Qualcuno li ha contati. Sono quarantasette i comitati cittadini sorti a Firenze negli ultimi anni. Quarantasette, quasi uno ogni isolato. Si battono contro un parcheggio che dovrebbe sostituire un giardino, contro un centro commerciale - l´ennesimo che prende a svettare nella piana - , contro quello che chiamano il Tubone, un tunnel che passerebbe sotto le colline di Fiesole, contro quei complessi edilizi (un po´ residenza, un po´ commercio, un po´ uffici) che sorgono dove un tempo c´era uno stabilimento industriale (per esempio, l´ex panificio militare), ma anche contro il taglio di un boschetto di lecci o contro un ponte sull´Arno che avrebbe dovuto sostituire una passerella pedonale e collegare il parco delle Cascine con il quartiere dell´Isolotto. I comitati sono oggetto di studi e a loro ha dedicato attenzione la politologa dell´Istituto universitario europeo Donatella Della Porta in Movimenti senza protesta scritto per il Mulino insieme a Mario Diani (pagg. 230, euro 20) e in Comitati di cittadini e democrazia urbana, che uscirà da Rubettino.
Dall´inverno scorso si sono dati un coordinamento. Si sono presentati alle elezioni di giugno, sostenendo con Rifondazione comunista e il "Forum per Firenze" la candidatura di Ornella De Zordo, il cui successo (12 per cento) ha costretto il sindaco diessino Leonardo Domenici al ballottaggio con il candidato di centrodestra (che poi ha sonoramente battuto). Il coordinamento è nato per due motivi. Intanto per fronteggiare il nuovo piano regolatore, che in Toscana si chiama piano strutturale e che è stato approvato prima delle elezioni. Per il Comune è un avvenimento storico, che interrompe decenni di immobilità e avvia interventi indispensabili. Secondo i comitati, invece, è una somma di progetti sconnessi che stanno a cuore soprattutto ai privati e non risolvono nessuno dei problemi di Firenze. L´altro motivo del coordinamento è di evitare quello che gli studiosi chiamano "effetto Nimby": fate qualunque cosa - un inceneritore, uno svincolo autostradale - ma non vicino a casa mia (Nimby è l´acronimo di Not in my back-yard, non nel mio giardino).
Ogni comitato è legato a una zona della città: piazza Beccaria, piazza Alberti, San Lorenzo, Santo Spirito, Campo di Marte, Santa Croce. Ma perché tutto questo accada a Firenze non è semplice a dirsi. Il capoluogo toscano è un cantiere di grandi trasformazioni. Arrivano prestigiosi architetti: Norman Foster lavora alla stazione dell´Alta Velocità, Jean Nouvel a un albergo al posto di una concessionaria Fiat, Santiago Calatrava all´ampliamento del Museo della Fabbrica del Duomo. Per non parlare di Arata Isozaki, vincitore del concorso per sistemare l´uscita degli Uffizi, che ancora non sa se la sua pensilina sarà costruita o no.
Ma Firenze, a detta di molti, è anche affetta da un malessere ambientale. Il centro storico, per esempio, si sta svuotando di residenti. Secondo uno studio di Manlio Marchetta, professore di urbanistica all´Università, se nel 1987 era residenza il 30 per cento delle superfici edificate, ora quella quota va dal 10 al 15 per cento. E anche queste case rischiano di diventare alberghi, affittacamere o uffici. Un centro storico che perde residenti, recitano i fondamentali dell´urbanistica, deperisce. Invecchiano i suoi abitanti. Diventa una zona di transito per le macchine, solcata da frotte di turisti e da persone che vanno in ufficio o che, di sera, affollano i ristoranti. Insieme agli abitanti fuggono le botteghe alimentari, le scuole e le farmacie. E arrivano pizzerie, bar, negozi di souvenir e magazzini di abbigliamento. Abbandonano persino le grandi banche, che lasciano liberi palazzi monumentali. Chiudono i cinema (Astra, Supercinema, Edison, Capitol) e le librerie sono minacciate dalle catene di jeans.
Alcune rilevazioni smentiscono tanto pessimismo. Per esempio la classifica annuale del Sole 24 ore, che nel 2003 assegnava a Firenze la palma del "vivere bene". E, inoltre, la malattia non affligge solo Firenze. Ma poche città al mondo vantano quel che vanta Firenze. «Per il centro storico», spiega Marchetta, «non esiste un piano specifico, nonostante lo prescriva una legge regionale. Non sono fissati criteri per la destinazione degli immobili e le regole le detta il mercato, che privilegia interessi speculativi. E tutto peggiorerà quando si libereranno edifici universitari, giudiziari e bancari».
La replica è di Gianni Biagi, assessore all´Urbanistica: «Non è vero che il cambio di destinazione degli edifici sia libero, ma purtroppo l´attività di affittacamere è senza controllo. Il centro ha perso il 12 per cento dei residenti nell´arco di un decennio, ma soprattutto nei primi anni Novanta, poi l´emorragia è rallentata. Il nostro piano strutturale si propone di riportare abitanti nel centro, come è accaduto nell´ex complesso delle Murate, e di spostare fuori dei viali ottocenteschi molte attività che si sono accumulate senza programmazione».
