Beffa dell’ICI e cemento
di Giovanni Maria Bellu
Quando ieri ci è arrivato il testo del «piano casa», abbiamo cominciato a leggerlo con la convinzione che alcune delle funebri previsioni fatte nei giorni scorsi, dopo l’euforica anticipazione che ne fece il premier, sarebbero state smentite o quantomeno ridimensionate. Berlusconi forse aveva un po' esagerato per colpire la platea e diffondere un po' di «ottimismo» almeno tra gli speculatori edilizi. Ahìnoi, c'eravamo sbagliati: il testo che oggi sarà esaminato dal governo, come ci racconta Roberto Rossi, non solo prevede che per aumentare le volumetrie basti una «autocertificazione», e non solo include tra gli immobili «ampliabili» quelli che hanno beneficiato dei precedenti condoni, ma contiene una serie di suggerimenti pratici per realizzare abusi ulteriori. Nasce la categoria delle opere «caratterizzate da precarietà strutturale dirette a esigenze contingenti e temporanee» che potranno essere costruite ad libitum con l'unico obbligo di smontarle «al cessare della necessità». Che sarà stabilito dal proprietario. Non sembra vero.
Ma attenzione: gli speculatori non esultino, né gli ambientalisti si disperino. Ieri (l'articolo di Chiara Affronte è a pagina 6) abbiamo scoperto che il governo è capace di ravvedersi. Sono mesi che denunciamo i danni provocati alle casse pubbliche dalla dissennata trovata propagandistica del taglio generalizzato dell'Ici sulla prima casa. Bene, i tecnici di Tremonti hanno fatto sapere ai comuni che una serie di cittadini che credevano di essere stati esentati in realtà dovevano pagare. Si tratta di decine di migliaia di persone per un totale di oltre 400 milioni di euro. Un abbaglio collettivo? No: è semplicemente successo che il governo ha diffuso una circolare dove interpreta in modo restrittivo il taglio. In effetti è passato quasi un anno dalle elezioni.
Consulteremo uno specialista della scienza dei numeri. Questa cifra - 400 milioni - ricorre troppo spesso per non avere un significato: corrisponde al costo della decisione di non effettuare l'election day; è quasi identica a quella che si riuscirebbe a raccogliere se fosse applicata la tassa di solidarietà proposta dal Partito democratico e ieri respinta - assieme a tutte le richieste di fare qualcosa per i ceti più deboli - dalla maggioranza. Ecco un'idea per Umberto Bossi che, unico tra i suoi alleati, si è mostrato sensibile all'idea di dare un sostegno alle persone che si trovano senza lavoro e che non godono di alcun tipo di tutela: dica sì all'election day e i soldi arriveranno in un istante. Peccato che sia proprio lui il più fiero oppositore del referendum elettorale. Il fatto è che non si può pretendere coerenza dall'astuzia.
Dunque il denaro andrà cercato altrove. Ma dove? Le entrate fiscali, come spiega Guglielmo Epifani nell'intervista con Oreste Pivetta, crescono solo perché i dipendenti pagano le tasse. In attesa di farle pagare a tutti, si potrebbe chiedere uno sforzo ai più abbienti. Un'aliquota, transitoria, più alta per recuperare un miliardo e mezzo di reddito aggiuntivo da destinare ai diseredati. «Sarebbe una dimostrazione di cultura civile», dice il leader della Cgil. Ecco, la cultura civile, appunto.
Libertà di abuso per legge
Ecco il piano casa del governo
di Roberto Rossi
Oggi nel Consiglio dei ministri il piano casa targato Silvio Berlusconi. Esclusione di vincoli paesaggistici, deroghe alle concessioni edilizie, cancellazioni dei limiti dell’abuso, tra le principali novità.
Il concetto è semplice, la sua applicazione pure. Il concetto, che Silvio Berlusconi ama sempre ripetere, è questo: «ciascuno è padrone a casa sua». La sua applicazione è, invece, il “Piano casa” che il governo ha preparato e che oggi sarà visionato preliminarmente nel Consiglio dei ministri per essere poi discusso la prossima settimana. Un piano che abbatte i vincoli paesaggistici, che impone deroghe alle concessioni edilizie, che riscrive i limiti dell’abuso e che, se approvato, ridisegnerà per sempre il paesaggio italiano.
