere le montagne parmensi agli occhi di chi smadonna e scarbura sulla Via Emilia: sono le barriere antirumore fra cui sfreccerà, a mezz’aria, l’Eurostar dell’avvenire. E al diavolo i poeti e i passatisti: anche un fanatico demodé del cipressetto e del declivio verdeggiante non potrà negare che il maccherone metafisico color Milano coricato nella piana è bello. Bello: di una sua virile bellezza calcestruzza, montata su pilastri tanto eleganti da sembrare agili a dispetto del tonnellaggio. Linee poderose per descrivere un sogno: attraversare la penisola in poche ore e decongestionare il traffico micidiale che paralizza l’economia italiana e massacra le arterie degli italiani.

Un sogno che ha ormai dimensioni concrete, ben delineate nel piano e nelle cifre pubblicate da Tav spa, la società della Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) dedicata all’alta velocità: sono già in costruzione circa 630 chilometri di nuovi binari sulla direttrice Torino-Milano-Napoli e sono in corso di progettazione linee ad alta velocità per 250 km fra Milano e Padova e fra Genova e la rete padana, attraverso il “terzo valico”. Non è tutto: a completare la rete andranno altri 250 km sulla direttrice Firenze-Roma, in corso di adeguamento, e oltre 750 km previsti da Rfi, che se ne assumerà direttamente la realizzazione: verso nord, fra Padova e Mestre (dove sono già in corso i lavori) e successiva mente attraverso i valichi alpini per potenziare i collegamenti con l’Europa; e verso sud, tra Napoli e Bari, tra Napoli e Reggio Calabria e verso Messina e Palermo.

A oggi, punta di diamante del progetto Alta Velocità è il cantiere della linea Torino-Novara, in procinto di essere consegnata alla Rfi dai contractor (il consorzio CavToMi, a guida Impregilo, società del gruppo Gemina); in primo luogo perché sarà la prima tratta a entrare in esercizio, se come sembra saranno rispettati i tempi previsti (30 ottobre 2005). Ce lo descrive, con il giusto orgoglio, l’ingegner Luciano Ciapponi, direttore generale del Consorzio: “È il cantiere più grande d’Europa, per uomini impegnati (fino a 6500) e per fatturato (dell’ordine di 130 milioni di euro). Ha comportato circa 5000 espropri, perché attraversa zone altamente abitate, ma complessivamente non abbiamo avuto più di 7, 8 ricorsi al Tar. Anche questo è un segnale dello scrupolo e della correttezza con cui si è proceduto”.

Al consorzio è anche toccata la realizzazione di 86 scavalchi autostradali, dato che la linea Tav corre parallela all’autostrada Torino-Milano, di nuove strade di accesso, e di due viadotti da innestare a Novara, dove l’autostrada è costretta dalla ferrovia a deviare il suo corso: un totale di 450 km di nuova viabilità. Anche se Ciapponi non lo dice, vale la pena di sottolineare che il tempo servito per i lavori - due anni e mezzo - è esatta mente la metà di quello che è stato necessario per le autorizzazioni: ingegnere batte burocrate 2 a l.

Se non il paesaggio, non c’è dubbio che al CavToMi stia a cuore l’ambiente. L’ingegner Lara Capitini, responsabile dell’impatto ambientale spiega: “Il cantiere taglia un reticolo irriguo complesso e delicato, con due zone critiche particolari: l’area delle risaie e, in prospettiva, il parco del Ticino. Per garantire la continuità dell’irriguo, abbiamo realizzato 420 tombini di dimensioni singolari, 2 metri per 2, per permettere ispezioni”. “Sono vere opere d’arte”, aggiunge Ciapponi, “almeno per un ingegnere, e ci permettono di ricucire l’ambiente, dopo il ‘taglio’ dei lavori”. Particolare attenzione è data poi al monitoraggio dell’acqua, all’atmosfera e all’impatto delle vibrazioni, oltre che alla gestione dei rifiuti. Nella speranza di offrire risposte convincenti alle mobilitazioni ecologiste che accompagnano l’intera storia del Tav. Eppure, almeno nelle intenzioni, l’intero progetto Tav dovrebbe avere una valenza ecologica, al di là dei problemi d’impatto ambientale causati dai lavori. La sua finalità reale, infatti, è decongestionare il sistema dei trasporti nazionali, il cui squilibrio in favore della rete stradale e del trasporto su gomma è evidente, ai limiti della catastrofe per costi ambientali, sociali ed economici.