Le macchine intasano il centro. Basta una rassegna di moda alla Fortezza da Basso e la città si paralizza. L´edificio, costruito nel 1534 da Antonio da Sangallo, vedrà raddoppiato lo spazio per le fiere da 30 a 60 mila metri quadrati. «Attrarrà altro traffico», denunciano i comitati, «smentendo le intenzioni del Comune di voler alleggerire il centro». Tutta l´area dei giardini intorno ai bastioni, una prodezza rinascimentale, con le torrette e il rivestimento in bugnato del mastio, è stata ridisegnata. E questo intervento ha scatenato violente polemiche. Oggetto della contesa un parcheggio di due piani con un centro commerciale addossato alle mura. Il parcheggio doveva essere interrato, ma di fatto lo è solo in gran parte, perché lungo una delle cortine la costruzione fuoriesce da terra, compromettendo la percezione dei bastioni. E litigi furiosi ha suscitato anche la sistemazione delle strade intorno alla Fortezza a causa di un sottopasso realizzato con una curva troppo stretta, e che si è dovuto ricostruire daccapo.
«Dove ora c´è il parcheggio, un tempo si fermavano gli autobus turistici, che pure impedivano la vista dei bastioni», replica Biagi. «E sopra il parcheggio ci sarà un giardino», insiste l´assessore, il quale però ammette che forse il progetto poteva essere migliore. Tutto l´intervento è realizzato con il meccanismo del project financing, che da alcuni anni si è diffuso moltissimo e che a Firenze è in gran voga. Consiste più o meno in questo: l´amministrazione pubblica dà in concessione a un privato un bene - un palazzo, un´area - , il privato lo ristruttura o costruisce ex novo creandovi diverse attività e traendo profitto dalla loro gestione.
Il project financing è previsto anche per un intervento a San Salvi, che pure vede fronteggiarsi il Comune e il comitato "San Salvi chi può". Qui in un parco di 32 ettari sorgono i padiglioni di un ospedale psichiatrico costruito nel 1891. Dalla fine degli anni Settanta al posto dell´ospedale ci sono una Usl e alcune cooperative sociali e teatrali. Un progetto prevede numerosi appartamenti e nuovi edifici per uffici, un parcheggio e una serie di zone verdi. La residenza è necessaria, «rende l´area viva 24 ore al giorno ed è il "volano economico" dell´intera operazione di recupero», sostengono gli autori del progetto. Il parco viene smembrato, replicano al comitato, e si avvantaggeranno soprattutto coloro che potranno permettersi una lussuosa casa in mezzo al verde.
Altri due interventi - uno a Novoli, nei 32 ettari dove la Fiat aveva il suo stabilimento, l´altro nei 168 ettari di Castello, a ridosso dell´aeroporto e di proprietà della Fondiaria - vengono considerati di grande rilievo dall´Amministrazione, che sostiene di averli avviati per decongestionare il centro storico. Gli oppositori li descrivono invece come operazioni di lottizzazione privata e di valorizzazione immobiliare che smentiscono l´intenzione del piano strutturale di non consumare altro suolo. A Novoli le costruzioni sono state avviate sulla base di un piano (poi modificato) di Leon Krier, l´architetto amico di Carlo d´Inghilterra. Sono già in funzione una sede dell´università, progettata da Adolfo Natalini, e un centro commerciale, mentre è in fase di completamento il Palazzo di Giustizia, con torri da 32 e 64 metri su disegno di Leonardo Ricci. Verranno poi costruiti appartamenti, studi e sedi di banche, secondo un piano di Aimaro Isola e Francesco Dal Co. Novecentomila metri cubi in totale, al centro dei quali sarà sistemato un parco di 12 ettari che, a detta dei progettisti, avrà effetti sulla qualità dell´aria di tutto il quartiere. Diversa la posizione dei comitati: «Quella zona di Firenze è già stremata e non sopporta altri pesanti carichi urbanistici».
La vasta pianura fra l´aeroporto, Peretola e Castello «è l´ultima consistente porzione non edificata di Firenze, se si escludono le colline», ricorda Marchetta. È un´area depressa e paludosa, a suo tempo sottoposta a una bonifica che ha messo a regime le acque con due reti di canali, in parte pensili. «Questo territorio era destinato a parco territoriale. Se si installassero, come previsto, un milione 400 mila metri cubi, Firenze si salderà con altri paesi della piana, creando un´immensa conurbazione», aggiunge Marchetta. «A Castello ci sono molte cose da definire», replica Biagi, «ma non è lottizzazione privata: lì andranno la Regione, i carabinieri e poi uffici, abitazioni e un parco di 80 ettari».
Su Novoli e Castello si riaccendono le polemiche che divisero la sinistra fiorentina una ventina di anni fa. Il Comune mise in cantiere due insediamenti molto più pesanti di quelli avviati ora. Ma pressato da Italia Nostra e da altre associazioni, intervenne il segretario di Botteghe Oscure, Achille Occhetto. Che costrinse i compagni fiorentini a fare marcia indietro. Da allora, però, molta acqua è passata sotto i ponti dell´Arno.