Parlare di fotografia aerea e delle vie antiche parrebbe, inizialmente, un assurdo. La via antica è tracciata sul terreno e, con eccezione delle vie romane, raramente si potrebbe seguire un suo tratto conservato fino ai nostri giorni. Eppure, gran parte delle vie dell'Africa romana e del mondo etrusco sono state ricostruite grazie all'impiego dei rilevamenti aerei.
Chi ha seguito i recenti studi della Scuola Britannica di Roma dedicati alla viabilità nell'Ager Veientanus e nell'Ager Faliscus 1 avrà osservato l'uso che gli autori hanno fatto della fotografia aerea e delle ricognizioni sul terreno. La visione d'insieme della rete stradale e, spesse volte, dei piccoli tratti, difficilmente riconoscibili sul terreno ormai sconvolto dai lavori agricoli con mezzi meccanici potenti, sono stati evidenziati soltanto dalla fotografia aerea, di preferenza anteriore alle trasformazioni avvenute negli ultimi quindici-vent'anni [2]. Riportati sulla carta topografica tutti i punti in cui si era scavato in precedenza e tutti quelli che avevano dato luogo a rinvenimenti sporadici, si è cercato di stabilire il tessuto viario che li collegava, usufruendo a tale scopo di ogni copertura aerea di cui si disponeva. Si è arrivati così ad una visione organica di tutta una vasta zona ad occidente del Tevere, la quale, pur studiata minimamente da topografi di prima dell'ultima guerra o nel ventennio del secolo, appariva priva di collegamenti.
La fotografia aerea, grazie a quella vasta visione d'insieme che essa ci mette sotto l'occhio in un solo colpo, permette di scoprire i possibili varchi e guadi mentre lo studio stereoscopico ci immette nei più minuti dettagli del terreno. Una via antica, difficilmente rintracciabile nella ricognizione terrestre, si presenta nella fotografia aerea, sia come una traccia scura, nel caso in cui sull'antico solco si è depositato l'humus recente, sia come una fascia biancastra, nel caso in cui il vecchio tracciato è stato appena ricoperto da uno strato vegetale. Qualche volta, un antico tracciato è riconoscibile, sempre sulla fotografia aerea, come un taglio altrimenti impercettibile a terra, ben riconoscibile invece, per il suo andamento, nella visione dall'alto.
Dovendo chiarire il collegamento di alcuni centri urbani della Sicilia greca, non una sola volta ho constatato che una parte delle vie antiche è stata utilizzata fino a pochi anni addietro come semplici trazzere. Lungo queste trazzere della Sicilia, durante gli ultimi dieci anni, vennero identificate e in parte scavate numerose fattorie di età arcaica e classica. Spesse volte, sul posto di queste fattorie sono stati individuati piccoli villaggi preistorici. Riprendendo la ricostruzione della via antica tra una fattoria greca ed un’altra, è risultato che tra esse si trovano altri piccoli villaggi preistorici, molto più densi quindi di quanto non lo fossero le fattorie. Era chiaro perciò concludere che l'antica via di collegamento tra le fattorie doveva aver servito anche al collegamento tra un villaggio ed un’altro. Per meglio esemplificare, vorrei accennare al gruppo di fattorie greche della zona di Milingiana, ricca anche di villaggi della fase castellucciana e tutti quanti collegati da una serie di piccole arterie che si innestano in una grande che si diparte dalla zona di M. Desusino e si spinge a N fino vicino a Riesi [3].
In conclusione, prima di passare allo studio delle fotografie aeree per rintracciarvi vie antiche, è consigliabile conoscere la distribuzione di tutti i punti in cui sono avvenute scoperte archeologiche e fissarli sui mosaici aerofotografici. È possibile, in questa seconda fase di lavoro, poter scoprire altri centri, sconosciuti finora o appena indiziati da ritrovamenti precedenti. Questo tipo di lavoro si può chiamare di definizione di aree archeologiche per confronto. Se, infatti, si conoscono i caratteri specifici di un tipo di insediamento, ogni qual volta si riscontrano le stesse caratteristiche su un rilevamento aerofotografico si può supporre che si è di fronte ad una nuova scoperta il che arricchisce di più il tessuto degli insediamenti di una zona, mentre tutto può facilitare la ricerca delle vie di collegamento. La fotografia aerea, quindi, è uno dei mezzi di indagine, specialmente nel campo topografico. Ma affinché si possa avere una maggiore certezza di non essere in errore, è augurabile sempre di disporre di quanti più rilevamenti della stessa zona. Se le stesse tracce o anomalie si riscontrano su tutti i rilevamenti aerei, si può avere maggiore certezza di essere sulla buona strada nell'identificazione di un aggregato umano, di una via ecc.
