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Alberto Roccella
Edilizia di culto a Milano: Diritti e Norme
8 Aprile 2013
Milano
Le persone di religione islamica residenti a Milano sono ormai decine di migliaia, ma non dispongono di edifici idonei .>>>

Le persone di religione islamica residenti a Milano sono ormai decine di migliaia, ma non dispongono di edifici idonei .>>>
1. Le persone di religione islamica residenti a Milano sono ormai decine di migliaia, ma non dispongono di edifici idonei per il loro culto religioso. Di recente l’associazione islamica turca Millî Görüş ha avviato lavori di adeguamento di un capannone in una zona periferica della città, ma la diffusione della notizia ha subito suscitato una reazione contraria. Secondo le cronache giornalistiche dello scorso mese di marzo un noto uomo politico, già vicesindaco nelle precedenti giunte Albertini e Moratti, avrebbe richiesto il sequestro dell’immobile e avrebbe anche proposto un referendum di zona per decidere se rilasciare le autorizzazioni alla realizzazione della moschea. Per contro risulta che l’attuale assessore comunale all’educazione non abbia posto veti in linea generale alla realizzazione di moschee, purché costruite nel rispetto delle norme sull’edilizia. Intanto però, sempre secondo le cronache della stampa di informazione, i lavori sono stati sospesi per irregolarità edilizie, non essendo stato chiesto al Comune il cambio di destinazione d’uso dell’immobile.

Certamente lo scopo di culto religioso non costituisce una giustificazione per irregolarità edilizie, eppure l’episodio di cronaca merita qualche riflessione di carattere generale.

2. La Costituzione della Repubblica italiana tutela la libertà di religione, ma questa libertà acquista miglior risalto se essa viene considerata in un contesto più ampio.

Il 6 gennaio 1941 il presidente degli Stati Uniti d’America, Franklin Delano Roosevelt, pronunciava il suo discorso al Parlamento sullo stato dell’Unione passato alla storia come "il discorso delle quattro libertà", poiché prefigurava un mondo fondato sulle quattro essenziali libertà umane, la libertà di parola e di espressione, la libertà religiosa, la libertà dal timore (del nemico esterno), la libertà dal bisogno. Roosevelt confermava così il carattere basilare della libertà di religione che giusto centocinquant’anni prima, nel 1791, sempre negli Stati Uniti d’America aveva ricevuto tutela, ma anche grande risalto, col primo dei dieci emendamenti alla Costituzione federale che costituiscono il Bill of Rights, la Dichiarazione dei diritti.

Dopo la seconda guerra mondiale la libertà di religione è stata tutelata dalla "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo" approvata dall’Assemblea generale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, dalla Convenzione europea del 1950 per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dal Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato a New York nel 1966. Essa, inoltre, ha cominciato a vivere nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo ed è passata infine nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nella prima versione del 7 dicembre 2000 (Carta di Nizza) e poi in quella adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo.

Ma anche la Chiesa cattolica ha definitivamente superato il Sillabo del 1864. La dichiarazione del Concilio Vaticano II su "La libertà religiosa", la Dignitatis Humanae, ha affermato che «la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa», la quale «si fonda realmente sulla stessa dignità della persona umana (…). Questo diritto della persona umana alla libertà religiosa deve essere riconosciuto e sancito come diritto civile nell’ordinamento giuridico della società».

La libertà religiosa, da qualsiasi lato la si consideri, è dunque un diritto fondamentale della persona umana. Su questo punto la Costituzione è limpida: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa» (art. 19), senza alcun riferimento al requisito della cittadinanza. E d’altra parte non vi è dubbio che la libertà di religione comprende anche il diritto a costituire e mantenere luoghi di culto, come riconosciuto nel 1986 a Vienna dalla CSCE, la Conferenza sulla Sicurezza e la Cooperazione in Europa e, nel 2000, dalla risoluzione 55/97 approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

3. Cosa bisogna attendersi dunque dal Comune di Milano in tema di luoghi di culto per le confessioni religiose che non ne dispongono? Semplicemente il rispetto della libertà di religione che è un diritto fondamentale della persona umana e quindi non può essere ostacolata da decisioni amministrative arbitrarie e neanche da decisioni di democrazia diretta come quelle referendarie: i diritti fondamentali della persona proprio in quanto tali non sono disponibili da parte di una maggioranza politica.

Non solo lo Stato, ma anche il Comune ha il dovere di farsi promotore dell’attuazione in concreto dei diritti delle persone e dei valori costituzionali, seguendo l’indicazione della Corte costituzionale, per la quale «il principio di laicità implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale» (sentenza 203/1989).

E, del resto, il partito del sindaco milanese Pisapia, Sinistra ecologia libertà, nel capitolo "Diritti" del suo programma afferma: «Per noi, la sinistra, scegliere il primato della laicità e della libertà degli individui è un fondamento della propria identità politica e civile».

Non è difficile svolgere questa affermazione generale. Come è stato ricordato da ultimo, con felice sintesi, dalla costituzionalista Giuditta Brunelli, la laicità «ha una precisa funzione: tutelare la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, i quali in nessun modo possono subire discriminazioni o acquisire privilegi sulla base della loro appartenenza confessionale (essendo la laicità, tra l’altro, dissociazione tra cittadinanza e appartenenza religiosa). (..) La costruzione dei rapporti tra Stato e fattore religioso (…) è destinata a conformare in concreto rapporti sociali fondati sul libero esercizio da parte dei singoli della loro libertà di coscienza, in un contesto di eguale rispetto di ogni scelta individuale».

Non si dimentichi, infine, che già nel 2008, proprio a Milano, in occasione delle celebrazioni di Sant’Ambrogio l’arcivescovo Tettamanzi aveva manifestato il proprio favore per la realizzazione di luoghi di culto per le confessioni religiose diverse dalla cattolica. Quella presa di posizione aveva suscitato la dura contestazione di un esponente politico locale: ma l’arcivescovo si era espresso in piena sintonia con la dottrina ufficiale della Chiesa, con la Costituzione, con gli atti internazionali di tutela dei diritti umani.

La finalità di culto non può essere una giustificazione per violare la disciplina dell’attività edilizia. Ma vale sicuramente, e ancor di più, anche la proposizione inversa: la disciplina dell’attività edilizia non deve diventare un pretesto per violare un diritto fondamentale come la libertà religiosa. E dunque dal Comune bisogna attendersi che si faccia parte attiva perché, nel rispetto delle leggi, ma anche adeguando se del caso la propria disciplina urbanistica, tutte le persone possano disporre di luoghi di culto, secondo le necessità delle diverse confessioni religiose. Anche i poteri comunali di governo del territorio devono essere usati per concorrere al pieno riconoscimento delle libertà fondamentali. La libertà religiosa non costa alle finanze pubbliche e la garanzia del diritto delle minoranze religiose rende tutti più liberi.

Con questo intervento Alberto Roccella, tra i più lucidi e competenti giuristi nel campo del diritto urbanistico, inizia la sua collaborazione come "opinionista" di eddyburg. Lo ringraziamo

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