Titolo originale: The Incredible Shrinking Box: Retailers shape stores to fit urban settings – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini
Negli ultimissimi anni si è verificata una vera e propria fuga di americani verso città e vecchi suburbi interni, alla ricerca di tempi di pendolarismo più brevi e di cose più piacevoli da fare. Ma poi finiscono sempre per passare i sabati proprio nel posto che avevano tentato di lasciarsi alle spalle: i nuovi sobborghi.
Perché comprare le provviste di una settimana a prezzi bassi significa andare là fuori, dove i giganti della distribuzione piantano le proprie classiche, gigantesche superfici. E lo stesso vale per i casalinghi, materiali per l’edilizia, articoli di drogheria: i cittadini devono mettersi in coda sugli svincoli delle superstrade in periferia, per comprare quello di cui hanno bisogno. Questo perché, per anni, le condizioni demografiche proprio non ideali e i vincoli fisici dei quartieri più centrali delle città hanno tenuto lontani i commercianti. Anche nei vecchi sobborghi si sono visti i punti vendita delle strade commerciali impallidire poco a poco mentre le grandi catene risucchiavano risorse verso i pascoli più esterni.
Ora, con le aree interne che attirano nuovi abitanti, sta emergendo una nuova generazione di complessi commerciali mixed-use di alta qualità. A partire da Atlanta, dove uno dei più importanti progetti di riuso nella storia della città, porterà in centro l’IKEA e una serie di altri negozi; a Chicago, col primo punto vendita Home Depot multipiano; a Washington, D.C. col suo rinascimento commerciale, dove i grandi operatori stanno scoprendo in modo massiccio vecchi e nuovi quartieri.
A spingere in questa direzione sono saggi amministratori locali che hanno capito come nei quartieri urbani e sobborghi più interni attirare grandi operatori commerciali e mescolarli adeguatamente insediamenti residenziali possa rivitalizzare le città. E alcuni stanno rispondendo, entrando con le proprie attività in questi quartieri, e non solo vicino alle rampe della superstrada.
Questo nuovo tipo di flessibilità ha effetti sulle città del Michigan che tentano di rivitalizzare o tutelare i propri centri. Per offrire una vera percorribilità pedonale, tanto agognata dai residenti, città diversissime come Detroit, Grand Rapids, Ann Arbor, Troy, Flint, o Traverse City hanno bisogno di accessibili negozi alimentari, di ferramenta e casalinghi, di abbigliamento.
Ma il crescente interesse delle grandi catene per le zone centrali può anche avere effetti sulla pure crescente resistenza alla realizzazione di big-box nelle aree rurali. Per esempio, dopo una recente sentenza favorevole del tribunale, un gruppo di residenti e consiglieri di Acme Township, poco a est di Traverse City, sta lavorando per convincere la Meijer, Inc. a mettere da parte il progetto di un altro scatolone da oltre 20.000 metri quadrati in mezzo a un campo, e costruire invece un punto vendita su due piani, con parcheggio incorporato, nel mezzo di un complesso urbano di tipo new urbanist da tempo previsto nel piano regolatore della città in una zona appena oltre la strada. Questo nuovo centro comprenderebbe centinaia di abitazioni singole, condomini, vari negozi, uffici e un parco.
Segnali sorprendenti
Uno dei segnali più decisi di quanto fondamentale si possa rivelare questa evoluzione della dottrina commerciale “solo big-box” viene dallo International Council of Shopping Centers lo scorso dicembre. Robert Stoker, responsabile immobiliare della Wal-Mart Stores, Inc., ha dichiarato: “Abbiamo raggiunto uno stadio in cui possiamo essere flessibili. Non siamo più obbligati a costruire scatoloni ammiraglie grigio-blu”.
Stoker ha citato parecchi esempi nel mondo di grandi complessi commerciali che hanno adattato la formula di progetto, un tempo rigida, per adeguarla ai quartieri esistenti, ai nuovi insediamenti mixed use, e anche a strutture sviluppate in altezza. Per il mondo dell’edilizia commerciale, è un po’ come se il Papa avesse cambiato il testo del Padre Nostro.
Wal-Mart non è sola nella volontà di adattarsi ad ambienti più urbani, dopo aver rifiutato a lungo di allontanarsi da una formula mantenuta sin dagli anni ‘60: un edificio a un solo piano su una grande strada di comunicazione, circondato da asfalto.