Il materiale aerofotografico a nostra disposizione per la Magna Grecia è formato da una copertura aerea a scala approssimativa 1:35.000, da un rilevamento scala 1:8.000 [4], da altri diversi rilevamenti parziali a scale aggirantesi intorno a 1:25.000 eseguiti dallo S.M.A.M., o da altri enti aerofotogrammetrici. Come ho più volte osservato [5], tra tutti questi rilevamenti, ho preferito quelli più vecchi, eseguiti durante o immediatamente dopo la guerra. La trasformazione della superficie del Tavoliere è ancora oggi in atto ed è facile osservare il grande mutamento già avvenuto in questa zona tra il 1954 e 1958. Le lottizzazioni, i nuovi quartieri delle borgate agricole e, specialmente, l'uso intenso degli aratri meccanici sta trasformando continuamente e profondamente l'aspetto del Tavoliere. È preferibile quindi sfruttare, per la realizzazione di una mappa della distribuzione dei villaggi neolitici, i rilevamenti più vecchi. A questo proposito è da precisare che nessuno dei rilevamenti aerei a disposizione è stato eseguito a scopo archeologico, meno qualcuno destinato a piccoli tratti effettuato con l'elicottero o con l'aereo nel 1961 e 1962 [6]. Mi è mancato, quindi, il miglior rilevamento, quello eseguito appositamente da Bradford e utilizzato per l'illustrazione degli studi da lui già pubblicati [7], rilevamento che avrebbe potuto integrare ottimamente quelli su cui ho lavorato.
Il tipo del villaggio neolitico del Tavoliere è ormai ben noto a tutti. Attentamente studiato dal Bradford [8], esso si presenta con una serie di fossati all'intorno e con una serie di compounds all'interno. In tutti i rilevamenti, questi villaggi sono identificabili grazie ad una serie di tracce scure, resti delle trincee e delle palizzate, ricoperti da humus ricco in azotati utili alla crescita dell'erba (fig. 1). Ove questi villaggi sono stati danneggiati dai lavori agricoli per mezzo di trattori meccanici, essi si rivelano per una vasta macchia nera che si estende senza definizione di linee. Le loro tracce riempiono tutta l'area del Tavoliere, dalla linea di Serracapriola fino all'inizio delle Murge e dalle falde del Gargano e dalla riva dell'Adriatico fino alle prime propagini degli Appennini. Non una sola volta, sullo stesso posto, si sono susseguiti più villaggi, sovrapponendosi, con i loro fossati, l'uno all'altro, creando una serie di tracce scure che si accavallano in maniera del tutto chiara nelle fotografie aeree, di impossibile restituzione cartografica a terra.
A prima vista, questi villaggi lasciano l'impressione di una dispersione irregolare su tutto il Tavoliere. Soltanto dopo aver studiato tutte le coperture, dalle più vecchie alle più recenti, appare evidente invece una loro disposizione in punti ben stabiliti. Il maggior addensamento si verifica sul lato occidentale del Gargano, e precisamente sul lato SO. Tali agglomerati di villaggi continuano poi sempre più a SO, seguendo di preferenza la linea del Cervaro, oppure raggruppandosi in zone in cui si possono notare tracce di fiumi. È indiscutibile che essi non possono essere trovati se non nelle vicinanze di tracce di corsi o vene d'acqua.
È necessario, quindi, prima di affrontare il problema della disposizione dei villaggi preistorici, ricercare i corsi d'acqua ora scomparsi. Ed anche in questo caso, meglio di ogni altra ricognizione sul terreno, è la fotografia aerea che ci permette di rintracciarli. Basta qualche esempio per convincerci che non vi è corso d'acqua, oggi sparito, che non ci venga rivelato dalle aerofotografie. Un primo caso è quello del corso d'acqua che circondava la parte occidentale della città di Herdonia. Come si vede nella fig. 2, la sua traccia è ben evidenziata, mentre nella ricognizione a terra questa traccia è irriconoscibile. Anche altrove nel Foggiano si verifica lo stesso fenomeno: nel rilevamento aereo eseguito dall'IRTA, questi corsi appaiono talmente chiari da non poter minimamente dubitare della ricchezza d'acqua nel periodo preistorico in tutta la zona.
Stabiliti quindi questi corsi d'acqua si potrà passare finalmente allo studio degli aerofotogrammi per la ricerca dei centri preistorici.
Dallo studio comparativo di tutti i rilevamenti a disposizione è apparso evidente che i villaggi si dispongono di solito lungo i grandi corsi d'acqua e specialmente lungo quei fiumi la cui portata d'acqua è maggiore. Il primo grande corso d'acqua che attraversa, da NE a SO, il Tavoliere è il Cervaro. Ebbene, è proprio sul suo corso che noi troviamo un maggiore addensamento di villaggi. Anche quando questi vengono identificati in zone più lontane dal letto attuale del fiume, è chiaro che essi si trovano lungo affluenti minori, oggi completamente scomparsi ma rilevati dalla fotografia aerea.
Vi è anche il caso in cui i villaggi si trovano situati lontano da ogni corso d'acqua ma in questi casi la fotografia aerea ci indica nelle vicinanze le tracce di sorgenti. Qui (fig. 1) è visibile, accanto al villaggio, una lama, come queste sorgenti si chiamano in dialetto locale.
A N del Cervaro è il torrente Gelone il cui corso è disseminato interamente da stazioni preistoriche. Basta citare quelle comprese nel f. 164: Ponte di Lamis, Passo del Corvo, Pezza Grande ecc., per renderci conto della densità di questi centri. In età storica, anche Arpi nasce sul Celone, sul corso medio del fiume e la fisionomia della città, nei rilevamenti aerei, si rassomiglia moltissimo a quelle dei villaggi neolitici (fig. 3).
