«Le elezioni secondo la legge Delrio. Tagliati i fondi dell’istituzione abolita per finta, restano i "costi della politica"». il manifesto, 10 gennaio 2017 (p.d.)
Per forza: tutta colpa del popolo canaglia che con il referendum sulla Costituzione ha resuscitato le malnate Province. Mica vero. Il referendum, se anche avesse vinto il Sì, non avrebbe cambiato nulla a parte l’eliminazione della paroletta in questione dalla Carta. Si sarebbe poi dovuto, e grazie alla modifica costituzionale potuto, procedere a una vera riforma. Solo che i problemi politici sarebbero rimasti intatti anche con la vittoria dei Sì, e sarebbero stati gli stessi che hanno trasformato la Delrio in un disastro camuffato da strepitosa vittoria lampo. Problemi tipo: che fare dei dipendenti attualmente in un limbo tra Province e Regioni, impiegati in cerca d’autore, oppure come coniugare la scelta di procedere al dettato europeo che nella famosa lettera-diktat dell’estate 2010 imponeva la cancellazione delle Province con la contemporanea e contraddittoria riforma che chiede ai piccoli comuni di accorparsi.
In realtà la riforma Delrio non ha eliminato solo gli elettori delle Province: ha anche saccheggiato i fondi dell’istituzione abolita per finta. In effetti le Province non hanno più soldi. Scarseggiano i fondi non per il mantenimento della Casta, come da propaganda di tutti i colori, ma per le funzioni che nonostante il rullo di tamburi renziano sono rimaste in collo alle non-morte: viabilità, edilizia scolastica, ambiente.
I dati diffusi dalla Cgil sono una cronaca della catastrofe. I fondi per la manutenzione ordinaria delle strade sono scesi del 68%, quelli per la manutenzione straordinaria dell’84%. La polizia provinciale, incaricata di vegliare sull’ambiente, è passata in otto anni da circa 2700 effettivi a 700. I fondi per quel 13% di scuole a carico delle Regioni sono scesi del 20% anche se le scuole in questione sono aumentate di un quinto.
L’istituzione resta. I “costi della politica” che comportava permangono. I fondi per fare quel che a detta istituzione competerebbe sono scomparsi. I dipendenti deambulano nella terra di nessuno. Gli elettori sono stati sgravati dalla dura fatica di eleggere. Il consuntivo della riforma Delrio non è precisamente trionfale. Un po’ come quello della riforma Rai, mai andata tanto male come dopo il tocco di quel Mida alla rovescia che si chiama Renzi, o quello della Buona scuola, che il governo ha dovuto modificare in un punto fondamentale ma continua a provocare disastri e andrà rimaneggiata presto. I conti del Jobs Act sono arrivati ieri: parlano di una disoccupazione di nuovo alle stelle.
Perché mai, con simili successi alle spalle, Paolo Gentiloni rivendichi piena continuità col precedente governo resta un mistero.