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Orsola Casagrande
Ivrea, Olivetti non abita più qui
11 Dicembre 2005
Articoli del 2004
Tempo fa, su Eddyburg, si era criticato il parco a tema Mediapolis Canavese, come soluzione stramba e pericolosa alla crisi economica dell'area. Un'opinione condivisa, almeno a sinistra. Da Il Manifesto del 20 luglio (fb)

Il territorio del Canavese si ripensa. In due modi opposti

Gli enormi spazi lasciati vuoti dalla crisi al centro di una mega-speculazione. Ma c'è chi non dimentica il modello olivettiano e si batte contro la sua cancellazione



Via Jervis rappresenta l'asse su cui si è sviluppato l'impero informatico Olivetti. Il palazzo originale, in mattoni rossi, oggi ospita uffici, soprattutto dell'Azienda sanitaria locale. A fianco c'è l'edificio a specchi voluto da Olivetti negli anni Cinquanta. In forte contrasto con quello in mattoni, a segnare la nuova filosofia dell'imprenditore piemontese che voleva la fabbrica dentro la città. Gli specchi rappresentavano la possibilità per lo stabilimento di guardare fuori e di essere guardata dall'esterno, in una nuova relazione osmotica con la città. Di fronte al nuovo edificio (oggi anche questo affittato a diverse ditte, da Vodafone a Wind) ci sono le costruzioni che ospitavano i servizi per i dipendenti, dalla biblioteca, all'infermeria, all'asilo. L'impero Olivetti oggi non c'è più. Inesorabile è stato il declino di quello che doveva essere il polo informatico italiano, fiore all'occhiello di un'industria nazionale che non era solo Fiat. Per molti versi, la crisi Olivetti ha anticipato quel che oggi sta accadendo alla Fiat. Anche a Ivrea rimangono i corpi delle vecchie fabbriche che sono stati riempiti da uffici d'altra natura, soprattutto pubblici.

Scarmagno addio

Nel 1996, Carlo De Benedetti, che aveva assunto il controllo dell'Olivetti nel 1978, ne deve gestire la messa in liquidazione. Per Ivrea e l'intero territorio del Canavese si tratta di un colpo durissimo. Migliaia di persone vengono licenziate utilizzando prepensionamenti e mobilità, altre migliaia, tecnici e dirigenti, trovano altrove una nuova collocazione. E' la scomparsa di una comunità di lavoratori, competenze, saperi che oggi sembra vivere le sue convulsioni finali. Per ironia della sorte, a Scarmagno (in quello che fu lo stabilimento modello della Olivetti) i pochi computer che si continuano ad assemblare hanno il marchio dei taiwanesi della Acer, ma la fabbrica è sull'orlo della chiusura. Percorrendo via Jervis, dunque, si attraversa la storia di questo polo industriale ormai scomparso. Nevio Perna, dipendente in mobilità della Getronics, ci fa da cicerone e racconta una città, un territorio che continuano a cercare di risollevarsi dalla crisi. Ma, dice, l'idea di città e di sviluppo possibile a cui lavorano le amministrazioni comunale, provinciale e regionale è assai diversa da quella che hanno in mente lavoratori, movimenti, associazioni. Il vuoto lasciato dalla grande industria, come nel caso di Torino, sembra popolarsi di speculazioni immobiliari, di opere infrastrutturali per velocizzare i trasporti, di paradisi artificiali dei consumi. E' emblematico che la Multiservice, società di proprietà della Pirelli che gestisce il patrimonio immobiliare della ex-Olivetti, sia coinvolta in due delle operazioni economiche più significative: la trasformazione dell'area ex-Montefibre in una zona residenziale cinicamente battezzata «il quarto quartiere olivettiano» e il progetto di Millenium Park, ovvero un parco a tema che dovrebbe sorgere su un'area poco lontana (7 chilometri) da Ivrea, ad Albiano (paese di 1.700 abitanti). Si tratta di un'area vastissima, 600mila metri quadrati. Una zona agricola lungo la bretella che raccorda l'autostrada Milano-Torino con quella per la Valle d'Aosta, in cui domina l'anfiteatro morenico della Serra. Un'area omogenea e regolare, campi, filari, canali, cascine isolate, centri abitati presidiati dai loro castelli (Masino, Albiano, Bollengo). Un'area, chiarisce Agostino Petruzzelli di Legambiente, che però è una zona di ricarica delle falde ed area di esondazione del fiume Dora Baltea. Difficile edificare dunque.