La stessa densità, e potrei dire maggiore, si verifica lungo il Cervaro. Dalla contrada Giordano, vicino alla Vasca del Tavoliere (f. 164), e fino alla Masseria Ponte Albanito si ha una vera catena di centri sistemati su un tratturo che scende dal Gargano e si prolunga a SO fino alla zona di Castelluccio dei Sauri (f. 175). Ad occidente di questa zona si possono contare due tratturi che accompagnano il Cervaro fino a Savignano di Puglia da dove scende fino alla Stazione di Ariano Irpino (f. 174).
Qualche fotografia aerea evidenzia con straordinaria efficacia i due tracciati. Ben difficile è la ricerca di questi tracciati ad 0 della Stazione di Ariano Irpino: da questo punto in poi il tratturo si disperde nelle numerose vie moderne che si dipartono in tutte le direzioni.
Un altro addensamento di villaggi si può osservare ancora più a 5 e precisamente sul torrente Carapelle. Tra i più importanti villaggi siti sul Carapelle vorrei menzionare quelli della zona di Inacquata (f. 164), quelli della zona La Speranza e Masseria Buonassisa (f. 164). Il tratto in cui meglio si conserva il tratturo lungo il Carapelle è invece quello compreso tra la Contrada Nannarone e Serra Pallino (f. .175), ben riconoscibile su quasi tutti i rilevamenti aerei. Più ad occidente non vi è nessuna possibilità di rintracciarlo ma è probabile che il tratturo si spingesse ancora più in là, a S del complesso di Trevico (f.174).
È evidente però che la prima grande arteria tra le pendici del Gargano e il mare e la zona degli Appennini è quella del Cervaro. Infatti, sia il tratturo del Celone che del Carapelle, non appena arrivati nella zona collinosa degli Appennini, tendono ad unirsi formando un’unica via di spinta da NE a SO. Tentare di creare una mappa dei villaggi e dei tratturi, nella loro totalità, mi pare, in mancanza dei rilevamenti eseguiti dal Bradford, un lavoro di grande impegno ma sempre incompleto. Il giorno in cui, accanto a tutti i rilevamenti di cui disponiamo oggi in Italia, potremo sfruttare anche quelli, si potrà avere un’idea più chiara di ciò che ha rappresentato il neolitico del Foggiano e le grandi vie di movimenti tra una punta e l'altra e cioè tra Gargano e mare da una parte e gli Appennini dall'altra.
Più a sud ancora, là dove iniziano le prime colline delle Murge, scorre l'Ofanto. Studiando l'area a N e a S del fiume, ci risulta che anche questa volta i villaggi si sono insediati nelle vicinanze dei corsi d'acqua, similmente a quanto era avvenuto più a N. È vero, però, che in questa zona non c'imbattiamo più nella densità riscontrata, per esempio, sul Cervaro. I centri appaiono questa volta sempre più diradati ma è altrettanto vero che la loro distribuzione avviene sempre su una linea che va da NE a SO. Seguendo questa linea è visibile la sparizione dei villaggi e quindi dei tratturi nelle vicinanze del Passo di Mirabella Eclano. Ciò che era avvenuto nella zona della Stazione di Ariano Irpino si verifica anche qui: i grandi tratturi, le vie di collegamento tra un villaggio e l'altro, spariscono, disperdendosi nelle attuali vie di comunicazione da est ad ovest. L'imbottigliamento osservato ad Ariano Irpino risulta evidentissimo anche qui e tutti e due quale risultanza della formazione geomorfologica del terreno.
In conclusione, per quanto riguarda il Tavoliere delle Puglie, possiamo dire che oltre ai piccoli tratturi del Gelone e del Carapelle, vi sono due grandi vie di comunicazione preistorica e tutte e due con andamento NE-SO: la prima è quella del Cervaro, la seconda quella dell'Ofanto.
Ben più difficile è il compito di rintracciare le vie preistoriche nelle Murge. Il terreno accidentato, anche se non tormentato come nelle zone montagnose degli Appennini, non permette una identificazione rapida. Anche in questa zona, come nel Foggiano, le riforme agrarie hanno inciso profondamente sulla superficie, sconvolgendo le antiche tracce. Diversamente da quanto è avvenuto nel Tavoliere, dove i fossati, pur distrutti dagli aratri, possono essere facilmente ritracciabili per le loro anomalie sulle aerofotografie, la zona delle Murge si presenta, a prima vista, priva di centri abbastanza densi da richiederci un collegamento. Grazie alle ultime ricerche e agli scavi condotti dal soprintendente Degrassi, anche in questa vasta zona si può avere un filo conduttore nella ricerca. È anzi d'obbligo inoltrarsi, in questo tipo di ricerca, partendo dal conosciuto e tentare una ricostruzione viaria seguendo i ritrovamenti.
