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Furio Colombo
Il caso Blair
18 Agosto 2005
Articoli del 2004
Furio Colombo, su l’Unità del 1 febbraio 2004, interpreta l’apparente conclusione del conflitto Blair-BBC in modo più acuto del resto della stampa italiana: con l’eccezione di Barbara Spinelli (la Stampa dello stesso giorno), che dà anche lei un’interpretazione non trionfalistica della sentenza Hutton.

Forse il primo ministro Tony Blair pagherà più cara la sua vittoria sulla BBC della sconfitta che temeva. Forse i giorni peggiori del suo premierato non sono stati i due durante i quali ha rischiato di essere sconfitto alla Camera dei Comuni sull’aumento delle tasse universitarie e ha atteso, con comprensibile ansia, la lettura della “sentenza Hutton”. Forse i giorni peggiori devono ancora venire. La nuova dirigenza della Bbc ha dovuto chiedere scusa “incondizionatamente” non per una incursione nella vita privata del primo ministro, ma per un giudizio politico. Non sono cose che si dimenticano e si archiviano. Certo è un brutto giorno, per il giornalismo del mondo, come lo è stato il giorno in cui la Cbs, minacciata da una immensa causa per danni, ha ritirato e distrutto il suo documentario sul Vietnam vent’anni dopo la fine di quella guerra, e lo ha fatto perché troppo onerosa era stata la richiesta di danni da parte del principale interessato, il generale Westmoreland. Forse è un brutto giorno come quando il celebre programma giornalistico di inchieste televisive della stessa Cbs, la leggendaria “Sixty Minutes”, ha rifiutato di mandare in onda la dura denuncia sull’industria del tabacco che è poi stata narrata agli americani dal film “Insiders”. Nel film viene denunciato per nome il direttore del programma, Mike Wallace, a cui si deve la decisione (prudente dal punto di vista delle querele, gravissima per il giornalismo) di non trasmettere la documentatissima inchiesta.

Tony Blair è forte, carismatico, vitale, combattivo. Umanamente e psicologicamente è un leader unico nel grigio panorama mondiale. Tanto più che deve tutto, anche questo successo politico, a se stesso, non al suo controllo o alla sua proprietà dei media o all’assoggettamento del potere giudiziario, che in Inghilterra gode di un’autonomia unica. Ma non sembra proprio che una simile vittoria abbia calmato le acque e abbia reso più mite e silenzioso quel protagonista formidabile della democrazia che è l’opinione pubblica.

Vi sono due ragioni, che tipicamente torneranno a ripresentarsi sul palcoscenico della vita pubblica: la vittoria di Blair è eccessiva. E il collasso, almeno apparente della Bbc, è una umiliazione al di là di ogni limite ragionevole, rispetto a ciò che è accaduto. Rivediamo la storia. Ha tre personaggi: Tony Blair, lo scienziato suicida Kelly e la Bbc, sul fondo della guerra in Iraq e delle ragioni di fare, con urgenza assoluta, quella guerra. In questa storia però la guerra non è in discussione, lo è il ruolo e il senso di ciò che hanno fatto le tre parti in causa.

Il primo ministro ha piegato il suo partito (i laburisti sono molto meno inclini dei conservatori alle soluzioni militari dei conflitti, come dimostra la storia inglese) e persuaso l’opinione pubblica del suo Paese ad accettare la guerra come unica via di scampo da un pericolo “grave, urgente, mortale” (cito le sue parole)con un discorso splendido, trasmesso in diretta dalla Cnn (per questo ho potuto seguirlo), un capolavoro di arte oratoria e di passione politica. Quel discorso era fondato, con frasi limpide ed estreme, su documenti che mostravano inconfutabilmente la minaccia delle armi di distruzione di massa puntate sul mondo. E’ di Blair la efficacissima frase: “sono pronti a distruggerci con un preavviso di soli 45 minuti”. Ho ascoltato attentamente quel discorso. In esso la malvagità umana e politica di Saddam Hussein appariva rivelata dal suo essersi dotato di quelle armi - che sono state evocate con la bravura che affascina e spaventa di un terribile predicatore - e dal conseguente probabile pericolo di uso immediato di quelle armi come proseguimento del terrorismo iniziato con le Torri gemelle di New York.