“Nel 1960, con ventimila metri quadrati di superficie commerciale, si occupavano complessivamente circa 5.000 mq in un edificio multipiano” dice Ed McMahon, membro anziano dello Urban Land Institute autore di numerosi articoli sulle tendenze della progettazione commerciale. “Sino a tempi molto recenti, quegli stessi ventimila metri quadrati sarebbero stati su un solo livello, più altri otto ettari per i parcheggi”.
Un altro grosso operatore commerciale, la Target Corporation, è stato fra i primi a utilizzare un modello più compatto. Il negozio immagine della compagnia a Minneapolis è su quattro livelli, e ce ne sono altri a due piani con parcheggi incorporati a Atlanta, Gaithersburg nel Maryland, e altri luoghi. La Home Depot di recente ha aperto un negozio su tre piani in centro a Chicago. La Wal-Mart ha un punto vendita su due piani in un complesso mixed-use a Long Beach in California, e sta per entrare in altri due piani in un altro mixed-use sviluppato in altezza a Rego, New York.
I complessi urbani a funzioni miste spuntano un po’ dappertutto, racconta Cindy Stewart, direttrice per i rapporti con le amministrazioni locali allo International Council for Shopping Centers. “Si vedono ancora realizzati i tipi del lifestyle e power centers, ma gli operatori stanno entrando nel mercato urbano, in progetti che contengono anche residenze, dato che c’è un forte bisogno di entrambi”.
Perchè funziona
Anche se costruire all’interno dei quartieri richiede un ripensamento delle architetture, dell’occupazione di superfici, di come organizzare i punti di carico scarico o schermare i parcheggi, McMahon sostiene che ne vale la pena: i punti vendita in città spesso funzionano meglio dei loro corrispondenti suburbani. Sempre più operatori riconoscono quello che viene definito il dividendo della qualità spaziale: “La gente sta più a lungo e spende di più, nei posti che si sanno guadagnare affetto. Le fasce commerciali sono il tipo del secolo scorso, mentre il mixed use è l’ambiente adatto a questo secolo”.
La signora Stewart elenca due ragioni per cui i big box si stanno riplasmando in formati da centro città.
“I suburbi sono saturi” dice, “i costruttori e commercianti sono alle ricerca di nuovi mercati, e questi sono i vecchi spazi che hanno bisogno di una rinascita. Nel caso di aree nuove ci sono molte norme da osservare, che rendono quei progetti piuttosto difficili da realizzare”.
Aggiunge, che i settori in crescita più rapida fra i membri della sua associazione commerciale sono le collaborazioni con governi locali e gruppi di cittadini per il ripristino di strutture commerciali. Alcune grandi città e suburbi di antica formazione stanno ristrutturando corridoi commerciali non solo in quanto spazi per negozi, ma ambienti urbani veri e propri: mixed use, spazi pedonali che danno la sensazione di una vecchia via principale. Esattamente quello che chiede ad esempio il piano regolatore della nostra piccola cittadina di Acme.
Gli abitanti delle aree centrali delle città del Michigan, dei suburbi interni o di quelli più remoti, hanno molto da imparare dalle più recenti collaborazioni fra città e operatori commerciali per la progettazione di ambienti di successo.
Rinascita a Washington
Una di queste collaborazioni è stata a Washington, D.C., dove sindaco e associazioni economich elocali hanno istituito il Washington, DC Marketing Center per attirare i commercianti più scettici verso i quartieri in ripresa.
“Abbiamo raccolto tutte le offerte commerciali in un unico documento” racconta Michael Stevens, direttore generale del Centro “e l’abbiamo diffuso tramite il nostro sito web. Abbiamo tutte le informazioni demografiche e sul traffico”.
Un’ampia ricerca ha rivelato che i quartieri possiedono un enorme potere d’acquisto, molto ma molto più di quanto calcolato dal censimento, e reddito superiore a quanto chiunque potesse immaginare. Ma dall’area uscivano annualmente 424 milioni di dollari (un terzo del potere d’acquisto) verso negozi collocati altrove. Così l’amministrazione ha steso un accordo per realizzare Tivoli Square, progetto che contiene un negozio Giant Foods – cosa rara in città, su 5.000 metri quadrati – il restaurato teatro Tivoli, 2.000 mq di negozi e 3.000 di uffici nei piani superiori.