Alle nuove scoperte fatte da Degrassi 9 si debbono aggiungere però anche le altre più antiche e così il quadro prende consistenza. 1d è proprio per mettere in collegamento questi centri che il Degrassi propone una via che si diparte dal mare e si spinge verso la Lucania. I centri di Castiglione di Conversano, di M. Sannace, a NE di Gioia del Colle, di Santo Mola, a NO della stessa Gioia del Colle, ed infine della zona di Altamura e Gravina dovevano necessariamente essere collegati tra loro e di questa via antica di collegamento vi è un tratto ben conservato e visibile su ogni copertura aerea tra la Torre Cannoni, ad O di Santeramo (f. 189), e la zona di Trezzella a SO di Altamura. Questa via si può seguire infine ancora più ad occidente fino a Gravina di Puglia e di qui fino al Basentello (f. 188), per toccare infine, a N di M. Verdese (p. 376), la riva del Bradano, per spingersi ancora più ad occidente fino alla Difesa da Piedi (q. 571), a NE di Tolve. Appoggiandosi al torrente Castagna è facile seguirla poi nella sua spinta verso il grande tratturo che prende la direzione NO non appena arrivato tra Pietragalla e la Serra del Vaglio della Basilicata (f. 187). È proprio in questa zona che la via di comunicazione collegante i centri menzionati si incontra con un’altra, proveniente da SE, dalla zona di Metaponto. In questo punto, riunitesi, le due vie proseguono insieme verso Atella e più a N ancora.
Per quanto è stato facile seguirla nel suo tratto occidentale, per tanto difficile è però rintracciarla nel tratto M. Sannace-mare. In questa zona la densità dei centri antichi non è quella riscontrata nel lato occidentale (f. 189-188-187); oltre a M. Sannace, si conosce il centro indigeno di Castiglione di Conversano ed infine, al mare, Egnazia e Polignano, da identificare, probabilmente, con la città di Neapolis. Il Degrassi, partendo da M. Sannace, traccia l'andamento della strada verso NO, in direzione di Castiglione (f. 190), per riportarla poi nella zona di Polignano. Studiando le aerofotografie, questa via dovrebbe proseguire, in direzione E, dalla contrada Canale, a Km 3 a N di M. Sannace, verso Putignano, e dalla contrada Frascina, sovrapponendosi alla comunale Putignano-Alberobello, per un tratto di circa Km. 5, lascerebbe questo andamento in località Papataforo, per raggiungere infine il crocivia di Cuccolicchio, l'unico punto in cui essa potrebbe facilmente incunearsi per spingersi ad oriente, tra i due speroni, e raggiungere infine il mare nella zona a S di Egnazia. È molto probabile però che, nel suo tratto M. Sannace-Putignano, la via presenti un altro diverticolo che parta da Putignano stesso, tocchi la contrada Castiglione di Conversano e di qui si spinga verso Polignano.
A questo punto è necessario fare un’osservazione di carattere cartografico. Per chi desidera ricostruire la viabilità di una zona dell'Italia antica, è consigliabile, come per lo studio aerofotografico della stessa zona, far uso di quelle carte topografiche dell'IGM che risultano le più vecchie. Nelle edizioni più vecchie di queste carte non una sola volta troviamo indicati tratturi che sono completamente sconosciuti alle nuove edizioni. Se si prende in esame, per esempio, il f. 164, comprendente la maggior parte del Tavoliere delle Puglie, o meglio dire, del Foggiano, i tratturi vengono indicati su tutte le carte del 1926, basate sui rilevamenti del 1911, mentre gli stessi non si ritrovano più sulle nuove edizioni apparse dopo il 1950 (fig. 4). Questi tratturi, spesse volte e, specialmente, nelle zone in cui è entrata in atto la riforma agraria, sono stati completamente sconvolti o trasformati in vie moderne di comunicazione. Si potrebbe però obbiettare che tra questi tratturi e le vie «preistoriche» non vi può essere alcun nesso, perchè essi potrebbero corrispondere alle cosidette «trazzere» o a vie di comunicazione moderna.
Se invece si procedesse alla restituzione-posizione dei centri antichi, questi cadono esattamente lungo quei tratturi esistenti sulle carte del 1926 (il cui rilevamento a terra risulta però del 1911!), annullati o completamente spariti sulle ultime edizioni. Ciò significa inoltre, come per tanta parte della topografia moderna, rifarsi a documenti quanto più vecchi. E da queste osservazioni si può arrivare anche ad un’altra conclusione: i tratturi segnati sulle carte della Puglia del 1926, ma rilevati nel 1911, non sono di quell'epoca; essi rimontano nel tempo, rimasto immutato nella Puglia, come in grande parte anche in Sicilia, a quell'epoca in cui si era stabilito quel lungo pendolare di genti tra gli Appennini ed il mare Adriatico o il Gargano. Con i nuovi saggi stratigrafici della Scuola Britannica si vedrà poi se questi villaggi del Foggiano siano soltanto di età neolitica; molto probabilmente, tra loro vi saranno anche villaggi posteriori, come appunto indicano quelli sovrapposti, che potranno ricollegarsi a quelli del Gargano, siti proprio sulle pendici che riguardano il Tavoliere delle Puglie (fig. 5).
Quanto abbiamo detto delle vecchie carte dell'IGM del Foggiano, vale anche per la parte delle Murge; anche qui queste vie sono ben segnate sulle vecchie edizioni mentre mancano completamente su quelle nuove. A questo proposito è interessante studiare l'ultima via che a noi interessa per il periodo preellenico e precisamente quella facilmente identificata tra M. Sannace e la zona di Serra di Vaglio e Pietragalla. In questa zona, tanto la fotografia aerea quanto le vecchie carte evidenziano un tratto di antica via di comunicazione mentre nulla si ritrova negli ultimi rilevamenti e sulle ultime edizioni delle carte dell'IGM.
