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Giorgio Todde
lettera al sindaco di Bosa (OR)
5 Agosto 2013
Giorgio Todde
La dichiarazione di intenti del Sindaco sviluppista di Bosa – trecentomila metri cubi in una bella cittadina che già ne ha qualcuno di troppo... >>>

La dichiarazione di intenti del Sindaco sviluppista di Bosa – trecentomila metri cubi in una bella cittadina che già ne ha qualcuno di troppo... >>>

La dichiarazione di intenti del Sindaco sviluppista di Bosa – trecentomila metri cubi in una bella cittadina che già ne ha qualcuno di troppo – provoca dolore. Sì, è doloroso ascoltare la vecchia favola della felicità attraverso il cemento, la redenzione attraverso il golf, avvilente sentire che trecentomila metri cubi “si adagiano” sui luoghi con le “parole d’ordine: qualità, eleganza, bellezza”, che a Bosa faranno “colloquiare le valenze ambientali e strategiche presenti nel contesto” mentre i villaggi e le seconde case deserte ormai non colloquiano più con nessuno, mentre rimbomba il frastuono dei crack che trascinano con sé intere comunità.

Il borgomastro di Bosa, asserragliato in una macchina del tempo, propone ai suoi cittadini di dare via perle in cambio di fondi di bottiglia e ci assicura che con trecentomila metri cubi “adagiati” qua e là saremo moderni, verdi e sostenibili. Disegna nell’aria posti di lavoro. Golf e grifoni. Golf e miniere. Golf e malvasia. E lacera – lui che dovrebbe unirla – la sua comunità per un progetto drammatico chiamato “Colores”.

Condotte immobiliare possiede 337 ettari nel territorio di Bosa. A Tentizzos-Sa Miniera, 247 ettari lungo la Bosa Alghero, una delle strade più belle dell’isola, preparano un torrido campo da golf sul mare e 75.000 impalpabili metri cubi. A Campu e mare, 17 ettari, “adagiano” 217.000 metri cubi di brutta edilizia abitativa. A Sa Sea, 73 ettari, 25.000 soavi metri cubi e alberghi che grondano stelle.

L’astuzia consiste nel tentativo di spostare a Tentizzos-Sa Miniera, dove le leggi lo vietano, un’enormità di metri cubi già autorizzati in un'altra parte. E così il Sindaco annichilerebbe tre siti al costo di uno. Un primato. Ma è un’astuzia scadente.

Ovvio che non si possa detestare l’azione di costruire in sé, ma quando costruire è un mezzo per il profitto di pochi e sperpera il bene non ripetibile della bellezza, quando costruire diviene un’azione priva di filosofia e assomiglia al gioco delle tre carte, allora la critica, il “No” e l’opposizione diventano necessari.

Il golf è salutare. Però diventa una malattia quando diciotto buche portano con sé 75.000 metri cubi. Tanto più in un luogo sublime dove ogni norma lo vieta. Lo proibiscono il piano urbanistico comunale, il Piano paesaggistico regionale, norme europee e il buonsenso. Lo sport non è il golf, lo sport è costruire. E il principio è più buche, più cemento. Però il Sindaco di Bosa dice di crederci. E coltiva una pericolosa ostilità tra chi non vuole cemento e una minoranza legata a interessi locali. I nostri Mazarò che accumulano “roba” e con la roba se ne andranno all’altro mondo avvinghiati ai loro metri cubi.

Per risolvere la crisi di un sistema morente basterebbero campi da golf e cemento sparso nei luoghi più belli? Il decotto anti-crisi del Sindaco farebbe sorridere se non fosse tossico. Dare mattoni all’agonizzante mercato del mattone è come dare droga a un drogato.

Le cicale sarde sono voraci come le altre o anche di più e a forza di spingere carriole di mattoni rimarremo poveri per sempre. Cura, cura amorevole dei luoghi è l’unico possibile investimento. La cura conserva la bellezza e crea un benessere duraturo che non oscilla quando oscillano i mercati lontani.

Il Sindaco metrocubista chiede le mostrine dell’Unesco ma sostiene il progetto del golf e cemento. E sogna che il Piano paesaggistico venga cancellato, che la legge sul golf non sia bocciata dalla Corte Costituzionale, che Bosa modifichi in peggio il suo piano urbanistico e che scompaia il vigoroso movimento civile che gli si oppone.

Protegga Bosa, il Sindaco, sostenga le leggi che la difendono, riunisca la sua comunità. E nella piccola storia locale conserverà una buona memoria di sé. Sennò lo ricorderemo come un flagello, tra i tanti, di Bosa e dell’isola.

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