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Vittorio Emiliani
Quelle baruffe all’ombra di Cederna
24 Febbraio 2011
Scritti su Cederna
Il commento alle ultime esternazioni degli “aggiornatori” di Cederna, “modernisti”, “garantisti”, forse anche futuristi, chissà! Da l’Unità, 24 febbraio 2011 (m.p.g.)

Sembrava che, con la saggia decisione di Electa di ritirare il contestatissimo libro di scritti lombardi di Antonio Cederna inframmezzato di testi critici verso di lui, le acque si fossero placate. La richiesta dei figli Cederna e di un folto gruppo di estimatori e amici di togliere dalle librerie quell’improvvida pubblicazione era stata accolta dall’editore. Rimaneva la brutta figura del suo promotore, il presidente lombardo di Italia Nostra, Santambrogio (ex assessore leghista della Giunta Formentini) e anche di quei dirigenti i quali avevano fieramente condannato l’ “illiberale” appello per il ritiro. Subito dopo, vi sono state le dimissioni da consigliere nazionale di Italia Nostra di uno dei più noti e rigorosi urbanisti, Vezio De Lucia, il quale accusa i promotori del libro di “revisionismo”, cioè di arrendevolezza verso la politica di deregulation urbanistica massicciamente in atto in Lombardia (uno dei due scritti incriminati non ribadisce forse il pieno sostegno all’orrendo parcheggio sotterraneo davanti a Sant’Ambrogio?). Apriti cielo.

Sul Corriere della Sera di lunedì 21 Paolo Conti ha disegnato un quadro imparziale dei contrasti («Quel libro che dilania Italia Nostra») dando voce, giustamente, ad alcuni “garantisti”. In prima fila Carlo Ripa di Meana che tuona, o tromboneggia: «Qui si rischia un processo per mancata ortodossia! Mi pare che qualcuno abbia perso la testa, e penso alla presidenza». Altri parlano di «dogmi e anatemi degni della Cuba comunista», di rogo dei libri, un’apocalisse. Il vice-presidente Nicola Caracciolo proclama: «Nessuno psicologo si sogna oggi di ritenere Freud intoccabile» e quindi nemmeno Cederna lo è. E Ripa di Meana cala l’asso: la presidente Alessandra Mottola Molfino vuole un’Italia Nostra «strumentalizzata dalla sinistra» (ma lui, non è stato anche in Rifondazione Comunista?). «Siamo alle comiche finali», chiosa amaro Giulio Cederna in una caustica, tagliente lettera apparsa mercoledì su Eddyburg. Immagina il padre aggirarsi per casa con gli occhiali inforcati, in mano il libro «che porta indegnamente la sua firma», «folgorato sulla Via Gluck dalle tesi dei suoi detrattori», sbottare: «Cribbio, una vita spesa a scrivere sempre lo stesso articolo e non avevo capito niente!».

Giustamente Giulio ribadisce di aver semplicemente chiesto, coi fratelli Giuseppe e Camilla, di «rispettare le persone, a maggior ragione se defunte, la loro memoria, il loro pensiero». È anche l’obiezione di noi per tanti anni sodali di Antonio: lor signori ritengono “superato” il pensiero di Cederna e vogliono scriverci un saggio? Chi glielo impedisce? Si accomodino. Ma perché impastare una sua antologia con alcuni pareri contrari? Ha ragione Giulio Cederna: «In altre parole, si gioca col morto». Senza contraddittorio. Che volgarità.

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