Riprendendo ora lo studio di queste vie nella zona più meridionale della Magna Grecia, dobbiamo partire da un’osservazione fatta, anni addietro, da G. Schmiedt e R. Chevallier 10 nello studio da essi dedicato alle città di Metaponto e Caulonia. Nell'inquadrare l'area in cui sorse la città di Metaponto, i due studiosi rintracciarono, a NO della città, una via pedimontana che arrivava dalla zona del fiume Sinni e, dopo aver superato il territorio dell'antica città, si spingeva, con un angolo fissato sul N, verso gli attuali centri di Ginosa e Laterza. Per i due studiosi questa via era di origine preistorica, poiché a valle di essa non si trovava alcuna scoperta appartenente a questo periodo.
Questa via, come appare anche nelle figg. 6a, b, invece di seguire la riva marina, così com'essa si presentava nell'VIII secolo a. C., corre nell'interno fino al tempio delle Tavole Palatine dove, oltrepassando il Bradano, dopo aver sorpassato la Masseria Galzi, si dirige a NE, per raggiungere infine la zona di Lama del Pozzo. Questo tratto, così visibile nel rilevamento generale dell'Italia (1954), nel c. d. ‘volo base’, è appena percettibile in altri rilevamenti posteriori, come quello dell'A.M. del 1961. Prendendo in considerazione i due rilevamenti e con l'ausilio di qualcun altro, parziale, è stato possibile prolungare il tratto scoperto da Schmiedt e Chevallier nella direzione menzionata, verso Ginosa e Laterza.
Come è visibile nella fig. 7, questa via si presenta sotto forma di un profondo solco dilavato oppure con un aspetto di frattura nel terreno solido. Da Lama del Pozzo, attraverso la zona della Masseria Maria Pia di Savoia, si spinge nella zona di Follerato dove le ultime ricerche hanno messo in luce un abitato indigeno la cui esistenza è legata alla ricca area circostante (f. 201). A N della Masseria Gaudella è ben visibile un altro taglio del terreno, ormai duro, taglio che si prolunga fino alle vicinanze dell'altro centro indigeno di S. Trinità (q. 412) ad oriente di Laterza (fig. 7). Mentre quest'ultimo tratto è diretto esattamente a NE e SO, un altro tratto, la vera continuazione della via c. d. preistorica di Metaponto, si prolunga sempre in direzione NE per toccare, ad occidente di Massafra, le prime balze delle Murge. Ed è proprio in questa zona che l'antica via si può meglio riconoscere, infossata nella roccia con andamento E-O. Non appena oltrepassata la linea di Massafra, la via si disperde nelle dense arterie moderne che puntano su Metaponto. Un suo probabile sbocco a mare dovrebbe essere fissato nella zona di Brindisi o leggermente più a S. Ma qualsiasi ricerca fatta sui rilevamenti a disposizione non ha portato ad alcuna conclusione certa : il terreno, anche qui, è stato molto tormentato dai recenti lavori di bonifica.
Quest'ultimo tratto di collegamento non può essere attribuito soltanto al periodo preistorico; il suo andamento è visibilmente legato alla vita dei centri menzionati ma fino a questo momento non si hanno quei documenti che ci permettono di farla rimontare nel tempo fino all'età preistorica. Può essere considerata una via di età preistorica ma anche storica, quasi una via di arroccamento alle spalle del golfo di Taranto. Soltanto futuri scavi e ricerche potranno dirci a quale epoca essa può rimontare, ma è proprio questo periodo preistorico che ci manca nella zona a N di Taranto.
Da quanto siamo venuti esponendo è apparsa chiaramente l'importanza che possono avere le scoperte precedenti: fissando sulla carta tutti i centri in cui sono avvenute scoperte archeologiche, si ha immediatamente la possibilità di tentare un collegamento di un punto con l'altro. Nasce così quel primo tessuto che serve alla ricerca della viabilità. Nel caso del Foggiano si ha un’altra situazione; dopo aver riconosciuto come si presentano sulle fotografie aeree i villaggi preistorici si è passati allo studio di tutte le coperture aeree ed in seguito alla loro posizione sulle carte topografiche. Ciò vuol dire che le scoperte sono state fatte, in gran parte, attraverso le fotografie aeree e non soltanto attraverso l'indicazione che poteva venirci dagli scavi. Quanto più ci troviamo di fronte ad una densità di centri antichi ben noti, tanto più è facile procedere al riconoscimento delle strade. Difficilmente si può parlare di vie di collegamento in una zona in cui non si conosce alcun centro. E se questo ragionamento è valido per la preistoria, molto più valido appare nella ricerca della viabilità in età storica, specialmente per il periodo greco. Mentre per il periodo romano si può fare appello ai testi antichi, alle pietre miliarie, per il periodo greco abbiamo soltanto vaghe allusioni letterarie di spostamenti di eserciti, da un punto all'altro, sulle strade. È sicuro infine che nel periodo greco, oltre alle vie marittime, esistevano anche vie terrestri ben note non soltanto agli eserciti, ma anche ai commercianti.
