Ore decisive per il decreto che vuole stravolgere tutta la legislazione ambientale italiana. Oggi le commissioni parlamentari potrebbero votare il parere. E le scelte di oggi condizioneranno il futuro del Belpaese
Sono ore decisive per l'ecomostro normativo, il decreto che vuole stravolgere tutta la legislazione ambientale italiana. Oggi le commissioni parlamentari potrebbero votare il parere. Che ambiente farà in Italia nella prossima legislatura lo si sta decidendo ora, all'insaputa dei più. Le scelte di oggi condizioneranno l'ambiente italiano, ecosistemi e inquinamenti, norme e fatti, politiche e cronache per i successivi due anni. Almeno.
Il ministro contro l'ambiente vuole assolutamente «emanare» il decreto- mostro di 6 parti, 318 articoli e 45 allegati (confusi e illeggibili, con tabelle, appendici, sezioni, numeri arabi, romani, lettere alfabetiche) che «semplifica» la legislazione italiana, provocando un terremoto giuridico, incertezza e paralisi. Il 15 dicembre 2004 ha ricevuto una delega con voto di fiducia alla Camera dopo precedenti voti di fiducia anche al Senato (estorti alla sua stessa maggioranza, senza consenso di merito).
Un anno fa ha nominato discrezionalmente una commissione quasi tutta compiacente, pagandola molto e riunendola poco, chiedendo improvvisamente il 5 ottobre di esprimersi su cinque schemi apparsi la settimana prima che non avevano mai visto né discusso (elaborati da «altri», suoi amici), via posta elettronica, dopo averli esaminati congiuntamente per poche ore e individualmente per pochi giorni, tralasciando senza motivazione una proposta sulle aree protette.
Un unico testo che «fonde» i cinque schemi è stato approvato dal consiglio dei ministri il 25 novembre ed è giunto alle Camere il 6 dicembre, senza il previsto parere della conferenza unificata. I compiacenti presidenti lo hanno assegnato alle commissioni facendo scattare il termine dei 30 giorni. L'esame è continuato durante questa settimana. I relatori di maggioranza (uno alla Camera, quattro al Senato ovvero uno per partito del centrodestra) parlano apertamente di errori, refusi, perplessità, riserve, violazioni della disciplina comunitaria, giustificati rischi di contenziosi e ricorsi. Le schede predisposte dai servizi studi legislativi citano impietosamente contraddizioni, sovrapposizioni, vuoti.
Tutti i soggetti interessati hanno espresso critiche e contrarietà, basta leggere i verbali delle audizioni argomentate e documentate. Le regioni (tutte, anche quelle poche del centrodestra) hanno indicato vari profili di incostituzionalità. Province e comuni hanno elencato tutte le invasioni di campo nei confronti delle loro competenze, entrando nel merito con osservazioni critiche puntuali su decine di articoli. E trecento scienziati si sono rivolti al presidente Ciampi per impedire lo scempio. Il ministro contro l'ambiente ha bollato i poveri contestatori come «immobilisti reazionari», dichiarando di voler andare comunque avanti. Non avendo attuato, promosso, realizzato una sola politica ambientale vuole poter dire in campagna elettorale che, però, ha cambiato tutte le leggi...!
Dunque, forse, il decreto arriverà. Deputati e senatori della maggioranza in scadenza daranno un lungo parere pieno di condizioni e emendamenti... ma favorevole? I ministri competenti e incompetenti chiederanno qualche giorno in più per ricevere almeno un parere della conferenza unificata, lo avranno negativo... e approveranno in consiglio il testo definitivo? Deputati e senatori si rivedranno a fine febbraio per un ultimo scontato parere anche se le correzioni non saranno state apportate? Il capo dello stato riceverà un testo enorme e confuso, con ricorsi alla corte in itinere, appelli contrari di esperti, giudizi pessimi di tutte le forze sociali... ma non potrà far nulla?È uno scenario probabile.
Dopo cinque anni di condoni e licenze ad inquinare avremo la «precarizzazione» di tutta la normativa, un lungo periodo di incertezza costituzionale, conflitti istituzionali, vuoto amministrativo, confusione diffusa. Ne usciremo. Entro due anni nuovo parlamento e nuovo governo, sulla base della stessa delega, possono rimettere ordine.
L’Europa interverrà subito, la Commissione e la Corte di Giustizia segnaleranno tutti i già annunciati contrasti con le direttive comunitarie. Dovrà pronunciarsi la Corte Costituzionale. Vi saranno una miriade di ricorsi alla giustizia amministrativa, giudiziaria, penale. Un terremoto dal quale usciremo prima o poi. Dico un paio di anni, spero meno. Chi può, nell'attuale maggioranza, soprattutto chi ha incarichi nelle istituzioni costituzionali, rifletta bene.
Forse un altro scenario è ancora possibile: un atto parlamentare che proroghi i termini della delega, che consenta ai nuovi eletti di approfondire seriamente l'articolato, di meditare critiche e proposte, di giungere a testi concertati e condivisi, che lasci al nuovo governo un compito di sintesi unitaria e di transizione studiata.
Non è certo uno scenario ideale. La destra avrà comunque garantito che si parta da un approccio scadente e pericoloso. Almeno avremo evitato che il «mostro» diventi norma e avremo il tempo di coinvolgere esperti e competenti, interessi e principi, regioni e comuni in un'opera di rilancio dello sviluppo sostenibile e di riconversione (ecologica) delle leggi ambientali.