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Marco D'Eramo
La mite ferocia del Tea Party
19 Ottobre 2010
Articoli del 2010
L'ultraconservatrice Sharron Angle, il suo elettorato di ex immigrati nella cittadella fortificata del suburbio americano. Il manifesto, 19 ottobre 2010 con postilla (f.b.)

INVIATO A LAS VEGAS (NEVADA)La guardia armata mi controlla l'invito prima di lasciar passare la mia auto nel Red Rock Country Club, questa città privata (o gated comunity, comunità fortificata, come si dice qui) che, all'estrema periferia occidentale di Las Vegas, si adagia alle pendici delle lunari Spring Mountains che culminano a 3.600 metri.

E fortificata lo è davvero, con la sua cinta muraria, le garitte, le guardie armate, i pesanti cancelli d'acciaio che si aprono solo con il giusto codice. Fortificata e opulenta, come si vede dal verde dei campi da golf e dalle piscinette private il cui spreco d'acqua grida vendetta al cielo nel bruciante deserto di sabbia, pietre e sterpi che scavalla Nevada e California meridionali.

È qui, in una delle ville seriali di quest'enclave privata, che alle dieci del mattino si tiene un ricevimento «privato» in onore della candidata repubblicana al Senato degli Stati uniti, Sharron Angle. Ho visto l'annuncio della riunione nel quartier generale della campagna di Angle. Ho preso il numero di telefono e chiamato una delle organizzatrici, Myrna Adad, presentandomi come giornalista di un quotidiano nazionale italiano, desideroso di capire meglio il messaggio di Sharron Angle. Myrna Adad m'inserisce tra gli invitati («il contributo minimo è di 15 dollari», avverte).

«Negli Usa vige la Sharia»

Entro in un patio dall'architettura vagamente spagnolesca, mi faccio appiccicare alla giacca un adesivo con il mio nome (pronunciato con circa sei erre, alla messicana) ed entro nel giardinetto, con piscina ovoidale alimentata da un ruscelletto, dove vari anziani siedono all'ombra degli alberi o fanno la fila davanti a un buffet: una delle regole più ferree delle campagne elettorali Usa è che i meeting e i comizi seri si tengono sempre davanti a qualcosa da mangiare: può essere un breakfast alle sette del mattino (cui ho assistito nella mensa di qualche fabbrica) o un pranzo mattiniero (early lunch), oppure una cena per raccogliere fondi. Senza almeno uno snack non si fa politica da queste parti.

Sharon Angle è sì la candidata repubblicana al Senato, ma assai particolare, perché è esponente del Tea Party, il movimento spontaneo di ultraconservatori, antistatalisti feroci, che si è coagulato l'anno scorso contro la riforma sanitaria portata avanti dal presidente Barack Obama, e che quest'anno in parecchi stati ha preso il sopravvento nel partito repubblicano, sopraffacendo i repubblicani «moderati». Di questo movimento e del suo oltranzismo Angle è un'esponente rappresentativa: secondo lei vi sono almeno già due città negli Usa in cui «vige la Sharia»; la riforma sanitaria (health care) è da lei sempre nominata solo come Obamacare; durante le primarie ha dichiarato di voler abolire non solo la mutua (Social security), ma anche il ministero federale dell'istruzione e l'agenzia per i veterani (anche se poi ha dovuto diluire e di parecchio il suo messaggio).

La sua candidatura ha attirato l'attenzione nazionale e internazionale (incontro a Las Vegas giornalisti francesi, spagnoli, tedeschi - non italiani però) perché affronta uno dei più potenti politici democratici, il presidente del Senato Harry Reid che cerca il suo quinto mandato, e quindi si è già fatto 24 anni di senato a Washington: con la rete di relazioni e finanziatori accumulati in 25 anni di parlamento e di commissioni senatoriali, Reid dovrebbe vincere alla grande, ma così non è, e tutti i sondaggi danno i due praticamente alla pari.

