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Paolo Berdini
L'intellettuale che sapeva dire no
28 Agosto 2006
Scritti su Cederna
… ma sapeva proporre e costruire. I progetti per Roma di Antonio Cederna. Dal Corriere della Sera, Roma, 28 agosto 2006

Scrivo sempre la stessa cosa”. Si schermiva così Antonio Cederna quando lo chiamavi per fargli i complimenti per l’efficacia di un suo articolo che ti aveva colpito più degli altri. La voce aveva la stessa impostazione di quando declamava a memoria i brani di poesia e letteratura classica da lui più amata. E forse aveva ragione, perchè dietro ai suoi scritti e alle sue invettive appariva sempre un’identica tensione per i destini del paesaggio, del patrimonio storico e artistico italiano. Sempre la stessa cosa.

Un compito scomodo, da portare avanti controcorrente. Erano sempre in agguato gli “etichettatori” scaltri, bravi nel dipingere a tinte fosche le opinioni altrui. Così nell’immaginario di molti passava per il severo censore che diceva sempre no. L’esatto contrario della verità. E’ certo vero che da rigoroso uomo di cultura qual’era sapeva dire no. Alle fameliche speculazioni edilizie e agli sfregi al patrimonio culturale. Ma se si guarda alla sua opera è facile scorgere una grande capacità di formulare obiettivi, di fornire proposte, di disegnare orizzonti.

Fu lui, quando negli anni ’90 sedeva nella Camera dei Deputati, a presentare il più organico e convincente progetto per “Roma capitale”. Erano essenziali –ma quanto complesse!- le proposte che aveva elaborato per la città a cui dedicò molta parte della sua opera. Il parco archeologico dei Fori imperiali che vedeva come il motore del cambiamento della città. Un grande spazio nel centro della città da lasciare al silenzio indispensabile per godere dell’incomparabile stratificazione storica e culturale del luogo. Senza più automobili, senza più la tronfia offesa di via dei Fori imperiali. Un progetto che avrebbe cambiato il destino del centro storico e, insieme al potenziamento dell’offerta museale, fatto diventare Roma capitale della cultura mondiale.

Il secondo progetto riguardava la realizzazione del sistema dei parchi urbani da realizzare nelle periferie per preservare natura e storia, quell’inscindibile connubio che contraddistingue la meravigliosa campagna romana. Ad iniziare dall’Appia antica a cui, dopo decenni di denunce, aveva dedicato gli ultimi anni del suo impegno quale presidente del Parco. Ancora, il recupero delle periferie da ottenere con il trasferimento dei Ministeri dal centro storico e con la fine dell’interminabile espansione edilizia della città. Infine, la realizzazione di una moderna rete su ferro che consentisse di diminuire gli effetti devastanti sulla salute dei cittadini e sui monumenti dei due milioni e mezzo di veicoli che ogni giorno intasano le strade della città. Un grande progetto urbanistico. Cederna era un archeologo, ma la sua cultura urbana e la sua curiosità verso quanto di nuovo e di bello avveniva nelle città del mondo era ineguagliabile.

Quella stessa sensibilità e cultura che gli permisero nei primi anni ’90, quando era consigliere comunale di Roma, di proporre la realizzazione del nuovo Auditorium al Flaminio così da evitare la compromissione della più centrale area del Borghetto Flaminio su cui allora sembravano essersi concentrati unanimi consensi. O le tante proposte, non solo no, elaborate con Italia Nostra.

Dopo tanti anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 27 agosto 1996, ciascuno di noi po’ tentare un bilancio, per quanto parziale e frammentario, dell’esito delle proposte di Cederna. Cogliendo le luci, quali ad esempio la realizzazione della rete dei parchi urbani e di tanti nuovi musei, ad iniziare da Palazzo Altemps, con la collezione Ludovisi, per il quale si era tanto battuto e che non riuscì a veder completato. E vedendo le ombre, ad iniziare dalla inarrestabile espansione urbana in atto e dalla morta gora in cui sembra essersi tristemente avviato il progetto dei Fori centrali. Si può essere certi che avrebbe saputo dare atto pubblicamente dei risultati raggiunti. E continuato a battersi per far sparire le ombre. Per far affermare la cultura della tutela. A dieci anni di distanza manca la sua voce che diceva sempre la stessa cosa.

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