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Eugenio Scalfari
Il vascello fantasma nel porto delle nebbie
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
I titoli di un'opera di Richard Wagner e un film di Marcel Carné forniscono le metafore che guidano l'editoriale di la Repubblica del 1° agosto 2004

LE CARTE del gioco sono sempre più mischiate, i gomitoli sempre più imbrogliati e dipanarne i fili è diventata un´operazione quanto mai ardua.

Vale per l´Italia, vale per l´Europa, per gli Stati Uniti, per la Russia e per l´Oriente, quello vicino e quello lontano. In un mondo sempre più interdipendente dare un senso a questa congerie di eventi nebulosi è quasi impossibile. Forse un senso non c´è. Siamo costretti a inventarcelo per sopravvivere. Accatastiamo segnali contraddittori, reperti, analogie, metafore del possibile, statistiche del probabile. Ma da dove e da chi cominciare?

* * *

Comincerò da Kerry, l´anti-Bush che sta scrupolosamente attento a nominare il suo antagonista il meno possibile, a volare rasoterra per sfuggire ai radar dell´avversario cercando di convogliare attorno a sé il pacifismo del mondo intero presentandosi con la mano alla visiera da vecchio combattente e con lo slogan "Strong America". Il campione del multilateralismo che dovrà ricucire le ferite inferte dai neo-conservatori agli alleati europei e agli arabi moderati esordisce affermando: «Non permetterò mai a nessun paese e a nessuna istituzione internazionale d´interferire sulle nostre decisioni per quanto riguarda la nostra sicurezza».

Reculer pour mieux sauter? Forse. Ma forse no. Kerry parla ad un paese che è il più potente del mondo e deve ottenerne il consenso. Un paese dove il saluto militare è ormai una sorta di tic nazionale. Un paese geloso della propria democrazia ma assai poco versato al garantismo d´esportazione. Infine: un paese molto generoso con gli altri anche perché gli altri gli forniscono da almeno ottant´anni i mezzi per vivere costantemente al di sopra delle sue risorse.

Può darsi che Kerry vinca la sfida con Bush. Personalmente me lo auguro perché penso che l´America da lui rappresentata sia comunque il meglio che quel grande paese amico possa esprimere. Ma non facciamo l´errore di considerare Kerry come l´erede di George Washington o di Abramo Lincoln.

Troppo tempo è passato e gli Usa, anche se smetteranno di teorizzarlo, sono comunque il centro d´un impero. Ai suoi tempi perfino Marco Aurelio, l´imperatore filosofo, sapeva bene come far rispettare la forza di Roma.

Kerry sa che il suo paese può vincere da solo qualsiasi guerra ma ha bisogno di grandi alleanze e di grande consenso per vincere la pace. Ma questo ormai lo sa perfino Bush. Kerry, se andrà alla Casa Bianca, curerà molto di più lo sconquassatissimo welfare americano, la sanità, la scuola, l´assistenza. Forse vezzeggerà più Chirac di Berlusconi. Gli si può chiedere di più?

Quanto ai nostri Fassino e Rutelli, è perfettamente vero che la loro dichiarazione sulla permanenza del contingente italiano in Iraq nel caso che l´Onu assuma poteri rilevanti in quel paese non rappresenta una novità.

L´hanno sempre detto, perfino con atti parlamentari più volte ripetuti. Perciò non si capisce perché abbiano sentito il bisogno di ripetere il già noto.

Talvolta la sobrietà è meglio della loquela e questo era uno di quei casi.

* * *

Ho cominciato dallo sfidante di Bush ma ora, perdonatemi, debbo parlarvi dei tafferugli avvenuti ieri alla Camera dei deputati riunita per votare il prestito-ponte destinato a far sopravvivere almeno per qualche mese l´Alitalia nella speranza che la compagnia possa risollevarsi dallo stato di prefallimento in cui versa.

Leggerete in cronaca il resoconto di questo episodio disdicevole, attizzato dal diverbio tra socialisti e Lega. Va detto che qui si è giunti molto al di là del folklore.

Dalle parole si è passati ai fatti, la gazzarra leghista ha prodotto molti contusi e addirittura un ferito, condotto nell´infermeria di Montecitorio.

Vittime dell´aggressione leghista sono stati un deputato della Margherita e i socialisti ma non quelli di Boselli bensì quelli di De Michelis, all´interno cioè del centrodestra.

Ora si parla di dimissioni di Bondi, che teme altri e più insidiosi attacchi dall´interno della stessa Forza Italia. L´ex ministro dell´Interno, Scajola, vuole parlare del dopo-Berlusconi e decine di deputati gli fanno coro. Formigoni da Milano sfiducia il rappresentante di Berlusconi che sovrintende al partito in Lombardia. Il presidente della Camera si rifiuta di strozzare il dibattito sulla devolution come vorrebbe la Lega. Fini ha perso la voce e dopo tanto eloquio è diventato muto. Follini aspetta settembre.

Berlusconi spiega che la Finanziaria di Siniscalco non prenderà un solo centesimo dalle tasche degli italiani ma sosterrà lo sviluppo del paese con apposite misure. I 24 miliardi di manovra prevista pioveranno dunque dal cielo per premiare l´uomo della provvidenza. Forse quell´uomo è diventato pazzo e ancora non ce ne siamo accorti. E quand´anche, non bisognerebbe dirlo per poter agganciare i voti dei moderati in trasferimento da destra verso il centro (sinistra?).

