La città è bella perché varia, ci succedono un sacco di cose, si gira, si conosce gente, magari qualche volta ci si incazza pure, ma al Ritz non si è mai soli, e neppure nelle vie attorno. La faccenda della danza del marciapiede, degli occhi sulla strada, del tizio dell’edicola che conosce tutti quelli che passano, ormai è quasi un luogo comune. Non solo del buon senso (la cosa che conta di più), ma anche di certe dissertazioni in punta di aggettivo acuminato, a colpi di citazioni, coerenti o posticce che siano. Insomma parrebbe davvero che, dopo averla derisa, poi santificata e mummificata in biblioteca, tradotta, discussa, ri-dimenticata … alla fine la buona Jane Jacobs l’abbiano anche ascoltata: la città vive quante più cose riesce a fare, e queste cose aumentano quando progettazione e gestione degli spazi e delle relazioni ne favoriscono la convivenza e compresenza, nello spazio come nel tempo.
Cos’altro c’è, in tutta la prosopopea sul mixed-use, certi interventi di densificazione, la riqualificazione a base commerciale con forte componente residenziale, se non l’ombra della per nulla mite vecchina? Basta leggere un documento a caso di linee guida per la mobilità dolce, la sicurezza, il rilancio socioeconomico delle inner-cities, per ritrovare le vecchie osservazioni che da La città è per la gente, attraverso La vita e la morte delle grandi città, hanno poi fatto diverse volte il giro del mondo.
Allora riposi in pace? Macché: qualcuno ha evidentemente dimenticato di distribuire i suoi libri a Milano, o quantomeno di leggerne ad alta voce una o due righe ai suoi amministratori e ai loro consiglieri, ehm, scientifici.
Perché qui sono convinti, un po’ parafrasando John Wayne, che l’unica città buona è una città morta. Altro che danza del marciapiede, quella striscia di asfalto è prodotta e mantenuta dal comune per andare a lavorare, al massimo per far pisciare il pitbull o parcheggiare il SUV in seconda fila.
E da questa sera la paresi urbana si inaugura in via Padova, salita alle cronache qualche settimana fa per una rissa finita tragicamente. La risposta dei geni creativi non si è fatta attendere: se si sta chiusi in casa magari ci si può accoltellare, ma discretamente e in famiglia. Detto, fatto. Da giovedì 25 marzo 2010 negozi chiusi al tramonto, e mica tanto dopo anche tutto il resto. Un bell’ambientino da film del dopobomba, che forse piace a certi tossici della trash TV ma dovrebbe far insorgere almeno idealmente tutti gli altri. Specie chi la Jane Jacobs l’ha letta, riletta, spiegata, commentata, la mette in bibliografia e nelle note.
Invece, per ora, silenzio. Forse che c’è anche un’ordinanza del sindaco per chiudere le saracinesche dei cervelli? Che si riaprono solo a una certa ora per le consulenze al Comune?