Finora le nostre conoscenze sono molto meglio articolate per la zona costiera dove si è svolta la colonizzazione ellenica. Ben poco e solo recentemente le ricerche hanno preso di mira anche l'interno, vale a dire le zone in cui si è svolta di più la penetrazione ellenica. In confronto a quanto si è fatto in Sicilia, la Magna Grecia ci è meno conosciuta non soltanto nell'ubicazione delle colonie greche ma anche in quella dei centri indigeni dell'interno. Non si conosce con precisione l'area in cui è sorta la colonia di Siris e ancora dubbia è l'ubicazione di Sybaris e di Thourioi. Quanto al lato tirrenico, ci manca finora qualsiasi indicazione sul luogo in cui sorsero molte delle sottocolonie delle città site sullo Ionio. Non sappiamo nulla di Laos e nulla ancora di Skidros, mentre incerto è il perimetro della città di Metataurus. Per quanto riguarda l'interno, oltre al centro di Castiglione delle Paludi, di Serra di Vaglio e Torretta di Pietragalla, si hanno notizie soltanto per-la zona di M. Coppola (f. 213) e Serra Maggiore recentemente studiate dal giovane Quilici. Grazie a vecchi ritrovamenti e alla fotointerpretazione è stato possibile infine aumentare le nostre conoscenze sulla ricca alta valle del fiume Agri, specialmente nelle zone a monte di Grumentum, verso Raja Rotonda (f. 199) e Marsico Nuovo. Ma l'esplorazione di queste zone è soltanto al suo inizio, inizio che già si preannuncia promettente. Un’altra zona, tra le meglio studiate, è il Vallo di Diano con le sue necropoli indigene di Sala Consilina e Padula 11. Anche se molto discussa, la via di collegamento di questo canale tra il meridione ed il settentrione, può trovare, nello studio delle aerofotografie, se non una soluzione, almeno un avviamento per una migliore comprensione. Quanto alla zona campana e specialmente all'area compresa nei fogli 172 e 183-184, questa è stata da me volutamente tralasciata, dato che il collega Johannowski sta lavorando da più anni per chiarire il problema della viabilità. Ho scelto soltanto un piccolo tratto, ad oriente della zona che interessa il collega Johannowski e precisamente la Valle Caudina. Oltre alla viabilità, lo studio delle fotografie aeree della zona, ci immette nel vivo del racconto liviano, offrendoci altri punti di partenza per l'interpretazione del testo.
Ma ciò che più interessava in questa parte dello studio, era il problema dei collegamenti tra le diverse colonie dello Ionio e di queste con i centri dell'interno.
Per una, tra le tante evidenze letterarie sull'esistenza di una via greca costiera, basta citare gli spostamenti di Dionigi di Siracusa nel 390 a. C. con i suoi ippeis, tra Locri e Reggio (Diod. XIV, 101), mentre per l'esistenza di vie interne, da una costa all’altra, si potrebbe citare lo stesso Diodoro (XIV, 101 sg.) nella presentazione della marcia dei Thourioi verso Laos nel 389.
Dato che sarebbe impossibile studiare l'intero andamento della via litoranea, ho scelto qualche caso che più di ogni altra lunga discussione potrebbe indicarci il suo tracciato.
Il primo caso scelto è quello di Caulonia. Oltre alle vecchie indicazioni fornite dall'Orsi, sulla parte topografica della città sono ritornati i due studiosi (Schmiedt-Chevallier), che hanno presentato i risultati delle loro interpretazioni nello studio, più sopra citato, dedicato alla zona di Metaponto. Mentre i due si sono occupati della pianta della città, personalmente ho interrogato le fotografie per vedere se queste possono offrirci una indicazione sulle vie di accesso. Partendo dalla pianta di P. Orsi e dagli assi stradali rilevati dalle aerofotografie (figg. 8-9), possiamo facilmente rintracciare due vie, l'una che penetra sul lato N, visibile su tutti i fotogrammi, ed un’altra sul lato meridionale, la quale, attraversato il Vallone Bernardo, scende lentamente verso la ferrovia Reggio Calabria - Taranto per procedere poi a S, quasi parallela alla detta ferrovia. Nella fig. 9 ho segnato in tratteggio queste due vie mentre è chiaro che il prolungamento verso il cimitero non può essere altro che un’altra via, destinata alla penetrazione nell'interno.
Il secondo caso è quello della via che da N scende nella grande vallata del fiume Crati. Anche se il problema dell'ubicazione di Sybaris non è ancora risolto, penso che anche in questo caso l'aerofotografia può renderci un servizio, indicandoci almeno la zona in cui la città antica deve essere ricercata. Studiando il rilevamento eseguito dalla A.M. e quello della Ditta ETA, appare evidente, sul lato settentrionale della vallata, un sentiero molto infossato che scende dalla zona collinosa in direzione S. Che si tratti di un antico sentiero o antica via, questo si può dedurre dal fatto che non sempre esso separa le proprietà, tagliando appezzamenti di terreno sicuramente formanti la stessa proprietà. Il taglio infossato, conservando le stesse caratteristiche di elemento non divisorio di proprietà, si riscontra anche più a S e precisamente in località Torre di Fregia, località, questa, che presenta l'aspetto di un vero insediamento indigeno. Da questo punto il sentiero, in parte già ricoperto dalle alluvioni, si spinge a SO, per perdersi nella zona ad ovest della stazione di Sibari. È chiaro quindi che la zona in cui debba ritrovarsi la città antica, si dovrà fissare intorno al ponte sul Crati, ad occidente o nelle vicinanze della zona di Stombi.