Il Tea Party rappresenta perciò il nuovo corpo misterioso nella politica Usa: di ultraconservatori c'è una lunga e non rispettabile tradizione nella storia americana, ma ora è la prima volta che questa componente assume il controllo del Partito repubblicano dall'esterno, un «Terzo partito» che cresce all'interno di uno dei due.

Mentre aspettiamo che arrivi la candidata, pilucco uva: dai discorsi che ascolto intorno a me, mi sento un infiltrato, come dietro le linee nemiche, stando bene attento a non smascherarmi: sapessero cosa è il manifesto, gli prenderebbe un accidente. Parlo con l'anziana, segaligna, Myrna Abad: «Ci vuole una svolta», mi dice. «Il paese sta andando male, bisogna restaurare i veri valori conservatori. Io faccio parte delle Ladies repubblicane e alle primarie ho scelto Sharron perché lei era la candidata più conservatrice tra quelli in lizza. Dobbiamo ripristinare l'eccezionalismo americano», quell'idea per cui l'America è un paese eccezionale - imparagonabile con qualunque altro stato umano, cui dio ha affidato una missione speciale: come ripeterà fra un po' Sharron Angle citando la frase biblica del presidente Ronald Reagan (1980-1988), «L'America è la città splendente in cima alla collina».

È curioso che a invocare «l'eccezionalismo americano» sia una signora di origine libanese: suo marito è scappato in Siria, poi nelle Filippine e infine si sono stabiliti in America.

D'altronde guardo gli adesivi con i nomi attorno a me: questo ricevimento è organizzato a casa della signora Suzanna Luna, dal pesante accento ispanico. E poi abbondano nomi come Pilar, Maria Rosa, cognomi come Marquez, Torres, Ramires, o asiatici come Huang, o ancora parecchi nomi ispanici come Orlando Pinedo o Daniel Soriano su volti inconfondibilmente cinesi (i chinos emigrati in America latina a fine ottocento e completamente ispanizzati).

Ricchi, vecchi e cattivi

Naturalmente non c'è un nero manco a pagarlo oro. In tutti i vari meeting per Sharron Angle cui ho assistito, ho visto un solo nero: sulla cinquantina, grassoccio, faceva il «sharronetto» (cioè ballava con le sharronettes, le mature majorettes che ballano e agitano le bandierine ai comizi). E fa impressione l'età media che è sopra i 60, nel senso che i pochi tra i 45 e i 50 sono largamente compensati dai molti tra i 70 e i 75. Qui, in questa città privata l'origine sociale si coglie dalle scarpe delle signore che alle 10 del mattino sono per lo più da sera, scarpine dorate su zatteroni alla Prada, o scarpine rosse su tacchi a spillo. L'agiatezza è inversamente proporzionale alla lunghezza e alla vistosità delle unghie. Ma anche nei comizi pubblici, la platea è sempre molto terza età. Nessuno mi aveva detto che il Tea party è un movimento di anziani. Chiedo a Myrna come mai lei e suo marito sono finiti in Nevada e allora capisco in che consiste l'eccezionalismo americano: «Qui non si pagano tasse non solo sul reddito (sono 13 gli Stati usa in cui il reddito non è imponibile, ndr), ma neanche sull'eredità».

Sempre intorno alle tasse gira l'ultraconservatorismo, non a caso il movimento si chiama Tea Party. Si riferisce al Boston Tea Party del 1773, quando i buoni cittadini del Massachusetts distrussero i sacchi di tè pur di non pagare le tasse all'importazione; anche se nel suo Manuale da campo di controinsurrezione (2007) il generale David Petraeus (oggi comandante in capo della forza internazionale in Afghanistan) usa proprio quest'episodio per mostrare che una narrativa utile a veicolare un'ideologia può essere basata su dati di fatto falsi: infatti all'epoca i cittadini inglesi pagavano più tasse dei loro coloni americani.