L'immagine di "copertina" non è (abbastanza ovviamente) tratta da "D", ma era un implicito commento di Eddyburg al tema dell'articolo

Secondo i dati del ministero dei Trasporti, la curva del traffico su strada ha avuto un’impennata impressionante nel decennio scorso. Complessivamente, nel 2001, il 92,8% del traffico passeggeri totale interno si è svolto su gomma, contro il 5,6% su rotaia. Notevole lo squilibrio anche nel settore merci, con la quota dell’autotrasporto al 66,6%, seguita dal trasporto marittimo al 22% e poi dalla ferrovia (11,1 %). Il riequilibrio del sistema dei trasporti è fra i principali obietti vi di Rfi: alleggerire le linee esistenti e consentire la circolazione in condizioni di massima sicurezza di un numero di treni quasi doppio rispetto all’attuale. “Concepite secondo standard tecnologici all’avanguardia e in conformità alle direttive europee”, si legge nella presentazione del progetto Tav disponibile in rete, “le linee veloci saranno dedicate al trasporto di passeggeri e merci sulle lunghe e medie distanze”. “È più corretto parlare di alta capacità, che di alta velocità”, chiarisce Ciapponi: “Il sistema italiano differisce da quello francese che dedica l’alta velocità solo ai passeggeri: il nostro obiettivo è un trasporto misto su linee che garantiscono una velocità di progetto di 300 km all’ora e una velocità reale d’esercizio intorno ai 250 km all’ora. E se in questo modo eliminassimo il 30, 40% del tra sporto su gomma di lungo tragitto, avremmo grandi risultati ambientali”.

Ambizioni sulle quali provvede a spargere qualche dubbio Sergio Bologna , tra i massimi esperti italiani di trasporti, già consulente dei governi di centro sinistra, membro di Round Table 125, organismo di consulenza Ocse sui trasporti e di recente coautore del volume di riferimento in materia: European Integration of Rail Freight Transport edito dalla Conferenza europea dei ministri dei Trasporti. “Innanzitutto -spiega Bologna - le alte velocità sono poco adatte al trasporto merci: un cargo che aumenta la sua velocità da 80 a 120 kmh aumenta i costi di manutenzione del 40%. Inoltre l’alta velocità non è utilizzabile per molte merci deteriorabili o pericolose, come i materiali chimici. Ma è soprattutto l’analisi del traffico, a dirci che il trasporto trasferibile dalla strada alla ferrovia è una percentuale minima di quello attuale”.

Bologna cita una ricerca della Regione Emilia Romagna del 2002 (“finora la fonte più attendibile: i dati Istat, per esempio, considerano solo i camion italiani”) condotta at traverso 12 mila interviste a camionisti: vi si legge che 1’87% dei camion pesanti (attenzione, non si parla di furgoni o veicoli commerciali), si muove su tratte inferiori ai 200 chilometri. Il 53%, poi, si ferma sotto i 50 km. “Il tra sporto su rotaia non è flessibile: prenotare un treno può richiedere fino a sei mesi”, aggiunge Bologna, “non è adatto a questo tipo di traffico. Ciò significa che nella migliore delle ipotesi la quota di trasporto su gomma trasferibile alle ferrovie è del 17%”.