La proprietà dei terreni è per 500 dei 600mila metri quadrati di estensione, della Olivetti Multiservice. Che l'ha ceduta in cambio del 10% del progetto Millenium, alla società Mediapolis spa, nata a Torino nel 1991 come società di servizi qualificati nel campo della progettazione. Due nuove società saranno create da Mediapolis, in partnership con operatori dei due settori, per la gestione delle due aree a conduzione diretta di Mediapolis: il parco a tema e l'e-business. Le altre aree (centro commerciale, albergo, cinema multisala) saranno cedute a operatori dei tre settori specifici e gli investimenti relativi saranno a loro carico. Dal 1998 il presidente di Mediapolis è Gianni Zandano, ex presidente dell'Istituto Bancario S. Paolo di Torino. Il progetto Millenium è assai vago. Il parco a tema ha assunto negli anni varie forme. Parco della comunicazione, dello sport, delle nuove tecnologie fino all'ultima idea, quella di un museo del rock & roll. La vaghezza del progetto non sembra preoccupare le amministrazioni pubbliche locali e la regione che continuano a sostenere l'idea e soprattutto, non scandalizza il fatto che per la messa in sicurezza del sito serviranno ben 26 milioni di euro, tutti soldi pubblici.

Secondo le associazioni ambientaliste (che hanno presentato ricorso al Tar contro l'avvio dei lavori di costruzione, visto che il terreno è esondabile), il Social forum di Ivrea, la Fiom, pezzi di Ds, i consiglieri regionali di Rifondazione, Verdi e Comunisti italiani, il parco a tema serve da copertura per la costruzione dell'ennesimo centro commerciale . Un centro commerciale da 60.000 metri quadrati che molti vorrebbero diventasse l'unico (non)luogo di aggregazione possibile per milioni di persone (11 all'anno, si dice). Dove la gente si sfiora, forse si guarda, di certo non comunica, ma altrettanto certamente finisce con il consumare. I centri commerciali sono patria di negozi, cinema, ristoranti, bar. Diffusi negli Stati uniti e in Gran Bretagna, stanno prendendo piede (con alterne fortune) anche in Italia. Il parco a tema è una variante dello shopping centre secco (consumare divertendosi, la filosofia che lo sottende). Quello di Ivrea dovrebbe costare 170 milioni di euro. Per le due aree sviluppate e gestite direttamente da Mediapolis, l'investimento previsto è di 75 milioni di euro, coperti, oltre che dal capitale proprio, dalla cessione delle altre aree di attività (albergo, cinema, centri commerciali), da contributi e finanziamenti pubblici (Ue e Bei.) e da finanziamenti bancari. «Il progetto - dice Nevio Perna - è stato ammesso a un contributo di circa 6 milioni di euro a fondo perduto dal Patto territoriale del Canavese». Anche i dati relativi all'occupazione sono estremamente vaghi: si parla di circa 1000 posti di lavoro. In realtà, gli unici dati documentati indicano un massimo annuale nel mese di luglio di 350 occupati a bassa qualificazione nel parco a tema, con possibilità di lavoro offerta «agli studenti universitari per guadagnare qualcosa». I lavoratori qualificati sarebbero invece una quindicina.

Scegliere la qualità

Quella parte di territorio che non ci sta a un futuro di domeniche da trascorrere al centro commerciale non si limita a criticare il progetto ma propone alternative concrete. «Il sindacato - dice Federico Bellono della Fiom - non fa altro che rincorrere le molte aziende in crisi che provengono dal mondo dell'informatica. Ma non si potrà evitare la perdita delle uniche medie imprese del Canavese se non si rilanciano politiche industriali forti che tengano conto del patrimonio di conoscenze ancora esistenti sul territorio». La prima necessità è quella di arrestare lo svuotamento industriale e lo spostamento di attività verso Milano (ultima di una lunga serie è la richiesta della Wind). Cioè, cercare di fermare questo svuotamento del territorio di lavoro qualificato lasciando i call center. Sindacati e associazioni non pensano certo al metalmezzadro olivettiano, quanto a un rilancio per esempio, del settore agricolo nel canavese. «Puntare sull'agricoltura rinnovata - dice Perna, che fa anche parte di un Gruppo di Acquisto Solidale - per una produzione di qualità, magari partendo dal biologico. Capace di arrestare il dissesto del territorio e quindi di valorizzare le risorse naturali di un'area, quella dell'anfiteatro morenico della Serra, che costituiscono un patrimonio unico di biodiversità, oggi in grave pericolo. Pensare al futuro oggi significa innanzitutto ricucire il rapporto tra economia, ambiente e società a partire dai luoghi. Occorre un'inversione dello sguardo proprio a partire dal territorio, dall'ambiente e dalle persone». La strada è tutta in salita, ma al traguardo c'è il futuro del territorio. E non tutti sono disposti a rinunciare a dire la loro su come si potrà vivere nei prossimi anni.

Nota: qui il pezzo di Eddyburg sul parco a tema Mediapolis, e relativi links (fb)

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