Sono diventato in queste settimane un appassionato lettore di intercettazioni telefoniche, a tratti avvincenti («la cronaca è letteratura sotto pressione» - diceva Oscar Wilde). I molti riscontri che provengono dai densi, disinvolti dialoghi tra i protagonisti della nuova corruzione aiutano a capire i metodi usati per il controllo della spesa in opere pubbliche. Se si osserva con cura si capisce che in questa competizione non è solo in gioco la conquista di maggiori risorse da parte di imprese concorrenti, da fare crescere con trucchi vari. Non è il solito balletto tra corrotti e corruttori. La contiguità tra politici, soggetti attuatori e imprese evidenzia l’egemonia di queste ultime. Con un danno supplementare per la collettività. Infatti per fare tornare bene i conti è importante per le imprese orientare le scelte relative all’investimento, decidere quali opere servono e non solo quanto costano.
L’esito è molto deprimente tenendo nello sfondo la propensione evidente a estendere il procedimento dalle emergenze alla ordinaria gestione. Le politiche di spesa - e pure di uso del territorio -sono subite da chi dovrebbe decidere nell’interesse pubblico. Se a L’Aquila si interviene in quel modo - nel dopo terremoto - è perché l’imprenditore x o y è riuscito a fare prevalere la sua convenienza. Preferisce, è facile immaginarlo, la costruzione di nuove case alle mille rogne della ricostruzione nel centro storico.
Il bel libro curato da Georg Frisch ( «Non si uccide così anche una città», edito da Clean) tempestivo e attualissimo dopo le novità - le brutte storie del G8 di La Maddalena hanno un seguito a L’Aquila? – spiega la gravità della rinuncia a operare nella parte vecchia della città. In questo quadro tra emergenze e urgenze si è fatta strada facilmente l’idea che sia cosa buona affidare la progettazione esecutiva direttamente alle imprese -togliendo tutti i controlli - con gli esiti sconvolgenti che abbiamo visto. Così il senso che attribuiamo al progetto - presidio del procedimento amministrativo- viene meno perchè tutto si dissolve a beneficio dell’incremento dei costi. Pure il coinvolgimento di stelle più o meno luminose dell’architettura, non riuscirà a eliminare le ombre oscure che resteranno sui costi di opere frutto di procedimenti illeciti. È in fondo il trionfo della de-regolazione che si rispecchia già nella crisi della pianificazione urbanistica: le varianti contrattate (o i fai-da te dei piani casa) dicono della indifferenza diffusa verso il governo del territorio e la tutela e la cura del patrimonio paesaggistico che servirebbero a limitare le troppe emergenze e quindi l’attività della Protezione Civile.