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Piero Bevilacqua
Le pedine del Pd, e la Roma che noi vogliamo
9 Ottobre 2012
Appelli
Un modo per ricostituire una politica che parta dagli abitanti della città. In calce il manifesto “la Roma che vogliamo” Il manifesto, 9 ottobre 2012

Insieme a Enzo Scandurra ho redatto un testo su «la Roma che vogliamo» - pubblicato sul manifesto del 21 settembre a cui ha aderito un folto gruppo di intellettuali, che non nomino per brevità, ed è stato poi sottoscritto da centinaia di cittadini e varie personalità. Quel documento sta mettendo in moto un crescente e per ora sotterraneo dibattito in vari ambienti politici cittadini.

Finalmente, dopo tanti anni di inerzia, si discute non di liste, di nomi di candidati, ma viene abbozzata un'idea possibile di città, le linee di un progetto che faccia uscire Roma dall'imbarbarimento culturale e civile in cui è precipitata negli ultimi anni. Mi preme ricordare che le iniziative e le discussioni intorno a questo documento stridono oggi in maniera fragorosa con le mosse recenti dei partiti politici e più precisamente del Pd . La possibilità che si è aperta, con le dimissioni di Renata Polverini, di elezioni regionali anticipate, ha subito messo in moto il solito meccanismo da gioco degli scacchi per le candidature. Nicola Zingaretti, attuale presidente della provincia di Roma, designato a concorrere alla carica di sindaco, viene immediatamente spostato, come una pedina qualunque, alla presidenza regionale, mentre per la sede di sindaco, si predispone - chiamato dalla panchina dove riscaldava i muscoli - Enrico Gasbarra, attuale segretario regionale del Pd del Lazio. Il partito nomina, dispone, candida, ecc.

Queste procedure, già in sé scandalose, appaiono inquietanti se si considera la tranquilla normalità con cui ne trattano i giornali di tutte le fedi e correnti, come se fosse la pratica più ovvia. Ma qualcuno si è per caso fatto un problema di che cosa ne pensano in merito i cittadini? Un tempo i partiti erano luoghi di discussione e, pur con i noti limiti di democrazia interna, rappresentavano pur sempre il sentire prevalente dei cittadini, militanti. Le loro scelte avevano un qualche legame con quell'entità che oggi chiamiamo "gente". Ma oggi? Nominare alla candidatura sindaci o presidenti di regione sembra un diritto ereditario, una specie di lascito feudale rimasto in mano a pochi. Ricordo che i partiti politici oggi incarnano una contraddizione che muove gli italiani alla rivolta: essi sono soggetti privati, che vivono e prosperano utilizzando e sperperando danaro pubblico, e nominano per via di "trattativa privata" i candidati alle cariche pubbliche. Potremmo affermare, senza troppo esagerare, che in questo caso la candidatura di un uomo del Pd a sindaco di Roma, si presenta quasi come una designazione diretta a questa carica. I cittadini sono solo chiamati a ratificare una scelta già avvenuta.

Ebbene, queste pratiche, questa cultura oligarchica diventata senso comune, devono essere spazzate vie. I cittadini devono essere messi in condizione di esprimere i propri bisogni, gridare la propria rabbia, rivendicare i propri obiettivi, prima di essere chiamati a eleggere il candidato incoronato dal partito. Bisogna assolutamente capovolgere questo metodo, che costituisce un'ulteriore, drammatica rivelazione di quanto è degenerata la democrazia nel nostro paese.

Per questo il movimento che sta nascendo intorno al manifesto de "la Roma che vogliamo", intende praticare la strada inversa rispetto a quella dominante. Esso si propone di coordinare, con assoluta apertura a tutte le forze di buona volontà - e oggi sono numerosissimi i gruppi e i comitati che si occupano di Roma - tutti coloro che pongono al primo posto i problemi rilevanti e gravi della città. Dei candidati si parlerà dopo. Ma ora, da subito, si discute delle questioni e dei contenuti, nell'intento di elaborare un programma organico e credibile, fondato sui bisogni molteplici dei cittadini.

Il giorno 27 ottobre nella facoltà di Ingegneria della Sapienza si discuterà, con i tanti firmatari del manifesto e con le reti e i gruppi aderenti, del profilo che deve possedere il nuovo sindaco, delle caratteristiche della nuova giunta (presenza femminile, competenze professionali, ecc) e delle iniziative da intraprendere.

E' nostra ferma convinzione che prima di avanzare la candidatura di sindaco e assessori occorre battere il territorio della città, organizzare incontri nei quartieri, all' università, nei luoghi di lavoro, nelle scuole per domandare ai cittadini che cosa chiedono a chi si candida a governare la capitale d'Italia.

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