Signori, egregi lettori, concittadini: è chiaro che il governo e la coalizione di maggioranza sono usciti dai cardini. Domenica scorsa scrissi che il paese è stato affidato a un gruppo di saltimbanchi imbroglioni. Poi, rileggendomi, mi sono pentito: alla mia età dovrei essere più cauto, più saggio, meno puntuto. Ma oggi, con quello che accade intorno, mi assolvo completamente. Ancora una volta la realtà ha superato l´immaginazione e nemmeno le parole per descrivere l´umiliazione e la vergogna che si provano di fronte allo spettacolo impudico messo quotidianamente in scena da chi rappresenta le nostre istituzioni, sono bastanti.

* * *

Debbo anche parlarvi - e scusatemi ancora - di Siniscalco il nuovo ministro dell´Economia che, seguendo il lessico in uso, si dice sieda sulla poltrona che fu di Quintino Sella.

Dunque Siniscalco. Sta vivendo un suo periodo di grazia. Il predecessore era talmente querulo e al tempo stesso tirannico, talmente creativo e al tempo stesso dissennato, che chiunque fosse stato scelto dopo di lui sarebbe stato accolto con un sincero benvenuto.

Siniscalco ha promesso trasparenza, ascolto, dialogo. Ha snocciolato le cifre del disastro finanziario. Non tutte, perché il disastro è almeno il doppio di quanto annunciato; ma insomma ha certamente sollevato una parte del velo che aveva coperto per tre anni quelle voragini.

Qui però, almeno per ora, si arresta la trasparenza di Siniscalco. Non sappiamo dove prenderà i 24 miliardi della manovra più i 6 necessari per far giocare il Capo con la riduzione dell´Irpef.

Il primo approccio del successore di Quintino Sella sembra quello di poter superare la soglia del 3 per cento deficit/Pil col benestare dell´Europa.

Ammesso e non concesso che quel benestare ci sia, questo significa che il successore di Sella potrà sfondare i limiti di Maastricht aumentando così il disavanzo. Curerà il buco di competenza mandando in passivo la cassa.

Elementare Watson. Stamperà biglietti il nipotino di Quintino Sella.

Accrescerà il fabbisogno. Emetterà titoli pubblici. Quindi aumenterà il debito pubblico. Auguri.

Ma poi, per turare l´ammanco di cassa, venderà patrimonio. Immobili.

Azioni. Diritti. Per cento miliardi di euro (200mila miliardi di lire) in quattro anni. E poi dite se anche lui non è creativo: si muove sul trapezio con sapiente maestria. Avevo detto saltimbanchi ma mi correggo: trapezisti.

Però senza rete. È infatti molto dubbio esitare il patrimonio così rapidamente. Credo che chiameranno in soccorso le banche per anticipare i soldi necessari. Ma per invogliarle dovranno svendere gli asset patrimoniali.

E chi se ne frega: pagheranno i figli e i nipoti.

Questa storia dei figli e dei nipoti sta prendendo una bruttissima piega.

Non dovevano essere i padri a pagare per i giovani? Non era questo lo spunto della riforma del lavoro e di quella delle pensioni? Contrordine: pagheranno tutti. Anzi i figli più ancora dei padri.

Dice il professor Nicola Rossi, deputato riformista Ds: la riforma delle pensioni non è granché, doveva essere più rigorosa, ma se il centrosinistra vincerà dovrà tenersela perché è comunque meglio di niente.

Ho stima per il professor Rossi ma, mi scuserà se dico che non condivido.

La riforma delle pensioni potrebbe certo essere ancora più severa e più rapida nei risultati ma a una tassativa condizione: e cioè che prima o almeno contestualmente al suo varo avrebbe dovuto esser messo in piedi un sistema di ammortamenti sociali che coprisse l´insicurezza del lavoro flessibile e provvedesse alla formazione e alla "buona occupazione" dei lavoratori, come da tempo suggerisce Giorgio Ruffolo.

Se questo fosse il programma del centrosinistra, come mi auguro, la riforma delle pensioni può perfino essere migliorata, ma non un solo centesimo dovrebbe finire nelle casse del Tesoro: saranno gli stessi pensionandi a destinare i loro sacrifici per render possibile il nuovo Welfare. Sennò, no.

Confido che il professor Rossi convenga con me.

* * *

Intanto affiora l´ipotesi di un´imposta patrimoniale perché il buon Siniscalco da qualche parte dovrà pur trovarli quei maledetti quattrini. Hai voglia a tagliare le pensioni d´invalidità, hai voglia a sostituire incentivi con prestiti agevolati, hai voglia ad aumentare le sigarette. Bazzecole. C´è un vasto patrimonio immobiliare privato. Tassiamolo. E infatti hanno cominciato con la seconda casa, ma sono briciole.

Naturalmente la parola "patrimoniale" non può neppure essere pronunciata.

Ma ci stanno pensando. Prelevare con imposta le plusvalenze degli immobili.

Attenti però: se non è uno scherzo può diventare una rivoluzione. Tassare la prima casa? Che lo dica Bertinotti, passi; che lo pensi Siniscalco, membro d´un governo sostenuto dal medio ceto, via, sarebbe solo il sintomo che non c´è più niente da fare.

Onorevole ministro dell´Economia, dica forte e chiaro ciò che finora ha sussurrato: per colmare il buco lei dovrà tassare o accrescere il debito.

Scelga lei a quale corda impiccare i padri oppure i figli o tutti e due. E ringrazi il suo predecessore per la bella eredità che le ha lasciato.

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