Le vicende dell’amministrazione si trascinarono confusamente fino all’elezione a sindaco di Nicola Amore, nel maggio del 1884. L’alacrità di questo amministratore, i suoi onesti intendimenti, la capacità di divenire interlocutore privilegiato del presidente del Consiglio Depretis, sembrava dovessero sortire alcuni effetti; ma nell’estate del 1884 scoppiava l’epidemia di colera che si diffuse rapidissima nella città e in gran parte della provincia. Tutte le denunce che avevano preceduto questo drammatico evento - che solo a Napoli fece 7000 vittime – ebbero larga eco in tutto il paese suscitando forte emozione. Finalmente il governo Depretis nel gennaio del 1885 varò una legge speciale per il Risanamento della città di Napoli. Ancora una volta le vicende amministrative della città si succedettero con colpi di scena che non contribuirono certo a che una così imponente impresa fosse gestita e guidata nel migliore dei modi. Lo scontro maggiore, tra i sostenitori di Amore e il gruppo cattolico-moderato, riguardava proprio la questione dei lavori programmati: essi si fondavano soprattutto sulla bonifica edilizia dei quartieri di Porto, Mercato, Pendino e Vicaria, sull’ampliamento per nuovi quartieri residenziali e per il completamento dell’acquedotto del Serino. [...] Il piano per il Risanamento di Napoli, dopo i lavori del Viceré don Pedro de Toledo, è il più vasto programma urbanistico che abbia avuto Napoli nella sua storia moderna e contemporanea.
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Il progetto per il risanamento di Napoli nasceva da una lunga sedimentazione di piani e programmi vari che almeno a partire dal 1870 erano stati elaborati da privati professionisti, da associazioni di tecnici o da uffici pubblici senza alcun concreto esito; ma essi costituirono un innegabile patrimonio di idee e di operative indicazioni di cui la Società per il Risanamento si servì. [...] Questi progetti vertevano sulla necessità di collegare il centro antico – attraverso trafori nelle colline – con il settore occidentale; di collegare la parte bassa – mediante funicolari – con il Vomero e Posillipo; di rendere più spediti i collegamenti tra i due versanti della città attraverso l’ampliamento della Riviera di Chiaia o la creazione di una litoranea. Puntavano sulla necessità di realizzare un quartiere operaio ad oriente che fosse di supporto alle attività dell’industria siderurgica, a quelle commerciali e portuali; prevedevano massicci interventi di sventramento [...] nell’ottica del grand travaux alla Haussmann, secondo il fortunato e celeberrimo modello parigino. Tema privilegiato – poi reso operativo dal Risanamento – fu quello del collegamento del centro con la piazza della Ferrovia.
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Adolfo Giambarba, in qualità di ingegnere capo della Prima divisione tecnica del Comune, fu l’estensore del progetto: esso prevedeva il risanamento dei quartieri Porto, Mercato, Pendino – con uno sconfinamento nella sezione Vicaria – l’ampliamento della fascia costiera e la ristrutturazione della rete delle fogne e dell’approvvigionamento idrico del nuovo acquedotto del Serino. [...] Il progetto s’articolava in diversi interventi retti dalla stessa logica dello sventramento dei quartieri più malsani; un’ampia strada, partendo da via Medina, giungeva alla stazione di piazza Garibaldi, un sistema di assi ad essa perpendicolari – ma poco profondi generalmente, tanto da non intaccare a nord il complesso monastico di S. Marcellino – in numero di sedici s’aprivano nel corpo dell’edilizia preesistente, ed altre parallele s’aprivano all’altezza del quartiere Mercato. [...] da piazza Garibaldi la via omonima veniva prolungata a nord fino a piazza Ottocalli, prospiciente l’imponente mole dell’Albergo dei Poveri ove, con massicce demolizioni, si creava il disegno del tridente. L’intervento residenziale più esteso era previsto proprio in quest’area del vecchio quartiere di S. Antonio Abate. Edera questa l’area orientale destinata ai quartieri operai. [...] Dopo un esame abbastanza rapido del Comune il progetto passò al governo che, dopo discussioni nei due rami del Parlamento, il 15 gennaio 1885 varò la Legge per il risanamento della città di Napoli. [...] l’amministrazione comunale non trovò concordia d’intenti, le giunte si susseguirono al governo della città, sicché il fatidico primo colpo di piccone ufficialmente fu dato dopo ben quattro anni dall’approvazione della legge, precisamente il 15 giugno 1889.
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Tra le poche voci precocemente ostili all’operazione va ricordata quella di Pasquale Villari che, dal 1885 al 1910, seguì con permanente attenzione le vicende della città. Egli rimproverava al Risanamento d’essersi risolto in una operazione speculativa, di non aver offerto alloggio agli abitanti dei quartieri sgombrati e di averli ridotti ai margini della città in condizioni non migliori di quelle che avevano abbandonato; di aver goduto dei pubblici provvedimenti legislativi per fini sociali e di averli manifestamente disattesi o, peggio, d’averli adoperati a fini speculativi. [...] Ritornando alla distruzione del patrimonio artistico va ricordata l’opinione del Ceci che poteva scrivere “la grande opera del Risanamento dei vecchi quartieri napoletani, invocata da igienisti e da filantropi, ordinata, ad impulso e con concorso dello Stato dal nostro Comune, avrà i suoi errori, ma tra questi non si dovrà annoverare la distruzione di chiese notevoli per importanza artistica” (G. Ceci, Ricordi della vecchia Napoli. Notizie delle chiese comprese nel piano di Risanamento della città, Napoli 1982).
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l’operazione Risanamento ha caratteri inequivocabilmente e smaccatamente speculativi che le fonti di studio più accreditate hanno cercato invano di celare: il sol fatto che il risanamento dei fondaci proceda con esasperante lentezza e con impudente disinteresse per la sorte dei destinatari, ne è una ben palmare conferma. Accade che la massiccia immissione sul mercato di case signorili e di edilizia borghese nei quartieri di ampliamento sortisca il duplice risultato di far impazzire il mercato immobiliare e di ridurre nei più sordidi tuguri, posti alle spalle dei boulevards parte della stessa popolazione residente nelle aree sventrate che non poté certo accedere alle nuove abitazioni rese disponibili. [...] l’operazione del Risanamento costruì assai più case signorili di quanto il mercato immobiliare potesse assorbire e assai meno case economiche e popolari di quante sarebbero state necessarie. Basti ricordare che nei primi tre anni di lavori ci furono nei quartieri bassi 20.000 espulsi e sicuramente più di 10.000 arretrarono nelle povere case, fondaci e bassi alle spalle del Rettifilo, facendo precipitare ulteriormente le condizioni igienico-edilizie di questa area urbana.
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Quantunque manchino delle ricerche analitiche sull’andamento demografico della popolazione in questo periodo [1861-1901], si legge con chiarezza una prima fase di tendenza alla stagnazione ed una seconda di netta ripresa: confermata da un andamento positivo del tasso di natalità rispetto a quello della mortalità che è un indice abbastanza chiaro per dire che il nuovo sistema fognario e gli stessi lavori del Risanamento, nonostante i caratteri speculativi da esso assunto, contribuirono in qualche misura a rendere meno precarie le condizioni igienico-edilizie di taluni settori urbani.