Il documento in discussione, che l’Unità ha visionato, parte dalla riscrittura delle regole per la costruzione di nuovi edifici e per la loro conservazione. Ad esempio, l’articolo 3, fatta salva la diversa previsione regionale, permette interventi di ampliamento della propria abitazione «del 20% dei volumi e delle superfici principali». La norma è estesa anche a quegli edifici abusivi ma che hanno usufruito della sanatoria. Sono ammessi, inoltre, interventi di conservazione talmente ampi che si può anche, in teoria, abbattere e ricostruire l’edificio mantenendo le stesse volumetrie e la sagoma originaria.
Ma è in campagna che la cementificazione sarà maggiore. In generale il testo, che con tutta probabilità sarà trasformato in un disegno di legge e non in un decreto legge, non riconosce più il limite, molto rigido, di 0,03 metri cubi per metro quadro. L’unico limite che è concesso è quello di non oltrepassare l’ampliamento del 10% dei volumi e delle superfici. Il che garantisce la costruzione di piccole dependance in un territorio come quello italiano che per il 47% è vincolato.
Il limite vale solo per le costruzioni in muratura, tra l’altro. Perché il documento prevede anche l’«attività edilizia libera», non assoggettata cioè a divieti. Che tipo di attività? «Le opere interrate accessorie alla residenza» come garage, cantine, rustici, che «non superino il 20% del volume esistente»; oppure «serre mobili stagionali sprovviste di struttura in muratura funzionali allo svolgimento dell’attività agricola», nei quali rientrano anche gazebo e strutture in legno chiuse; ma anche meglio non precisate «opere caratterizzate da precarietà strutturale e funzionale, dirette a soddisfare esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità» (chi stabilisce quanto dura?); oppure, infine, «il deposito temporaneo di merci e materiali a cielo aperto, al di fuori dei centri abitati», che suona tanto come la possibilità di creare discariche.
Anche i comuni potranno usufruire di deroghe. L’articolo 14 darà l’autorizzazione di costruire in barba a strumenti e regolamenti edilizi locali quando si tratta di «edifici o impianti pubblici o di interesse pubblico», anche quest’ultimo concetto aleatorio.
Chi le certifica tutte queste opere, siano in campagna o in città? Colui che esegue i lavori tramite «un progettista abilitato». In sostanza la concessione edilizia viene sostituita da una certificazione da presentare allo sportello unico delle imprese. Il che fa sparire servitù, vincoli paesaggistici e quant’altro.
Se l’immobile è sottoposto ad un vincolo di tutela il comune avrà trenta giorni di tempo per opporsi. Se la tutela dell’immobile sottoposto al vincolo non compete al comune, lo stesso, non si capisce per quale ragione poi, dovrà «convocare una conferenza di servizi» che discuterà del caso.
Ci sono variazioni anche per quello che riguarda l’agibilità degli edifici (che dovrebbe garantirne al sicurezza) per la quale si ribalta l’onere della prova. La relativa dichiarazione, infatti, dovrà essere «resa dal direttore dei lavori» e non più dal competente ufficio comunale (la mancata presentazione della dichiarazione comporterà l’irrisoria multa di 500 euro). Al quale spetterà il compito di un controllo successivo visto che avrà sessanta giorni di tempo per verificare la completezza della documentazione e l’integrità dei lavori.
L’ultima spallata che il testo riserva riguarda il concetto di «lottizzazione abusiva». Che scatta per lo sfruttamento edificatorio «di un’area non ancora urbanizzata, purché la stessa abbia un’estensione pari ad almeno 5mila metri quadri, se interna, ovvero di almeno 2.500 metri quadri, se esterna al perimetro del centro abitato». E se l’estensione è minore? Cemento e casa. Il vecchio amore di Berlusconi.