Se si da' retta al titolo del pezzo che segue (e bisogna dargli retta per forza, vista la fonte), stiamo davvero freschi. La formula della magica pozione che stiamo già assaggiando da tempo, e che trangugeremo in futuro, è stata già ben sintetizzata da Edoardo Salzano nell’ultima edizione del suo Fondamenti di urbanistica: “la città, la scimmiotto e la svuoto”. Svuotare la città perché sia riempita da altro, mica quegli inutili e fastidiosi animaletti conosciuti un tempo come abitanti, e ora lì a ostacolare il luminoso scorrere della “valorizzazione”. Meglio, molto meglio, che vadano a valorizzare di tasca propria altri territori, che da timide vergini si faranno allegre puttane, con ampie possibilità di rivalutazione anche culturale nel tempo: come appunto accade ora, alle starlets come alle ex fuligginose ciminiere, o agli ex paesi dei barocchi a suo tempo assai poco apprezzati dagli ex contadini cacciati lì dentro a pedate.
Ma, oltre le mie discutibilissime elucubrazioni (di cui i frequentatori di eddyburg potrebbero anche essere un po’ stufi, dopo la telenovela a puntate sui fashion villages padani), forse gli asciutti dati così ben presentati da Luca Tamini possono e devono far riflettere, soprattutto sull’inutilità dell’arroccamento, per quanto elegante. A pensarci bene, le torri d’avorio si costruiscono col cimitero degli elefanti.
Pensare, che all’inizio di tutto c’è un palazzo di cristallo, al centro di un parco, al centro di una città giardino. Lì la gente si incontra, magari quando nel parco piove, e già che c’è beve qualcosa, o fa acquisti. È l’immagine, dimenticata, del Crystal Palace con cui il vecchio Ebenezer Howard pensava alle guarnizioni finali del suo “sentiero verso una vera riforma”. Un sentiero percorso e deciso dalla società nel suo insieme, di cui appunto quelle arcate luminose sarebbero state un simbolo, e i bottegai eventuali quanto graditi ospiti. Mica forza propulsiva, e avanguardia della rivoluzione.
E ha ragione Peter Hall quando, nel suo Sociable Cities, the legacy of Ebenezer Howard, dice che pianificare il decentramento è ancora possibile: basta avere un’idea forte, forte e che non confligga con dati di fatto come l’enorme domanda sociale di mobilità, di accesso ai servizi, e perché no anche alle merci e a un po’ di immaginario. Anche nel teatro vivente del territorio.
Se l’hanno capito gli “svuotatori e scimmiottatori”, magari potrebbe iniziare a pensarci anche qualcun altro. O no? (Fabrizio Bottini)
Da: Il Denaro edizione online, 23 dicembre 2003
La localizzazione di molti centri commerciali in contesti suburbani e a ridosso di circonvallazioni e svincoli d’accesso di medie e grandi città è assai diffusa in Italia e in molti casi alquanto discutibile sotto l’aspetto insediativo e sociale. Fino ad oggi questa localizzazione si è legata alla tipica tipologia del centro commerciale integrato, mentre solo più recentemente, ad una scala edilizia maggiore e con bacini d’attrazione ancor più ampi essa è stata fatta propria dai Factory Outlet Centre (FOC).
Queste strutture a formula mista (negozi e department store) — sorta di evoluzione tipologica (Tab. 1) dei tradizionali spacci aziendali (come centri di vendita diretta di rimanenze di stagioni precedenti, overstock di magazzino in seguito a eccedenze di programmazione e di produzione) e organizzati per sfruttare le sinergie tra industria e distribuzione e le capacità di vendita dei diversi “marchi” attraverso partnership di mercato (affitto di ramo d’azienda) — sono localizzati in aree ad alta accessibilità, spesso a vocazione turistica, secondo una logica simile ai parchi e ai centri commerciali integrati e con una connotazione urbanistica simile alle grandi superfici di vendita, pur nel quadro di una diversa organizzazione interna (non necessariamente indoor) orientata alla configurazione areale (Outlet Village).
In questo quadro evolutivo, è da ricordare che nel settore non alimentare la presenza dell’industria nella rete distributiva è significativa, soprattutto a seguito di due fenomeni: la rilevanza delle aree ad alta specializzazione produttiva (distretti industriali, aree sistema, sistemi produttivi locali) con la notevole diffusione degli spacci aziendali e la prevalenza di punti vendita di piccole dimensioni con assortimento specializzato con la diffusione di forme di controllo verticale (franchising, punti vendita monomarca in proprietà, etc.).
A scala internazionale, uno dei principali orientamenti sul tema dell’impatto degli Outlets Village sui contesti locali è la Planning Policy Guidance “Town Centres and Retail Development” realizzata nel luglio 1993 dal Ministero dell’Ambiente britannico (PPG6, aggiornata nel giugno 1996), inerente la pianificazione e le politiche di governo degli insediamenti commerciali (planning for retail developments) connesse all’impatto sulla vitalità e sulla viabilità dei centri urbani. Come linea guida si acquisisce la consapevolezza del ruolo critico del sistema della pianificazione di limitare la competizione, di valorizzare i valori posizionali commerciali esistenti e di contrastare i processi di innovazione del settore. Questa PPG introduce il concetto di sequential approach utile a selezionare le nuove localizzazioni commerciali e di entertainment in ambito periferico-extraurbano solo in caso di impossibilità di realizzazione del progetto in area urbana.
PRINCIPIO INSEDIATIVO
Aggregazione spaziale di ampia dimensione di più punti vendita monomarca (esercizi di vicinato e medie superfici) con configurazione insediativa di tipo areale.
LOCALIZZAZIONE
In ambiti extraurbani — con buona dotazione infrastrutturale ad alta accessibilità (spesso in prossimità di un asse autostradale) — spesso a vocazione turistica secondo una logica simile ai centri commerciali extraurbani (sostanzialmente equiparati in sede di Conferenza dei Servizi regionale o provinciale).
Connotazione urbanistica simile alle grandi superfici di vendita, pur nel quadro di una diversa organizzazione interna.
CAPACITÀ DI ATTRAZIONE Sono organizzati per sfruttare le sinergie e le capacità di vendita dei diversi "marchi" e l’integrazione con altre format di offerta legati al tempo libero e all’intrattenimento, ai servizi di ristorazione, alla promozione turistica.
Bacini gravitazionali estesi di scala sovracomunale (interprovinciale e interregionale).