Quest’anno la vendemmia si preannuncia abbondante — scrive sul Riformista Enrico Testa detto Chicco, di anni 58, ex ecologista talebano, ex comunista militante, poi manager dell’elettricità e gran sostenitore dell’energia nucleare — eppure nonostante la natura sia stata benigna e ci si potrebbe perciò aspettare del vino di qualità a basso prezzo, «una certa sinistra si batte perché il vino resti caro».
Con chi ce l’ha Chicco Testa? Con Carlo Petrini detto Carlin, gastronomo, scrittore, geniale inventore del movimento culturale Slow Food, che da qualche giorno sta suggerendo di ridurre la produzione del vino per tenere alti i prezzi.
«Capito? Per una volta che avremmo potuto berci un barolo pagandolo due euro, certi compagni vengono a dirci, proprio loro, che il vino buono deve continuare ad essere solo per i ricchi». Testa, il ragionamento di Petrini è un po’ più sofisticato: egli sostiene che l’abbassamento dei prezzi premierebbe solo i commercianti spregiudicati, mandando in rovina i veri «vignerons». «Chiacchiere... Hai prodotto tanto vino buono? Beh, fammelo bere subito e fammelo pagare poco. Punto e basta». È un po’ definitivo. «Senta, sa qual è la verità? Una certa sinistra, senza accorgersene, è scivolata su posizioni elitarie, aristocratiche, assolutamente snob».
La linea del telefonino va e viene, Chicco Testa si scusa: è a cavallo — «ma non faccia ironie, che è solo un vecchio ronzino» — e sta venendo giù da Manciano, la Maremma più bella, il mare dietro ai boschi, Capalbio è oltre la curva, poi si arriva alla spiaggia. All’ «Ultima spiaggia». Lo stabilimento, il museo vivente di ciò che fu la sinistra radical, dove Testa tiene l’ombrellone da sempre e dove, in effetti, le bottiglie di vino hanno ricarichi leggendari.
«Ma guardi che io ne faccio una questione di principio, sia chiaro». Gran eloquio, una laurea in Filosofia alla Statale di Milano con una tesi su Marx («che ho citato anche nel mio articolo sul Riformista, notato?»). Ormai, solo citazioni. Nonostante un passato da raccontare: espulso dal liceo dei salesiani perché invece di andare in chiesa e seguire gli esercizi spirituali, aveva aderito al Collettivo popolare Gramsci. Poi l’iscrizione al Pci, e la fondazione di Lega Ambiente. Che guida dall’80 all’87, con un obiettivo preciso: riportare nel partito tutti gli ecologisti anarchici.
Sono gli anni delle marce, dei sit-in contro l’energia nucleare. E di due ossessioni: l’Enel e la centrale di Montalto di Castro. Certe ossessioni, però, passano. Dopo due legislature alla Camera (prima nel Pci, poi nel Pds) nel 1996 diventa presidente dell’Acea, l’azienda comunale dell’energia del comune di Roma (suo sponsor, e suo compagno di doppio a tennis, Francesco Rutelli). Ci resta due anni, per poi sbarcare — appunto — proprio all’Enel. Una capriola benedetta da Walter Veltroni, che lui commenterà così: «Ogni giorno mi chiedevo: sarò in grado?».
Si sente il cavallo nitrire. Lui, calmo (e si suppone in abito da buttero, come adora farsi fotografare), spiega la sua penultima uscita spiazzante: «Sono diventato un manager, ma continuo a odiare le ingiustizie. Per questo ho difeso il mio amico Giovanni Malagò, presidente del Circolo Aniene, di cui sono socio, sotto inchiesta, a mio parere, senza motivo».
Il bisnonno fu un garibaldino (nel senso storico del termine), il padre medico condotto. Non si capisce da chi abbia ereditato il fascino da seduttore: due figli con una moglie, poi molte altre donne, belle e famose. Anche se l’ultima, Novella Benini, si tiene però ora per mano con Cesare Prandelli, l’allenatore della nazionale.
Ma Chicco saprà consolarsi. Non a caso, gli amici lo chiamano Chicco Festa.