Gianni Beltrame, urbanista “ambientalmente orientato” fin dai lontani anni Settanta, ha criticato una proposta legislativa di Legambiente Lombardia in un articolo pubblicato su questo sito. Legambiente Lombardia risponde, molto adirato, il presidente Damiano Di Simine, cui a sua volta replica Beltrame
Damiano Di Simine
Risposta di Legambiente Lombardia
a Gianni Beltrame
Caro Gianni Beltrame, consentici di rispondere alle tue critiche incomprensibilmente nostalgiche e rancorose.
Legambiente, per sua missione, ha da un lato il compito di sensibilizzare l’opinione pubblica, dall’altro quella di avanzare proposte scientificamente fondate e concretamente fattibili.
Questo è quello che abbiamo fatto lanciando la legge di iniziativa popolare incriminata. Nel confezionarla, ci siamo confrontati con una pluralità di esperti: urbanisti, economisti, agronomi... abbiamo chiesto un parere anche a te, memori di un lontano passato in cui da Gianni Beltrame giungevano critiche e suggerimenti utili e costruttivi. Ma evidentemente erano altri tempi, forse più generosi e stimolanti per te. Peccato, forse col tuo contributo avremmo potuto perfezionare quella norma che ora contesti. O forse no, perchè gli aiuti e i suggerimenti che abbiamo ricevuto dai molti esperti che abbiamo consultato sono stati davvero ricchi e puntuali.
Evitiamo in questa sede di discutere gli argomenti generali, anche se non ci possiamo esimere dal segnalare che ritenere il tema del consumo abnorme di suolo come un problema “solo ed esclusivamente urbanistico” ci sembra riduttivo e forse fuorviante. Chi dice questo evidentemente non si è accorto degli enormi flussi finanziari che si riversano sempre di più sul mattone; pressioni che vanno ben al di là di una normale (seppur disdicevole) dinamica del profitto: non si spiegherebbe altrimenti la scelta di costruire per costruire, indipendentemente dalle reali possibilità di vendita degli immobili. Inoltre i procuratori antimafia ci spiegano da qualche anno quante sono le infiltrazioni mafiose nel settore immobiliare, anche qui a Milano. Non è quindi solo “questione urbanistica”. Certo, gli urbanisti hanno pesanti responsabilità, che sono quelle di essersi limitati troppo spesso a trascrivere in bella copia le peggiori perversioni cementizie, ma i mandanti sono altri, e all'urbanistica si può 'solo' rimproverare la mancanza di un credibile movimento di obiezione di coscienza.
Per il resto l'urbanistica non ha mai avuto il ruolo che gli attribuisci, perchè non ha mai governato nemmeno concettualmente il tema del suolo e del suo consumo: lo dimostra il fatto che in Italia manchino persino i dati su base nazionale di consumo di suolo, e che nessuno si sia peritato di porre seriamente questo tema, che invece dovrebbe essere un caposaldo su cui informare le scelte strategiche di pianificazione e programmazione territorale (come insegna la legislazione tedesca sui suoli, una delle fonti a cui ci siamo ispirati per scrivere la nostra 'leggina'). Se dovessimo valutare in base alla qualità e alla quantità dei dati disponibili in Italia, dovremmo dirci che l'urbanistica come disciplina semplicemente non si occupa del suolo e del suo consumo, tutt'al più lo considera un argomento retorico. L'eccezione è quella, avviata da alcuni mesi a questa parte, dal DIAP del Politecnico di Milano che con Legambiente e INU sta lavorando alla difficile raccolta e validazione dei dati esistenti.
Ma veniamo alle specifiche critiche.
Abbiamo proposto una “leggina”.
Sì, è vero, si tratta di una legge che interviene in modo limitato e parziale. E’ una colpa grave? Noi, molto modestamente, sappiamo fare questo. Ci vuole il solito 'ben altro'? Di sicuro, ci vuol sempre ben altro, e, caso mai ce ne dimenticassimo, ci sarà sempre qualche 'benaltrista' che ce lo ricorderà. D’altra parte sono ormai troppi anni che attendiamo che qualcuno più bravo di noi scriva una buona legge urbanistica regionale da opporre alla “controriforma” venuta avanti in questi anni, l’avremmo appoggiata volentieri. Ma non solo non sono venute proposte da “tutte le sane forze dell’ambientalismo”, ma neppure da quegli urbanisti che in ogni convegno ci spiegano come gira il mondo: evidentemente sono stati troppo occupati ad aiutare le amministrazioni comunali ad applicare le “controriforme” che nel frattempo sono arrivate.