Tagliare, tagliare, tagliare

Finalmente arriva Sharron, in un tailleur rosso. Con i suoi sostenitori è molto più rilassata e gentile di quanto apparirà due giorni dopo nel faccia a faccia tv con l'avversario Reid, dove ostenterà un'aggressività cattiva, pur impappinandosi nell'economia politica. La sua è la classica ricetta liberista al cui confronto Reagan avrebbe fatto la figura di pericoloso sinistrorso. Il suo programma è di una semplicità elementare: «Cut back, pay back, take back», inteso come «taglia (le spese statali), rimborsa (il debito pubblico), fai ripartire (l'economia). Insomma una ricetta di ordinaria ferocia. Solo qui - con tutti questi anziani in blazer, panama, signore con cappellini - la spietatezza di presenta mite, ma non per questo meno letale: il ricevimento si conclude con l'estrazione di una riffa (i premi vanno da una borsa firmata a un cestino di salumeria italiana) e con una interminabile serie di foto della varie signore con la candidata.

Il karma degli ultrà

Tre giorni dopo entro nel grande Casinò Orleans: al primo piano nella Sala B Mardi Gras si tiene un concerto finanziato dagli Amici di Sharron Angle (fuori c'è scritto «Party privato, la stampa non è ammessa», ma ormai per gli attivisti di Angle la mia è una faccia familiare). Anche qui, stessa età media e, soprattutto, stessa bonarietà vendicativa. Il cantante di musica country fa cantare al pubblico il ritornello: «Obama, Obama, un solo, un solo, un solo mandato». Un altro canta il Democratic Blues: «Ho perso il lavoro. Ho perso la casa, ho perso l'auto, posso solo cantare i democratic blues».

Una riprova di questa micidiale affabilità Angle la offre nel dibattito televisivo con Reid: richiesta se c'è almeno una cura o un esame che lei renderebbe obbligatori per le assicurazioni sanitarie, svicola e si affida all'efficienza del libero mercato: che muoiano se non possono pagarsi l'assicurazione. In questo senso hanno torto i fratelli Cohen nel film «Non è una terra per vecchi», quella di un mondo totalmente hobbesiano, sanguinolento. Angle dimostra invece che proprio l'inumana, vendicativa crudeltà sociale è «terra di vecchi».

Lo conferma un lungo articolo sul supplemento culturale del Wall Street Journal (organo semi ufficiale della destra Usa), in cui l'autore sostiene che quel che caratterizza il Tea Party non è tanto l'ispirazione libertaria (comune a molti movimenti attraverso tutto lo spettro politico Usa), quanto - tenetevi forte - «il karma». Per karma l'autore intende l'idea che una cattiva azione prima o poi sarà premiata e una buona azione sarà punita. Da questo punto di vista, l'obiettivo dello stato sociale e della sinistra è di proteggere dalle conseguenze del suo karma chi agisce male, è quindi d'impedire al karma di agire. L'obiettivo dei Tea Party è di permettere di nuovo al karma di funzionare. Ma una società che funziona in base al karma l'abbiamo già vista, ed è quella dei bramini e degli intoccabili, dei puri e dei paria, dove i primi sono moralmente giustificati nel restare indifferenti davanti ai secondi che muoiono sui marciapiedi davanti a loro.

postilla

L’argomento era già stato toccato su queste pagine, direttamente nella recensione al lungo reportage sociologico territoriale Alla ricerca dell’Utopia Bianca,indirettamente in tanti articoli, postille, occhielli, fino alla nausea insomma. Ovvero che ambienti come quello raccontato da Marco D’Eramo non sono affatto misteriosi contesti esotici, ma cose che abbiamo sulla porta di casa nostra, magari anche dentro al tinello. Slogan semplicissimi ma efficaci, perché colpiscono in punti molto sensibili, e attorno l’ambiente fortificato della villettopoli rancorosa che alimenta la chiusura nel familiare, nel particolare, nella regressione. Ma anche un pensiero “progressista” che se continua a ritrarsi dal confronto alla pari, se reagisce a questo tipo di chiusura solo con l’arretramento alla nostalgia del bel tempo che fu, non va da nessuna parte. La conservazione ha i suoi professionisti, che sono e sono sempre stati di destra: e il mercato preferisce sempre l’autentico all’imitazione (f.b.)

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