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Eugenio Scalfari
Il miracolo di San Silvio a Bagdad
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Inizia con ironia, prosegue con severità il consueto articolo domenicale, su la Repubblica del 6 giugno 2004

DALLA VIVA voce di Bush, nella sua conferenza stampa di ieri mattina a Villa Madama, abbiamo appreso che il suo ricorso all´Onu e soprattutto il conferimento al nuovo governo provvisorio dell´Iraq di una sostanziosa sovranità sugli affari civili, economici e militari iracheni è dovuto alle pressanti richieste avanzate da Berlusconi che il presidente americano ha accolto per il riguardo dovuto all´amico e all´alleato. Berlusconi l´aveva già anticipato quando, pochi giorni fa, andò a riferire in Parlamento gli esiti del suo viaggio a Washington e a New York, ma pochi gli avevano creduto. Ora i molti che gli avevano dato dello sbruffone e del bugiardo sono serviti, a meno di non concedere a Bush la stessa patente di bugiarderia che qui siamo soliti attribuire al nostro presidente del Consiglio.

Con tutta la migliore buona volontà, questa tentazione tuttavia si affaccia alla nostra mente e ne porta con sé un´altra assai più seria: se Bush mente con tanta disinvoltura quando lascia all´alleato italiano il merito d´averlo convinto a cambiare rotta nell´enorme pasticcio iracheno e d´esser riuscito a convincerlo là dove avevano fallito Powell, Putin, Schroeder, Chirac, la Cina e Giovanni Paolo II, come possiamo prestar fede alle dichiarazioni del leader della superpotenza mondiale quando afferma che a Bagdad si è voltata pagina, che la Coalizione multinazionale è ormai il docile braccio armato del governo iracheno, che la spinosissima questione delle torture va ridotta alla responsabilità di pochi soldati in vena di goliardia un po´ troppo spregiudicata, che avremo tra breve uno Stato palestinese libero e indipendente e che, infine, l´Onu sta per assumere quel ruolo vitale, centrale, essenziale (scegliete voi l´aggettivo che più vi aggrada e Bush lo ripeterà) che da un anno e mezzo la vecchia Europa e la Russia e l´India e la Cina e i Paesi arabi chiedevano ad una voce? Ci voleva un miracolo. Ma il miracolo c´è stato. Possiamo battezzarlo ? perché no ? il miracolo di San Silvio. E se quel vecchio testardo e sfiatato di Giovanni Paolo II ancora ne dubita, peggio per lui. Rischia di doverne render prima o poi conto all´Onnipotente, che come tutti ormai sappiamo ricopre la sua luminosa essenza con una tunica a stelle e strisce alla testa della sua falange di angeli dalle trombe d´argento che alternano le note dell´inno americano a quelle di "Tipperary".

Tra un po´ inseriranno forse anche il nostro Mameli in quello spartito celeste destinato a sgominare i diavoli e a riportare la pace nel mondo in attesa della prossima guerra.

* * *

Naturalmente in Iraq stanno accadendo molte cose e sarebbe un grave errore non considerarne la portata. La vera portata, che solo in piccola parte coincide con quella propagandata dal coro angelico guidato con esperta e duttile maestria dal Condoleezza Rice.

Chi ha scelto i 26 membri del governo provvisorio iracheno? Stando alla versione Bush li ha reclutati Brahimi, l´inviato di Kofi Annan a Bagdad, dopo aver girato il paese da cima a fondo e aver tastato il polso di tutte le persone che contano, di tutte le etnie, religioni, tribù e ceti sociali.

La versione Brahimi differisce: il vero reclutatore è stato Bremer, il proconsole americano che tra venti giorni cederà il posto a Negroponte. «Bremer - ha detto Brahimi in una sua stizzita dichiarazione - si è comportato come un dittatore. I miei suggerimenti non erano questi». Esiste anche una versione Bremer che attribuisce il maggior peso della selezione reclutatoria al Consiglio provvisorio tuttora in carica fino al 30 giugno. Difatti buona parte del personale ministeriale proviene dal medesimo Consiglio, mentre Brahimi aveva inizialmente suggerito un´incompatibilità assoluta, necessaria proprio per marcare la famosa discontinuità tra l´ieri e l´oggi.

Il premier iracheno è emerso da un´indicazione del Consiglio provvisorio. Idem il presidente provvisorio. Tutti e due graditi a Bremer e al dipartimento di Stato (non da Rumsfeld).

Difficile dire se si tratta di una svolta, d´un compromesso a mezza strada o d´una piroetta. La versione di Al Sistani è che sia un compromesso a mezza strada; lui prima di pronunciarsi aspetta le elezioni dove pensa di vincere se non addirittura di stravincere. Intanto non disarma le sue agguerrite milizie che finora sono state, come si dice, con le armi al piede.