Da parte nostra avremmo certo voluto scrivere un testo più forte, che affrontasse ad esempio la questione della fiscalità locale, i meccanismi di incentivo perverso legato all'uso degli oneri di urbanizzazione, la questione della proprietà privata... ma si dà il caso che le materie fiscali e quelle di modifica della Costituzione sono sottratte all'iniziativa popolare di proposta di legge, avremmo scritto un testo certo molto più incisivo, ma privo dei requisiti di ricevibilità da parte delle sedi legislative: sarebbe stato un ottimo manifesto politico, non una proposta di legge. E tuttavia di questi temi certo non ci dimentichiamo, ma ne facciamo elemento di battaglia politica, non di proposta legislativa che compete, per queste materie, esclusivamente alle sedi a ciò istituzionalmente preposte, i parlamenti regionali e nazionale, ma che noi intendiamo condizionare con la nostra campagna 'metti un freno al cemento'.
La proposta “ha poco più il valore di una grida, …. “
Articolo 1, comma 2: In particolare, la Regione promuove e garantisce la tutela delle risorse naturali del territorio, in quanto beni che costituiscono patrimonio della collettività e non possono essere consumati in modo rilevante e irreversibile. Sarà pure una grida, ma sarebbe la prima volta che, in una norma di legge italiana, si riconosce il principio che il territorio, pur vigendo la proprietà privata, è un bene comune, appartiene all’intera comunità.
All’articolo 4 si vieta di pianificare espansioni se nel Comune esistono aree già urbanizzate non utilizzate, sottoutilizzate o dismesse. Tale indicazione esiste già in altre leggi (compresa la 12/2005), ma non è mai prescrittiva e vincolante: con la nostra “leggina” lo diventerebbe. E’ una norma inutile? Non è abbastanza radicale? Non sarebbe una concreta limitazione alle espansioni?
All’articolo 5 le espansioni già previste vengono gravate dall’obbligo di cedere al Comune e ad equipaggiare il doppio della superficie fondiaria occupata dal nuovo intervento, sia edificatorio che infrastrutturale, oltre ai vigenti oneri, standard a verde compresi. Noi crediamo che, oltre che garantire un consistente “ristoro” al danno causato dall’occupazione di suolo libero, questa norma possa influenzare positivamente il mercato orientando almeno una parte degli appetiti immobiliari sul riuso del patrimonio esistente anziché sulla costruzione del nuovo. E’ poco? Può darsi, però porterebbe matematicamente ad un esaurimento delle possibilità di espansione ad un livello comunque inferiore al 100% oggi possibile (e in qualche Comune già avvenuto). E’ inutile? Certamente no. E’ “vago e confuso”? Ci si spiega perché, di grazia?
In ogni caso, se la norma è così indolore, benissimo, allora dovrebbe essere molto facile metterla alla prova: non occorre una legge per inserire, volontaristicamente, la 'indolore' compensazione ecologica preventiva all'interno del piano delle regole di uno qualsiasi dei PGT dei1546 comuni lombardi, anzi, visto che è così indolore, ci stupisce che nessuno l'abbia ancora fatto: confidiamo pertanto che ciò avvenga, per vedere come questa norma indolore agisce.
“… se pur alla ricerca di un facile consenso”.
Questa critica ci pare proprio curiosa. E’ forse una colpa cercare, e possibilmente avere, un largo consenso? E’ forse inutile obbligare il Consiglio Regionale ad esprimersi su una proposta di risparmio di suolo corredata da un alto numero di firme che ne comprova il consenso popolare?
Dovremmo fare proposte che suscitano opposizione nell’opinione pubblica?
“solo il ritorno ad una corretta e operante pianificazione territoriale-paesistico-ambientale …”
Questa è la parte meno comprensibile tra le tue critiche. A quando o a dove si riferisce l’auspicato “ritorno”? Se, per restare in Lombardia, tutti siamo dell’opinione che lo sfascio delle normative urbanistiche degli ultimi 15 anni ha provocato danni incalcolabili, a noi non pare che prima si fosse in una mitica “età dell’oro” della pianificazione territoriale. Forse le “corrette pianificazioni” stavano, in qualche caso, sulla carta. Sul territorio concreto a noi non pare. Oppure ti riferisci ad altre regioni italiane supposte virtuose? Quali sarebbero? Chi e quando ha quanto meno limitato il consumo di suolo? Qual è la corretta urbanistica che ha dato prova di funzionare bene e che pertanto meriterebbe nostalgia?