Dunque c?era una causa, un movente e un colpevole, e mai arringa è stata più serrata e persuasiva. Lo scienziato Kelly si è suicidato a causa di quel discorso e della persuasione di essere stato “usato” dal potere politico per cose che non aveva detto e prove che non aveva provato? L?inchiesta giudiziaria, a suo tempo, non ha raggiunto alcuna soluzione. L?inchiesta giornalistica della Bbc ha legato quel suicidio al discorso e dunque all?azione manipolatrice di Blair.

La controversia scuote il Paese, specialmente dopo due rivelazioni: la prima è che la documentazione usata come prova e fornita anche agli americani, è risultata composta dalla combinazione di due tesi di laurea sul Medio Oriente, una vecchia di dieci anni. La seconda è che le armi, una volta finita la parte ufficialmente combattuta di quella guerra, non sono state mai trovate. Infatti l?esperto americano nominato da Bush si è dimesso con affermazioni non proprio diplomatiche. In che cosa consiste allora l?errore della Bbc? Consiste nell?avere trasformato la persuasione soggettiva del giornalista, pure basata su un bel po? di evidenze, in una affermazione oggettiva. La possibile, probabile causa del suicidio di Kelly - dice la Bbc - è la manipolazione delle evidenze scientifiche e il loro uso alterato da parte del primo ministro e dei suoi collaboratori. E? a questo punto che si dimette l?uomo immagine e portavoce di Blair, Campbell. Si dimette, come accade in altri Paesi, in vicende politiche del genere, per non essere di peso a Tony Blair e alla sua difesa.

Ma la difesa di Tony Blair non funziona nel tribunale dell?opinione pubblica e dei media. Perché non funziona nonostante la straordinaria bravura oratoria di Blair? Non funziona perché c?è quella clamorosa discrepanza, che ormai ha fatto il giro del mondo, e tormenta l?America. Chi ha giurato sulle armi di distruzione di massa deve ammettere che quelle armi non esistono, o almeno non se ne è trovata traccia. Per esempio, Condoleeza Rice, la mitica collaboratrice di Bush, dice alle Tv americane: “Forse i servizi segreti ci hanno ingannati”. E tre dei candidati democratici alle prossime elezioni presidenziali (Kerry, Clark, Dean) chiedono al Congresso - con voce ben più autorevole della Bbc - una inchiesta parlamentare proprio sul punto rovente che ha diviso l?Inghilterra e che Lord Hutton nella sua sentenza sembra avere deciso di non notare: dove, quando, da parte di chi è stata alterata la verità e sono state ritoccate le carte segrete che, come è noto, comprendevano molte fonti inglesi?

Ora Tony Blair ci dice, come giustificazione finale, che l?uomo Saddam era comunque molto cattivo e che meritava comunque di essere spodestato. Ma ce lo dice adesso. L?argomento non è stato usato a suo tempo. Tanto che è rimasta isolata una proposta italiana, quella di Marco Pannella, sostenuta da centinaia di deputati del nostro Paese e del Parlamento europeo, e del mondo arabo, secondo cui il punto era rimuovere Saddam Hussein inducendolo all?esilio. C?è un tormentone in questa preveggente intuizione. Non solo, non tanto, la possibilità di evitare una guerra breve ma spaventosa e un disordine che non accenna a risolversi. Ma l?avere centrato l?obiettivo certo, che era il dittatore, non le sue armi vere o presunte.

Entra in scena Lord Hutton, giudice indipendente che però funziona da arbitro, non da tribunale, e dunque è autorizzato ad esprimere - come ha fatto - un parere soggettivo, non una sentenza motivata. S?intende che le parti hanno accettato la qualità vincolante di quel parere. Lord Hutton non emana condanne, ma il suo parere ha peso.