Del resto nessuno dei capi che contano, delle tribù che contano, ha disarmato le proprie milizie. Ce ne sono a decine, ogni milizia presidia le sorti d´una tribù, d´un sottogruppo, d´un partito, d´una fazione. Alcune - poche - con presenza nazionale; altre in sostegno di ras locali.

Neppure la milizia di Al Sadr ha deposto le armi nonostante le forti perdite subite in combattimento e le intimazioni di Sistani. Sadr tratta ma armato. I vecchi baathisti trattano. Il modello che viene avanti sembra quello d´assegnare a ogni milizia la guardiania dell´ordine pubblico facendogli indossare la divisa della polizia irachena: tante milizie, tanti spezzoni di polizia. Così è stata pacificata Falluja. Così regge la tregua inquieta di Nassiriya e quella di Kerbala. A Najaf ancora alle milizie di Sadr non sono state date le giubbe della polizia di Stato, perciò si sparacchia. A Bagdad c´è Al Qaeda e la questione è più complicata perché Al Qaeda non la vorrebbe in casa nessuno, né gli americani né le fazioni irachene. All´epoca di Saddam non c´era. Ma adesso c´è e questa è una tristissima novità.

* * *

La nuova risoluzione dell´Onu è arrivata alla sua terza bozza e, con qualche ulteriore limatura, sembra ormai matura per esser messa in votazione e approvata dal Consiglio di sicurezza. Anche Chirac sembra disposto a votarla avendo ottenuto (per merito di Berlusconi, ma lui - ingrato - fa finta di non saperlo) che se il futuro governo iracheno dovesse invitare la Coalizione a sgombrare il campo, la Coalizione obbedirebbe.

Comunque, in assenza di quell´invito, la Coalizione se ne andrebbe entro il dicembre 2005 sempre che il lavoro di normalizzazione sia compiuto.

Questo calendario è chiaro nelle date ma oscuro nelle condizioni permissive. Non si sa a chi spetti il giudizio sull´avvenuta o non avvenuta normalizzazione, se al governo eletto o al Consiglio di sicurezza o alla Coalizione stessa e ai governi che ne rispondono.

* * *

Nelle conferenze stampa di Bush a Roma e a Parigi l´argomento sostanzialmente ignorato è stato quello dell´eterno conflitto palestinese-israeliano. Solo il vecchio Papa ha battuto su quel tasto. Era quasi senza voce, le mani che reggevano i fogli del suo discorso gli tremavano visibilmente, respirava con grande fatica, ma le parole scendevano come colpi di martello e l´indice sottolineava i passaggi cruciali alzandosi verso l´alto quasi a chiamare la testimonianza dell´Onnipotente specificando che quelle parole era Lui dall´alto a dettarle al suo Vicario.

Salvo quella voce, la piaga purulenta del Medio Oriente è stata di fatto sorvolata. Credo perché il nostro Berlusconi non ha avuto il tempo materiale di occuparsene e di convincere Bush e Blair, con le buone o con le cattive, a darsene veramente carico. Ma vedrete, troverà il tempo anche per questo e allora anche su quel fronte vi saranno risultati.

Nel frattempo il Nostro ha promesso truppe fresche per l´Afganistan perché anche lì c´è ancora molto da fare: il governo Karzai non può mettere il naso fuori da Kabul senza esser preso a fucilate. Anche lì le milizie sono tante quanti sono i feudi, i vassalli e i valvassori che dominano, ciascuno, un pezzo o pezzetto di paese. Perfino gli studenti Taliban hanno rialzato un po´ la testa anche se acciaccati ma tuttavia vivaci e pieni di voglie.

Il governo Karzai, o meglio il comando americano, non hanno ancora avuto la brillante idea di far indossare alle milizie dei signori della guerra le uniformi della polizia di Stato afgana. In compenso molti di quei signori fanno parte del governo nazionale. L´Onu fa peacekeeping nella capitale.

Fuori di essa le milizie fanno peace enforcing a modo loro. I soldati Usa, insieme a qualche reparto di "volenterosi", cercano sempre Bin Laden sulle montagne di confine col Pakistan.

Questa storia sembrava finita all´inizio del 2002, ma a metà del 2004 è sempre lì. La maggior parte delle donne continua a nascondere la faccia dietro il burqa per non far arrabbiare i mariti. Emma Bonino se ne dispera e a ragione. Bisognerebbe stabilire per legge il nubilato? E se non bastasse? Se anche i fidanzati preferissero il burqa quando portano a spasso le fidanzatine?

Valli a capire. Forse Schifani potrebbe suggerire qualche cosa d´intelligente. Forse anche Calderoli. Di talenti noi ne abbiamo a dovizia. Se andassero all´estero per informarsi meglio sarebbe un gran vantaggio per tutti, a cominciare naturalmente dal popolo italiano.

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