Il mestiere dell’ambientalista comporta errori, come ogni mestiere. Il fatto è che ambientalisti si dovrebbe essere per il solo fatto che siamo al mondo e non per professione perché la professione, alle volte, riduce tutto ad un’abitudine.
E così accade che Greenpeace, che ha salvato balene innocenti, ha subìto l’affondamento di sue navi, arresti e soprusi, ha salvato con coraggio luoghi dall’orrore delle radiazioni nucleari, accade, dicevamo, che anche Greenpeace prenda un granchio nonostante il blasone e trenta anni di dedizione alla causa.
Gli avventurosi volontari della libera associazione, sbarcati in città, sostengono che, siccome la Sardegna ha la fortuna di essere battuta incessantemente dal vento, allora con un po’ di centrali eoliche e con l’utilizzazione del solo 3% del territorio dell’Isola noi potremmo soddisfare il 50% del nostro fabbisogno energetico, che significherebbe ottenere dalle pale eoliche più di sette milioni di chilowattore l’anno. Nientemeno.
Beh, ci trattano come le balene da salvare.
Ma anche le balene meno avvedute sanno che si può ricavare dall’energia eolica una piccola percentuale di energia rispetto a quanta ne consumiamo e che non potremmo mai ottenere sette milioni di chilowattore neppure se trasformassimo l’intera Isola in un immenso ventilatore. E sanno che la monocultura del vento, da sola, risolve poco. Insomma, ci hanno rifilato una panzana, una frottola.
Nessuno può ragionevolmente essere contro l’eolico, il fotovoltaico e tutte le altre fonti di energia pulita. Però servono norme, un piano, e ce li siamo dati. Non servono pale eoliche che sfigurano il Limbàra e i luoghi più belli dell’Isola, né un fotovoltaico infestante privo di regole. Così, senza dimenticare i meriti e le medaglie di Greenpeace, si possono suggerire agli scalatori animosi altri palazzi e altri obiettivi. Ricordiamo al responsabile del blitz e del goliardico striscione di Greenpeace come si sia formata da queste parti (anche grazie alle loro azioni) un’opinione pubblica che ha espresso un pensiero compiuto sul paesaggio, sui problemi dell’energia, sul consumo dei suoli, sul turismo distruttivo che infetta l’isola per tre mesi l’anno, sul problema dello smaltimento dei rifiuti e quello delle emissioni. Quanto al problema del carbone, anche le balene sanno che dalla combustione del carbone si ottiene, appunto, anidride carbonica, ne discutono e hanno capito che un obiettivo assennato è quello di abbandonare, quando si potrà, una fonte di energia “sporca” con i minori traumi sociali possibili. Greenpeace ha dato un contributo alla discussione sul carbone (il “carbone pulito” è un’utopia) ma ha generato una dannosa confusione e diffuso informazioni sgangherate sull’eolico e sul piano per l’energia isolani proprio mentre un’intera comunità ne discute e si da regole. Esiste solo nella fantasia del suo portavoce un lotta tra carbone ed energia pulita. E’ un modo malizioso e fasullo di presentare la realtà.
Ci auguriamo che Greenpeace continui la sua muscolosa attività e che non faccia mai dell’ambientalismo un mestiere. Siamo certi che qualche sacco di carbone recapitato in segno di rimprovero, come accade per l’epifania, non faccia male a nessuno. Anzi, moltiplica le riflessioni e, quindi, è benefico. Però, anche di questo siamo certi, la Befana si informa con cura sui nostri peccati, prima di consegnarci il temuto carbone.
Riprende la collaborazione di Giorgio Todde a La nuova Sardegna e a eddyburg. Qui trovate una informazione sull'evento cui il corsivo di Todde si riferisce, che è stato ampiamente raccoontato dai giornali sardi ma nn dalla stampa nazionale