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Fabio Tonacci
Le risate della ’ndrangheta dopo il terremoto in Emilia “Amianto per ricostruire strade e scuole distrutte”
29 Gennaio 2015
Post 2012
«Si sono presi gli appalti per togliere le macerie e quelli per la ricostruzione. Imprese a loro vicine hanno messo l’amianto nelle scuole, l’hanno sotterrato sotto due centimetri di asfalto, l’hanno usato per fare i campi di accoglienza».

«Si sono presi gli appalti per togliere le macerie e quelli per la ricostruzione. Imprese a loro vicine hanno messo l’amianto nelle scuole, l’hanno sotterrato sotto due centimetri di asfalto, l’hanno usato per fare i campi di accoglienza». La Repubblica, 29 gennaio 2015 (m.p.r.)

Nell'Emilia che crollava per il terremoto, la ‘ndrangheta era arrivata prima dei soccorsi. «O comunque in contemporanea», scrive il gip di Bologna, a corollario della maxi inchiesta che svela quello che da troppo tempo non si vuol vedere. Anche l’Emilia Romagna, infatti, è infestata dalle cosche calabresi. Sono a Parma, sono a Reggio, a Modena, a Piacenza. Dovunque. Sono nel cratere dei comuni devastati dal sisma del 2012, si sono presi gli appalti per togliere le macerie e quelli per la ricostruzione. Imprese a loro vicine hanno messo l’amianto nelle scuole, l’hanno sotterrato sotto due centimetri di asfalto, l’hanno usato per fare i campi di accoglienza. Ridevano mentre i capannoni di Mirandola cadevano giù, annusando l’odore del business. È già successo all’Aquila. Succede anche nella prospera regione rossa, preda del clan Grande Aracri di Cutro, piccolo paese del crotonese lontano un migliaio di chilometri da questa terra.

Dalla Calabria al nord
Su richiesta di tre procure, Bologna, Brescia e Catanzaro, ieri sono state arrestate 117 persone, quasi tutte in Emilia. Altri 46 fermi, in attesa di convalida, sono stati disposti nel resto d’Italia. Gli indagati sono più di 200, i capi di imputazione 189, un intero quartiere nel parmense è stato posto sotto sequestro. «Operazione storica, senza precedenti», la definisce Franco Roberti, il procuratore nazionale antimafia. In carcere sono finiti politici locali, imprenditori, poliziotti e ex carabinieri collusi, giornalisti. E poi loro, gli esponenti della potentissima ‘ndrina di Cutro. Ci sono Domenico e Ernesto, fratelli di quel Nicolino “mano di gomma” Grande Aracri considerato il reggente, e i cinque uomini che hanno mandato a “prendersi” l’Emilia: Nicolino Sarcone a Reggio Emilia (il cuore della cellula ndranghetista), Michele Bolognino a Parma, Alfonso Diletto nella bassa reggiana, Francesco Lamanna e Antonio Gualtieri a Piacenza. Associazione per delinquere di stampo mafioso, è l’accusa. Al Nord hanno portato tutto il loro “bagaglio” criminale: estorsioni, attentati incendiari, droga, usura, minacce, armi. Hanno garantito un serbatoio di voti ad almeno sette candidati sindaci. In cambio, hanno voluto appalti.
La telefonata dopo il sisma
«È caduto un capannone a Mirandola », dice al telefono Gaetano Blasco, uno degli indagati, alle 13.29 del 29 maggio 2012. Il suo interlocutore, Antonio Valerio, non riesce a trattenere le risate. «Eh, allora lavoriamo là», risponde. «Ah sì, cominciamo facciamo il giro». Non erano ancora passate cinque ore dalla tremenda scossa che aveva fatto venti morti, con epicentro a Medolla, replica di quella del 20 maggio precedente con le sue 27 vittime. Il terremoto aveva colpito nel “posto giusto”, secondo loro, perché da quelle parti lavora storicamente la Bianchini Costruzioni Srl, con la quale i Grande Aracri hanno una «perversa joint venture » attraverso uno dei suoi principali esponenti, Michele Bolognino.
«L’azienda modenese - scrive il gip bolognese Alberto Ziroldi - è il soggetto ideale grazie al solido legame con il mondo delle cooperative e le eccellenti relazioni con le amministrazioni locali». La sinergia è nata nel 2011, sul lavoro di ristrutturazione del cimitero di Finale Emilia. Bolognino fornisce ad Augusto Bianchini (il titolare) muratori e carpentieri sottopagati tra false fatturazioni, buste paga fittizie e frodi a danno della Cassa edile, in cambio trattiene per sé una parte delle spettanze e mette una mano del clan nel circuito dei lavori pubblici. L’antifona era abbastanza chiara a tutti. «In una maniera o l’altra ti aggiustiamo, ti tengo presente a te», dice Bolognino a un imprenditore calabrese che ha 12 operai a disposizione e vuole entrare nell’affare.
I rifiuti pericolosi nelle classi
Devastante, per la Bianchini Srl, il capo d’accusa a suo carico. I titolari «per conseguire un ingiusto profitto - si legge nell’ordinanza di custodia cautelare - hanno utilizzato materiale contaminato da amianto, previa miscelazione di tale rifiuto pericoloso con terre da scavo», per pavimentare e stabilizzare decine di lavori ottenuti nei comuni colpiti dal sisma. Tra questi i campi di accoglienza a San Biagio e Massa Finalese, l’area vicina alla caserma dei Vigili del Fuoco e il capannone Phoenix a San Felice sul Panaro, il sito stradale della tangenziale di Sermide (appalto da 1,2 milioni di euro).
La ditta ha vinto anche 4 dei 28 lotti banditi dall’allora commissario delegato Vasco Errani per edifici scolastici temporanei. Sono circa mezzo milione di euro. Secondo il pm Marco Mescolini «hanno abbandonato rifiuti pericolosi contenenti amianto» nelle aree esterne alla scuola media a Concordia sulla Secchia, in quella destinata a verde delle elementari di Mirandola e Finale Ligure, nonché davanti a un istituto di Reggiolo. Quando Bianchini informa la moglie dei controlli dell’Arpa regionale, («... Finale, Concordia, Mirandola... sicuramente una traccia... la trovano anche lì») la donna non ci gira intorno: «Siamo rovinati... », la sentono dire i carabinieri in un’intercettazione del 24 novembre 2012.
I controlli aggirati
Nonostante l’azienda in quel biennio venga prima investita dai controlli sull’amianto, poi espulsa dalla white list della prefettura di Modena per i suoi rapporti con la ‘ndrangheta, riesce lo stesso ad ottenere nel 2013 la commessa (circa 80mila euro) per la rimozione delle macerie del crollo del castello di Finale Emilia. Come? Grazie al gancio che hanno nell’amministrazione, tale Giulio Gerrini, responsabile del servizio lavori pubblici, finito ai domiciliari. È lui ad assegnare in via diretta, senza averne titolo, l’appalto alla Ios, l’azienda che avevano fatto rinascere dalle ceneri della Bianchini Srl.
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