È naturale che pesi soprattutto sulla parte debole, che anche nei Paesi iperdemocratici come l?Inghilterra sono i media, la stampa e la televisione. Come sempre, la più debole fra tutte è la la televisione pubblica quando si discosta dal potere politico. Lord Hutton ha deciso che è stato un errore grave trasformare la persuasione soggettiva di un giornalista, adatta a un corsivo o a un editoriale, in un risultato di inchiesta, ed è vero. Ha inoltre deciso che Blair non ha manipolato o alterato o fatto alterare le carte dei servizi segreti, dunque non ha mentito ai suoi cittadini. Di fronte a questa autorevole opinione vincolante, la Bbc è crollata, almeno al suo vertice, come un castello di carta e il club di Blair e del nuovo Labour cantano vittoria. Invece il giudizio di Hutton, che segue scrupolosamente il percorso della forma apparente piuttosto che del contenuto verificato dei fatti, apre, piuttosto che chiudere, diverse questioni. È di esse che si parla (con insolita vivacità) e si parlerà in Inghilterra, guastando gradatamente sia la festa blairiana sia quella dei suoi incantati ammiratori italiani di destra e di sinistra, tutti ugualmente contenti dal fatto che la stampa, e dunque l?opinione pubblica e dunque i girotondi e tutti gli impiccioni che senza titolo si immischiano nella politica, sono stati battuti.

Ma prendiamo la parte che riguarda Blair e il suo avere o non avere mentito agli inglesi. Mentire vuol dire affermare una cosa non vera sapendo che è non vera. Dire invece una cosa non vera credendola vera è un errore. Data l?evidenza dei fatti sotto gli occhi del mondo, Blair ha commesso un errore. Infatti non ci sono le armi di distruzione di massa che hanno motivato il celebre e appassionato discorso di Blair e hanno provocato l?emozione e la mobilitazione dei suoi cittadini. Ma quell?errore è stato commesso dal primo ministro di un Paese come l?Inghilterra. Anche la Bbc ha commesso un errore, credendo che fosse vera la versione trasmessa sulla morte di Kelly. È un errore dello stesso tipo (diffondere qualcosa di non vero credendolo vero). Ma mentre la Bbc ha portato discredito al primo ministro, il primo ministro, con il suo errore, ha portato l?Inghilterra in guerra. Quale dei due errori avrebbe dovuto meritare la severa opinione di Lord Hutton?

La questione non muore qui. La soddisfazione di Blair sarà disturbata dal fatto che la falsità delle carte su cui ha basato la sua perorazione e ha messo deliberatamente in gioco la sua credibilità e la sua immagine, è stata oggetto di imbarazzo e di scuse da parte del segretario di Stato americano Powell, che, con i dati inglesi, era stato mandato allo sbaraglio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Quella soddisfazione sarà disturbata dal fatto che la questione della verità sulla necessità di far guerra subito all?Iraq è diventato il tema centrale della campagna elettorale americana. È l?arma principale anche dei candidati come Kerry che - credendo alla minaccia immediata - avevano votato per la guerra. È un argomento che i media americani continuano a tenere vivo, mentre persino Bush, adesso, vuole un?inchiesta sulle carte dei servizi segreti inglesi e americani che hanno fatto apparire la guerra necessaria e immediata.

Come abbiamo detto, a questo punto non è in discussione la guerra né la necessità di rimuovere dal suo potere dittatoriale Saddam Hussein. È in discussione se - per fare quella guerra - alcuni abbiano mentito, e a quale livello di responsabilità. La Bbc è una istituzione gravemente ferita per una trasmissione sbagliata. Ma per il primo ministro Blair, che ha usato carte false per fare la guerra (non lo sapeva, ci dice Lord Hutton, ma le carte erano false davvero e la guerra c?è stata davvero) gli esami non finiscono qui.

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