Napoli. Esasperati da quattro mesi di cassa integrazione che coinvolge o sta per coinvolgere 400 dipendenti sui 680 in totale, giovedì mattina gli operai della Fincantieri di Castellammare di Stabia, polo navale di rilievo nazionale, hanno occupato per la seconda volta in tre settimane la statale sorrentina. Traffico paralizzato per ore da e verso le capitali del turismo della costiera amalfitana. Nelle scorse settimane cinque lavoratori dell’Alcatel di Battipaglia si sono barricati in fabbrica minacciando di darsi fuoco per la paventata chiusura dello stabilimento che da lavoro a 200 interni e 300 interinali. La protesta si è chiusa, per ora, solo dopo il blocco della cessione alla Btp Techno srl, che si temeva essere il primo passo verso la dismissione. A Pomigliano d’Arco 5 mila lavoratori della Fiat e 5 mila tute blu dell’indotto arrivano a fine mese grazie ai 200 euro supplementari alla cassa integrazione, stanziati grazie al rimescolamento di alcuni fondi regionali per progetti di formazione e pubblica utilità. La catena di montaggio, che assembla modelli di auto tagliate fuori dagli incentivi sulle rottamazioni, marcia a singhiozzo.
Nubi nere anche sul futuro di Bticino di Torre del Greco, che ha già licenziato 14 lavoratori su 250, della Metalfer di Torre Annunziata, con 100 operai che resteranno disoccupati alla scadenza della cassa integrazione a dicembre, e dell’Avis di Castellammaredi Stabia, 90 operai che sopravvivono tra cassa integrazione e progetti pubblici di integrazione al reddito. L’ultimo rapporto Istat riferisce di 108mila posti di lavoro persi in Campania rispetto al 2008. Altri 2200 posti, sostengono i sindaci dell’area torrese-stabiese in una lettera aperta al Governo, stanno per andare in fumo tra Castellammare e dintorni entro i primi mesi del 2009.
In questo quadro di crisi e di tensione, va avanti in Regione Campania un “Piano Casa” che all’articolo 5 potrebbe rappresentare il via libera verso la definitiva desertificazione industriale. La delibera licenziata a maggio dalla giunta Bassolino e in attesa di approvazione (si vota domani) in consiglio prevede, caso unico in Italia, la possibilità di riconvertire le aree industriali dismesse in aree residenziali.
Evidenti le controindicazioni: si offre un ulteriore incentivo al disinvestimento, si spunta un’arma ai sindacati nel corso delle contrattazioni – le imprese spesso non chiudono perché non è conveniente svuotare capannoni per i quali è impossibile il cambio di destinazione d’uso – c’è il pericolo di ‘premiare‘ imprenditori che dopo aver munto i soldi pubblici dei contratti d’area e degli altri strumenti di programmazione negoziata stanno cercando di abbandonare il campo. E alla finestra c’è la potentissima camorra del napoletano. Il capogruppo regionale di Sinistra Democratica, Tonino Scala, è da mesi che grida l’allarme: “E’ un provvedimentovoluto soltanto per dare ossigeno all’economia edilizia e che qui in Campania rischia di favorire solo la criminalità organizzata, l'unica che ha la liquidità necessaria ad acquistare i capannoni industriali dismessi in zone come Bagnoli o Ponticelli”.
Proprio il destino di Napoli Est, area periferica e degradata dove si concentrano grandi opere incompiute come l’ospedale del Mare, è uno dei grandi punti interrogativi degli effetti di questo piano. Un piano fermo in commissione Urbanistica da tre mesi, schiacciato dal peso di 427 emendamenti: l’ok per ora è arrivato solo per i primi quattro articoli su nove. Ma le pressioni affinché il ddl venga approvato sono fortissime. A cominciare da quelle dell’Ance, l’associazione campana dei costruttori. “Bisogna far presto – ha detto il presidente Nunzio Coraggio nel corso di un convegno organizzato per fare lobbying – superando le logiche di schiarimenti e unarigidità che non ha ragione di esistere”. In nome di una fame di abitazioni, quantificata nel corso del convegno in ben 300mila unità, gli imprenditori del mattone chiedono un’accelerazione che finora il consiglio regionale non ha impresso, rinviandodal 23 al 30 settembre la trattazione in aula (sempre se la commissione ce la farà a licenziare il tutto). Salvatore Vozza, il sindaco di Castellammare che il 4 settembre scorso ha marciato alla testa del corteo Fincantieri, da uomo di sinistra (ex deputato e segretario provinciale Pds, oggi sta con Nichi Vendola) definisce la proposta relativa alle aree industriali “assurda e inaccettabile, perché offre la possibilità a nuove speculazioni su terreno martoriato. In una terra come la nostra il diritto alla casa è sacrosanto quanto quello a un futuro fatto di lavoro e rispetto per l'ambiente". Anche il Pd, attraverso il capogruppo in Regione, il giurista Pietro Ciarlo, si è dissociato dalla delibera della giunta Bassolino, chiedendo modifiche: “Se dovesse passarela linea speculativa, meglio bloccare tutto”. Viene da chiedersi: che fine ha fatto il Bassolino che nel 2003 impugnò il condono edilizio di Berlusconi in nome della difesa del territorio? “Ha ceduto al pensiero berlusconiano – risponde l’urbanista Vezio De Lucia, assessore comunale di Bassolino ai tempi del ‘Rinascimento Napoletano’ – questo piano ha ceduto al pensiero unico del privatistico e del liberalismo: la casa piuttosto che la città, il bisogno individuale contro i valori sociali negativi”.