Da ultimo
Nell’ultimo punto della lettera aperta fai riferimento a “sane forze ambientaliste” da “guidare” e da “mobilitare”. Ora, i casi sono due: o consideri Legambiente una forza ambientalista “malata”, e allora il dialogo diventa veramente difficile, oppure ci annoveri tra quelle sane, ma in questo caso non comprendiamo chi ci dovrebbe “guidare”. Noi intenderemmo auto-guidarci. Almeno questo lasciacelo.
Nel frattempo, attraverso i banchetti di raccolta firme presenti in tutta la Regione, noi stiamo parlando di consumo di suolo con tutti i cittadini che si avvicinano, e sono tanti.
Non servisse ad altro, basterebbe questo a giustificare la campagna. O no?
Gianni Beltrame
Risposta a Damiano Di Simine
A chi non capisce, è bene e doveroso, gentilmente, rispiegare una seconda volta (se, naturalmente, chi non ha capito ha sincera voglia di capire).
Il contenuto della mia “lettera aperta” è molto chiaro e si basa su un ragionamento semplice e lineare, articolato in tre punti:
1) l’abnorme e non necessario consumo di suoli oggi in atto dipende esclusivamente dalla mancanza e dalla assenza di una corretta e operante pianificazione territoriale ovvero dalla assenza di applicazione di quel complesso di norme, leggi, pratiche disciplinari, pianificatore e ambientali e corretta amministrazione del territorio e del paesaggio definite in pratica “urbanistiche”, “comprensive di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi o gestionali riguardanti le operazioni di salvaguardia e di trasformazione del suolo nonché la protezione dell’ambiente”.
2) regole, norme e buone pratiche rese possibili attraverso un buon uso del complesso delle leggi precedentemente esistenti ma distrutte sistematicamente negli ultimi anni da quella “controriforma urbanistica” che, in nome di un ideologico “liberismo” e “laissez faire a fini cementificatori” ha portato ad uno smantellamento totale della gestione del territorio improntata all’interesse collettivo e all’uso di piani e programmi pubblici per mettere al di sopra di tutto l’interesse privato a edificare ovunque e la “negoziazione” e “mercatizzazione” di ogni bene territoriale. (Disegno di legge Lupi).
Ovvero da quella concezione della “barbarie antiurbanistica” che quest’anno celebra il suo trionfo col cosiddetto Piano casa del Presidente Berlusconi e con le dichiarazioni del Ministro per i Beni e le attività Culturali Sandro Bondi che afferma che i disastri urbanistici in Italia sono stati fatti dai Piani regolatori! (E quasi nessuno si indigna)
3) sostengo, infine, che l’idea di poter invertire questa situazione promuovendo una ingenua leggina, sia pur di iniziativa popolare, per arginare gli eccessi di consumo dei suoli, sia pura illusione.
Non esistono vie facili e brevi in materia così complessa e difficile - e profondamente avversata - com’è urbanistica, tanto più che le forze di sinistra e ambientaliste cui dovrebbe competere questo sforzo di ricostruzione, non danno sino ad oggi segni di risveglio.
Solo un lungo, non facile e faticoso lavoro di rilancio e di ricostruzione di un quadro legislativo-normativo, di comportamenti e di corrette pratiche di pianificazione territoriale a guida pubblica, potrà affrontare il problema di un corretto uso dei suoli.
Del resto solo una corretta pianificazione territoriale e ambientale, basata su una conoscenza sistematica, complessiva e preventiva di valutazione di tutti i suoli e di tutti i valori paesistico-ambientali connessi in una visione di organizzazione territoriale, è in grado di decidere razionalmente su quali e quanti suoli trasformare, su cosa è consumo corretto e cosa è spreco, su quali e quanti non trasformare e proteggere: su quali , quanti, dove e perché.
Questi sono i contenuti della mia “lettera aperta” :nessuna aggressione e nessuna affermazione ideologica dunque, come invece sostiene il sign. Di Simine.