Il progetto di gestione dei rifiuti in Campania doveva essere portato avanti «a tutti i costi», dunque se necessario anche «cercando in ogni modo di occultare» le inadempienze e le criticità che di volta in volta venivano rilevate. Una «logica scellerata», la definisce il giudice Aldo Esposito, che avrebbe non solo «caratterizzato in questi anni il lavoro del commissariato straordinario, ma anche «influenzato l’opera dei collaudatori, dei direttori dei lavori e dei responsabili di progetto» dei sette impianti di cdr realizzati nella regione. Da questa ipotesi d’accusa, e sul presupposto della ritenuta «assoluta inidoneità tecnica di quegli impianti», parte l’inchiesta sui collaudi sfociata ieri nella emissione di quindici ordinanze di custodia agli arresti domiciliari nei confronti di docenti universitari, tecnici e altri professionisti. A tutti è contestato il reato di falso ideologico. Fra i destinatari del provvedimento, il presidente della Provincia di Benevento, Aniello Cimitile, Pd, coinvolto nella qualità di presidente della commissione di collaudo dell’impianto di Casalduni.
Il suo arresto apre un nuovo fronte nel dibattito fra gli schieramenti a pochi giorni dal voto. «Non commento fatti che non conosco - dice il segretario del Pd Dario Franceschini - ho rispetto per la magistratura, spero che faccia bene e in fretta il suo lavoro. Io non penso mai ai complotti, altri lo fanno». Daniele Capezzone, del Pdl, afferma: «Non siamo giustizialisti, ci basta la valutazione politica. È stato il Pd a creare l’emergenza rifiuti che il governo Berlusconi sta risolvendo». Cimitile, difeso dall’avvocato Claudio Botti, potrebbe essere interrogato già nelle prossime ore. Il suo portavoce lo descrive «colpito da un provvedimento che ritiene ingiusto, errato e sproporzionato» ma anche «fermamente convinto che dal punto di vista tecnico il collaudo, peraltro solo tecnico-amministrativo, fu compiuto con rigore e professionalità».
L’indagine è stata condotta dagli agenti della Dia diretti dal capo centro Maurizio Vallone (ma non riguarda alcun episodio di criminalità organizzata) e dal nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza. La richiesta di custodia, firmata dai pm Alessandro Milita, Giuseppe Noviello e Paolo Sirleo, con il coordinamento del procuratore aggiunto Aldo De Chiara, è stata integrata anche con la documentazione acquisita il 20 maggio scorso dalla finanza presso il termovalorizzatore di Acerra. I fatti si riferiscono a un periodo compreso fra il 2001 e il 2006. Il giudice Aldo Esposito ha emesso la misura solo per gli episodi più recenti (anche se potenzialmente già coperti da indulto) rigettando la richiesta per gli altri. La procura ritiene che nei certificati di collaudo sia stata «falsamente attestato» il rispetto da parte di Fibe il rispetto del contratto d’appalto.
E sono considerati falsi anche gli atti del collaudo «nella parte in cui si è attestata la conformità degli impianti installati rispetto a quelli previsti dal progetto»: dalle indagini infatti è emersa la modifica di alcuni macchinari «senza autorizzazione della stazione appaltante e senza che i collaudatori abbiano constatato la accertata difformità». I fatti inducono il giudice a una «lettura ex post dell’emergenza rifiuti in Campania: la verifica dell’effettivo buon funzionamento degli impianti - si legge nell’ordinanza - avrebbe scongiurato l’entrata in vigore di un sistema di smaltimento frutto di una colossale truffa».