Il Tav non offre dunque grandi vantaggi? “Non esageriamo, i progressi potrebbero essere notevoli: liberando le linee secondarie dal trasporto passeggeri”, secondo Bologna, “sarà possibile una maggiore organizzazione”. I convogli merci viaggiano oggi a una velocità media di 18 chilometri l’ora, più o meno come un rompighiaccio in servizio oltre il circolo polare: la causa è la precedenza obbligatoria dovuta ai convogli passeggeri. Il Tav, correndo su rotaie proprie, eliminerebbe almeno questo inconveniente. In ogni caso, alla faccia degli “standard tecnologici”, il trasporto su gomma resta un nodo difficilmente risolvi bile con i progetti della nuova ferrovia. Appena si parla di merci si incontrano i veri problemi, tanto che lo stesso Amministratore delegato delle ferrovie Elio Catania individua nel settore Cargo, definito dal Sole 24 Ore “una zavorra capace di trascinare a fondo Trenitalia e tutto il gruppo”, il punto cruciale del suo piano di risanamento. Catania individua nello sviluppo della logistica come capacità di integrazione di diverse modalità di trasporto, di fare alleanze anche internazionali, di realizzare infrastrutture (valichi, porti, terminali) il fronte della sfida per il risanamento di Trenitalia (obiettivo il pareggio di bilancio anticipato al 2006). E a fare in parte le spese della “ottimizzazione” dell’ Amministratore delegato sarà proprio il sogno dell’alta velocità: a fronte dell’accelerazione dei lavori sulle tratte Torino-Novara e Roma-Napoli, resta infatti incerto il destino dei finanziamenti per le non meno strategiche linee Milano-Verona-Padova e Milano-Genova. Con tanti saluti ai decantati destini strategici del “corridoio 5” attraverso il norditalia e del “corridoio dei due mari” fra Genova e Anversa.

Come dire che l’alta capacità rischia di somigliare al comunismo: il paradiso delle generazioni future, l’inferno di quelle presenti. Tanto più se, come è lecito supporre, le cifre già drammatiche del trasporto stradale dovessero aumentare fra qui e il 2012 (entrata in esercizio prevista dell’Alta capacità MilanoPadova): un calvario di cantieri autostradali, ritardi sulle linee, carenze di servizio, che viene raccontato con sempre maggior frequenza sui giornali alla voce “rivolte dei pendolari”. Siamo disposti al sacrificio, in nome di un futuro che renda integrato e competitivo in Europa il sistema del trasporti italiano? Certo che sì, anche se qualche problema emerge anche nell’ipotesi del paradiso della Tav realizzata. “La vera criticità - avverte ancora Sergio Bologna - è la questione dei terminal: una volta liberate le linee e snellito il trasporto su rotaia non avremo dove ricoverare i treni. Il desiderio di avere più merci su rotaia, si traduce nella necessità di costruire più terminai: in questo senso la situazione è destinata ad aggravarsi”. In effetti per le operazioni di carico e scarico di un grande convoglio merci possono essere necessarie anche sei ore. Non solo, è ormai acquisito che il trasporto intermodale (trasporto di container che possono essere trasferiti su diversi supporti: rotaia, gomma, acqua) supera ormai quello convenzionale (treni merci): e questo richiede terminali adeguati. Rfi ne prevede tre, nelle aree di Milano, Roma, Napoli, ma non si sa per quando. “La Germania - dice Bologna - ha lo stesso tipo di problemi che abbiamo noi, legati a un sistema industriale diffuso sul territorio che intasa la viabilità. Ma si è attrezzata, e oggi ci insegna ciò che avremmo potuto fare: potenziare i porti con infrastrutture ferroviarie. Fra il 2000 e il 2002 Amburgo, ma anche Rotterdam e Anversa, hanno costruito megaterminal da 55, 60 treni al giorno. E con questo hanno sottratto al nostro Paese quello che doveva essere il suo business naturale, il traffico dal lontano Oriente. Dalla Cina arrivano navi da 5000 container: bene, o c’è qualcuno che li porta via in fretta, e solo il treno può farlo, o i porti si intasano. In questa situazione, per le navi che escono dal canale di Suez fermarsi nei nostri porti è impossibile. Per non perdere tempo gli conviene sobbarcarsi altri 5 giorni di navigazione e puntare al mare del Nord”.

Mentre la politica italiana nutre i cittadini con l’idea dei “corridoi” e sogna soluzioni a 300 kmh, il mondo si sta in somma attrezzando in un’altra direzione. È giusto credere che l’Alta velocità, o Alta capacità che dir si voglia, sia una delle misure indispensabili per risolvere il grande ingorgo che è diventata l’Italia. Ma senza dimenticare la legge ricorsiva che il matematico Douglas Hofstadter formulò così: “Ci vuole sempre più tempo del previsto, anche tenendo conto della legge di Hofstadter”.

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