Quanto all'esistenza di una via litoranea nella zona di Locri, vorrei ricordare che nella città stessa si conosce un dromos antico su cui si innestano due prolungamenti e precisamente da NE a SO. È interessante, a questo proposito, menzionare anche le due arterie che si prolungano dalla costa verso l'interno, sia per indicarci le vie per il Tirreno, sia per le vie del retroterra.
Ed è chiaro anche in questo caso che la via litoranea è molto più spostata nell'interno, come nel caso di Metaponto, e per nulla identificabile con qualche via moderna o medioevale.
Chi studia invece le fotografie aeree relative alla vallata del Bradano e del Basento potrà osservare come lungo questi due fiumi possono essere rintracciati dei tratturi che li accompagnano fino nell'interno della Basilicata, dove, nella zona tra l'Irsina e Tolve, essi si congiungono con quelli già presentati, provenienti dall'E. Lo stesso tratturo continua poi a NO, nella zona a N di Serra di Vaglio e a S di Torretta di Pietragalla. Anche qui l'antichità della via si desume dal suo infossamento nel terreno e dalla sua sparizione nelle divisioni dei campi, come nella fig. 10. Che questo sia un crocevia della massima importanza è già documentato da M. Napoli nella sua relazione al I Convegno della Magna Grecia 12. Nella stessa zona, ricca di insediamenti indigeni, legati certamente con la costa, come dimostra chiaramente la città di Serra del Vaglio, non potevano mancare i collegamenti sia con le colonie dello Ionio sia tra un centro e l'altro.
Una tra le più importanti zone archeologiche meglio conosciute negli ultimi anni si è rivelato il Vallo di Diano, questo enorme passaggio e punto d'incontro. Considerata da tempo e da molti quale normale via di accesso dei prodotti greci dello Ionio verso l'Etruria meridionale, nel senso di zona campana, venne ultimamente scartata, considerandola come un lago senza deflusso, un mondo a sé stante. Se oggi avessimo a disposizione una minuta ricognizione sul terreno, con le indicazioni di tutti i ritrovamenti archeologici, l'affermazione o la negazione di questa strada potrebbe essere più profondamente studiata. Oltre agli scavi di Padula e di Sala Consilina, ben poco conosciamo sui ritrovamenti avvenuti alle due testate della vallata. Se nulla si è trovato più a nord o, per meglio dire, se il poco che è stato messo in luce appare del tutto diverso, tipologicamente, da quanto è stato rinvenuto negli ultimi scavi della vallata stessa, non significa, a mio avviso, che attraverso questo canale non si sia verificato un passaggio di prodotti tra il N e S. Se prendiamo soltanto un esempio dalla Sicilia, quello dei centri di Sabucina e Capodarso e lo riavviciniamo a quanto è stato ravvisato prima per la funzione di passaggio di questa vallata, credo che i termini di paragone possano certamente avere il loro peso nel considerarla sempre una via naturale tra N e S. Che anche in questo caso si abbia una antica via si può desumere, almeno per il tratto Sala Consilina-Padula, da tutta una serie di indicazioni offerte dal rilevamento aereo (fig. 11).
Altrettanto vera è anche la traccia, simile ad un solco, visibile su tutti i rilevamenti aerei, della Valle Caudina. La fotografia aerea però, più che alla scoperta dell'antica via di comunicazione, ci ha riportato davanti agli occhi un testo antico, quello di Livio in cui si parla di una serie di pagi esistenti sulle (colline e le montagne che sovrastano il passaggio dei Romani. La loro esistenza, data la mancanza di ricerche, non fu mai discussa mentre il mosaico (fig. 12) mostra la loro posizione quasi su ogni altura.
Visto sotto questo aspetto, il problema della viabilità nella Magna Grecia si presenta come uno tra i più attraenti terreni. Ma affinché esso possa essere risolto nei dettagli, ha bisogno non solo di continue verifiche ma anche, e soprattutto, di essere inquadrato in un tessuto di centri urbani, tessuto ancora da compiere. Il giorno in cui ogni regione sarà sottoposta ad una accurata ricognizione ed ogni centro abitato verrà fissato sulle carta topografiche, questo problema troverà una più adeguata soluzione. Per ora, anche se i centri abitati scoperti rappresentano piuttosto capisaldi di una vasta rete, la fotografia aerea serve ad indirizzare le ricerche e non ad entrare nei dettagli. I dettagli potranno venire nel momento in cui, accanto alla fotointerpretazione, potrà trovare posto una lunga serie di sondaggi o semplicemente di ricognizioni a terra. La ricognizione a terra, accompagnata, ove sarà necessario, da sondaggi, avrà la parola decisiva.