Tivoli Square ha innescato il più grosso programma commerciale della zona, chiamato D.C. USA, che combina operatori regionali e nazionali con ristoranti e una grossa palestra.
Transit Village a Oakland
Un progetto per Oakland, California, sta rimediando ai danni provocati alla zona Fruitvale da anni di espansione suburbana.
“Fruitvale era diventato un quartiere assai poco attraente, e piuttosto sporco” dice Arabella Martinez, ex responsabile dell’associazione ispanica Unity Council, ente senza scopo di lucro che offre opportunità ai latino-americani nell’area della Baia.
Il viale era degradato; la vicina stazione della linea BART, circondata da ettari di parcheggi, era priva di collegamenti alla zona commerciale. L’associazione faceva pressioni sull’amministrazione per realizzare su propria iniziativa un “ transit village” nel parcheggio della BART. Si pensava che negozi e ristoranti a servizio sia del quartiere che dei pendolari avrebbero collegato stazione e zona commerciale, offrendo anche un luogo di incontro. Poi si sono aggiunte case e uffici, per aumentare l’offerta di posti di lavoro. Oggi, a realizzazione quasi completata, l’area ha cambiato aspetto.
“Si vede un incredibile numero di persone che fanno shopping, e non ci sono più le sbarre di ferro per sicurezza davanti alle vetrine” dice la signora Martinez. “Il quartiere è passato da un tasso di superfici non occupate del 40% circa nel 1990 all’1% di oggi. Tutto dimostra che la strategia di concentrarsi sul commercio ha funzionato. Sto vivendo nel mio sogno”.
Nuova vita a St. Louis Park
Se i progetti per Oakland e Washington indicano la strada per iniziative del genere a Detroit o Grand Rapids, una buona realizzazione in Minnesota potrebbe essere d’esempio a posti come Troy, o anche la piccola Acme. Entrambi mancano di un centro, e sono minacciati dallo sviluppo a sprawl.
Nei primi anni ‘90, la principale striscia commerciale di St. Louis Park era decaduta sino a diventare una fila di banchi dei pegni, negozi a credito e altre botteghe stentate. Il consiglio comunale decise che era tempo di pensare a un vero centro città.
“La gente desiderava davvero avere un luogo dove si potesse andare semplicemente per starci: un vero centro” dice Richard McLaughlin, l’architetto e urbanista che ha condotto i laboratori partecipati per il distretto commerciale con residenze e verde. La città ha ingaggiato la TOLD Development Company, che con particolare attenzione all’atmosfera commerciale ha iniziato i lavori nel 2001 per 10.000 metri quadrati di negozi e 660 unità residenziali. Il principale dell’impresa, Bob Cunningham, dice che il progetto ha ripagato.
“Quello che davvero attira le persone lì è la miscela di offerta commerciale, perché migliora la vita” dice Cunningham, e aggiunge che l’occupazione degli spazi residenziali non è mai scesa sotto il 94%.
Il mix comprende un centro daycare, Pier One Imports, ristoranti, Panera Bread, Starbucks Corporation, e boutiques locali, insieme a uno spazio farmers market e iniziative pubbliche che hanno fatto di questo spazio a verde lungo 200 metri connesso ai 12 ettari di Wolfe Park un punto focale di incontro.
La città ha sostenuto l’iniziativa realizzando piccole strutture a parcheggio condiviso, oltre a rivedere il proprio sistema di tassazione locale per sfruttare i valori immobiliari in crescita e ripagarsi gli investimenti negli spazi verdi e arredi stradali. Cunningham dice che il finanziamento è stato la parte più difficile: “Chi concede prestiti lavora su appartamenti, condomini, o commercio. La maggior parte non tratta il mixed use. Ma ora è arrivato il tempo anche per questo tipo di prodotto”.
Nota: il testo originale al sito Michigan Land Use Institute ; qui su Eddyburg, tra l'altro, esperienze analoghe descritte nel "Manuale per i centri commerciali dismessi" o nella mia nota sul piano di recupero dell'area di Greater Southdalea Edina, nella fascia metropolitana di Minneapolis (f.b.)