(Segue il dibattito sulle due relazioni presentate – di Lugli e di Adamesteanu. Il dibattito è lungo e vivace, mi pare interessante riportare la replica finale di Adamesteanu, e segnalare una poesia di Bertold Brecht recitata a sorpresa dall’archeologo polacco prof. Bronislaw Bilinski)
Mi pare di aver capito che qualcuno si sia lamentato che io non abbia studiato questa strada, che non abbia presentato quell'altra strada e che mi sia sfuggito non so quale tratturo. Ripeto quanto ho detto nella mia relazione: non ho voluto ricostruire la rete stradale della Magna Grecia poiché considero giustissimo quanto affermato da Mario Napoli l'anno scorso ed oggi: per conoscere a fondo una parte di una carta 1:100.000 ci vogliono due o tre anni e questa è anche la mia esperienza in Sicilia. L'area presa in considerazione da me è quasi mezza Italia e quindi lontano da me il tentativo di ricostruire la rete stradale di mezza Italia. Gli esempi presi in considerazione sono esempi di metodo, vale a dire che cosa si potrebbe fare con la fotografia aerea, con lo studio delle carte topografiche e specialmente con le mappe in cui fossero segnate tutte le località archeologiche. Ho accennato inoltre al fatto che la rete stradale può essere meglio studiata allorquando si ha a disposizione una mappa archeologica quanto più completa di indicazioni di località. C'è ancora un altro punto a cui ho accennato e su cui desidererei insistere ancora una volta: quando un archeologo ha lavorato per molti anni in una zona ed ha visto che tutti i villaggi preistorici si presentano sotto un certo aspetto, allo stesso archeologo sarà molto più facile rintracciare gli stessi tipi di insediamenti sui rilevamenti aerei anche se questi non siano stati mai scavati. A nessun archeologo, anche con la minima preparazione fotointerpretativa, potrà sfuggire un villaggio neolitico compreso nelle fotografie aeree. Lo stesso dicasi per i centri indigeni di età storica. A chi ha scavato uno o due di questi centri non sfuggirà mai un insediamento come quello di S. Trinità o Monte Sannace mentre studia le fotografie aeree: questi centri, più o meno, sono sempre uguali.
La fotointerpretazione archeologica è qualcosa di insito in ogni archeologo e difficilmente egli potrà confondere una moderna lottizzazione con la centuriazione o una Strada antica con un acquedotto. Se a queste conoscenze topografiche si aggiunge anche quella del problema storico, si può convenire che la possibilità di rintracciare la viabilità di una zona sia piuttosto facile.
Il problema più difficile almeno per l'Italia meridionale è quello della edizione di tutto il materiale da tempo scoperto e giacente ancora nei magazzini dei musei. Quando tutto questo lavoro sarà fatto, il compito di redigere una mappa archeologica ed una rete stradale nell'antichità sarà molto più facile di quanto non lo sia oggi. Ed è certo che se tutto questo materiale fosse oggi già pubblicato, noi potremmo utilizzare la fotografia aerea con un vantaggio molto più grande. Per chiarire questo concetto mi permetto di rammentare un fatto avvenuto alle spalle di Gela: segnando sulle Tavolette 1:25.000 tutti i ritrovamenti vecchi e nuovi avvenuti nella zona di Milingiana e prendendo in studio le fotografie aeree dalle più vecchie alle ultime, è stato possibile rintracciare una serie di tratturi che collegava fra loro le diverse fattorie di età storica, i diversi villaggi castellucciani e nello stesso tempo collegava la costa con l'interno. Spostando il sistema di ricerca in altre zone del retroterra di Gela, è stato possibile renderci conto dell'infinita possibilità di collegamento non soltanto di Gela con i centri di Butera, M. Desusino, M. Bubbonia ecc. ma anche di un centro con l'altro. Lo stesso si può dire per il retroterra di Agrigento e specialmente delle vie di spinta da Agrigento verso NE.
Tengo a precisare però che ogni scoperta fatta con la fotografia aerea non sarà mai una vera scoperta se non sarà verificata sul terreno.
1Papers of the BritishSchool at Rome, XXIII, 1955, p. 44 sgg.; XXV, 1957, . p. 67 sgg.; XXVI, 1958, p. 63 sgg.; XXIX, 1961, p. 1 sgg.; XXX, 1962, p. 116 sgg.
2 Un caso simile si è verificato in Sicilia e specialmente nella Puglia. Cfr. GIOVANNA ALVISI, Problemi di viabilità nell'Apulia settentrionale, in Arch. Class., XIV, 1962, pp. 148-161.
[3]D. ADAMESTEANU, Viabilità antica in Sicilia, in Kokalos, VIII, 1963 (in corso di stampa).
[4] Quest’ultimo rilevamento è stato eseguito dalla Ditta I.R.T.A. (Istituto di rilevamenti terrestri ed aerei) di Milano. Il rilevamento a scala 1:35.000 è della Aeronautica Italiana e va considerato quale volo base dell’Italia.
[5]Vedi la relazione al VI Convegno della Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia, in corso di stampa.
[6]Cfr. fig. 1.
[7]Ancient Landscapes, Oxford 1948.
[8]Cfr. nota precedente.
9Negli Atti del I Convegno di studi sulla Magna Grecia, Napoli, 1962, pp. 223-237.
10Caulonia e Metaponto, in Universo, XXXIX, 1959, p. 27
11Mostra della Preistoria e della Protostoria nel Salernitano, Salerno, 1962.
12Negli Atti del I Convegno di studi sulla Magna Grecia, pp. 205-210.
Le immagini che illustrano la relazione sono contenute in questa cartella