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Stefan Bernhard; Siedentop Müller
Crescita e decrescita in Germania
7 Aprile 2005
Esperienze straniere
"Tendenze, prospettive e sfide per la pianificazione e la costruzione dello spazio", in una fase complessa di calo demografico. Anche suburbanizzazione e consumo di suolo, in questo lungo articolo da DfK (Deutscke Zeitschrift für Kommunalwissenschaften), vol. 4 (2004), n. 1 (f.b.)

Titolo inglese originale: Growth and Shrinkage in Germany - Trends, Perspectives and Challenges for Spatial Planning and Development – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

1. Crescita e decrescita: l’importanza di una visione comparativa

Le trasformazioni demografiche e i loro effetti dei solito vengono esaminate secondo due livelli: in primo luogo quello della società nel suo insieme, in relazione alle politiche familiari, ai sistemi di sicurezza sociale, al mercato del lavoro, alle migrazioni, alla finanza pubblica; in secondo luogo a livello delle municipalità, con particolare riguardo ai sempre più urgenti bisogni di trasformazione urbana e ai vincoli posti dalle ristrettezze finanziarie.

Le associazioni di governi locali hanno da tempo riconosciuto l’importanza di questo aspetto, ma esiste scarso accordo sulle politiche da adottare, e le amministrazioni locali hanno agito in modi diversi. Uno dei motivi è che sono sempre esistite città e centri minori economicamente attrattivi e che godono di alta immigrazione (interna e dall’estero) dove il declino demografico non è un problema, e le politiche per la crescita, per l’orientamento della crescita, sono ancora all’ordine del giorno.Ma esistono molte comunità dove la recessione e i problemi relativi sono diventate – dal punto di vista delle politiche locali – una realtà “amara” in modo crescente da alcuni anni, e dove si richiedono modalità d’azione completamente nuove, per una situazione che le autorità esitano ancora a riconoscere.

Rischia di venir ignorato un punto di vista generale, spazialmente differenziato, comparativo, dei rischi connessi alla posizione. Quali città stanno recedendo? È possibile identificarne le cause? Quali azioni sono necessarie? Questo saggio esamina queste questioni in modo dettagliato. Ci siamo concentrati sui contesti della Germania dove si verificano crescita e declino demografico, su quali tendenze emergono, quali regioni e città si trovano di fronte a queste sfide. Abbiamo indagato sino a che punto le politiche di governo locale nelle “ shrinking regions” richiedono controlli, e come la pianificazione locale può reagire.

2. Modalità regionali di crescita e decrescita

Negli anni ’90, lo sviluppo della struttura insediativa in Germania può essere brevemente schematizzato come segue (cfr. Siedentop et al. 2003; Siedentop/Kausch 2003):

- forte polarizzazione dello sviluppo demografico fra Ovest e Est; crescita della popolazione in tutto l’Ovest, contro un declino nell’Est.

- deconcentrazione interregionale e intraregionale di popolazione e posti di lavoro nella Germania dell’Ovest, a beneficio delle zone rurali relativamente distanti dalle città centrali e dalle aree suburbane relativamente mature.

- concentrazione interregionale di popolazione e posti di lavoro nella Germania dell’Est a scapito delle zone rurali periferiche, accompagnato da una suburbanizazione di piccola scala nelle regioni urbane.

Se questo tipo di sviluppo dovesse continuare nei prossimi decenni, le città centrali dell’Ovest e dell’Est della Germania e le zone rurali periferiche dell’Est, sarebbero fortemente interessate dalle trasformazioni demografiche. Meno colpite sarebbero invece le aree suburbane e rurali nell’Ovest, e i suburbi interni delle principali città dell’Est.

La comparazione dello sviluppo demografico fra il 1993 e il 1996, e le attuali tendenze (dal 1999 al 2001) mostrata nella fig. 1, a prima vista conferma questa previsione. Le regioni con una forte tendenza al declino demografico (meno oltre 1% l’anno) si trovano ancora solo nella Germania dell’Est. Larghe parti dei territori della vecchia Germania dell’Ovest, al contrario, sono ancora in crescita demografica. Ma ad un esame più attento si mostrano le prime inversioni di tendenza.

Sempre più regioni nell’Ovest sono colpite dal declino demografico. Apparentemente proveniente da Est, un “cuneo di decrescita” si muove attraverso le principali aree del Nord Reno-Westfalia verso il sud della Bassa Sassonia, il nord di Hesse e Baviera. E il declino della popolazione nella Germania dell’Est si è accresciuto. D’altra parte si è indebolita la deconcentrazione demografica, specialmente nell’Est. Le fasce suburbane attorno alle città centrali della Germania Orientale erano ancora in crescita solo pochi anni fa, e ora stanno perdendo abitanti.

Studi empirici suggeriscono che le relazioni fra città centrali, suburbi, e aree rurali periferiche, devono essere ridefinite in condizioni di stagnazione o declino demografico. Esamineremo ora in modo approfondito gli sviluppi demografici da una prospettiva spazialmente differenziata, per capire come il mutamento demografico ha influenzato la struttura insediativa.

3. Differenze nel panorama di crescita e decrescita

A metà anni ’90 c’erano regioni che non corrispondevano all’immagine generale di un dualismo Ovest-Est nello sviluppo demografico. Si trattava della crescita nella fascia suburbana attorno a Berlino, le vecchie regioni industriali in decrescita dell’Ovest, e le città centrali che non erano riuscite a compensare le perdite demografiche locali di emigrazione attraverso l’immigrazione dall’estero. Ad ogni modo, anche negli anni ’90, lo sviluppo demografico differiva da regione a regione all’interno dell’Est come dell’Ovest. Ad esempio, c’era una diminuzione netta della popolazione naturale in quasi metà delle province della Germania dell’Ovest, e nelle altre circoscrizioni la percentuale era al minimo dell’85%. Nell’Ovest esistono anche regioni più “vecchie” e più “giovani” (Bucher, 1997). Nel 1999 l’età media della popolazione nelle province e altre circoscrizioni divergeva di oltre quattro anni (Maretzke, 2002). A causa dei forti aumenti nelle migrazioni interne e internazionali, queste differenze di sviluppo venivano comunque nascoste in modo “esterno” dall’aumento di popolazione generale dell’area. Solo con il declino dell’immigrazione dall’estero, iniziato a metà anni ’90, il calo demografico è diventato evidente in alcune parti dell’Ovest. Sono interessate da questa decrescita di popolazione non solo le vecchie regioni industrializzate, che ne soffrono da lungo tempo, ma anche le zone rurali della Germania dell’Ovest: un fenomeno osservato per l’ultima volta in dimensioni paragonabili negli anni ’70 e primi ’80. Le regioni più tipicamente interessate sono la Bassa Sassonia meridionale, il nord Hesse, la Foresta Palatina. All’inizio del nuovo decennio, solo in Bassa Sassonia e Baviera alcune aree di una certa dimensione hanno avuto una crescita demografica degna di nota.

Dopo un assestamento alla metà degli anni ’90, il declino demografico nella Germania dell’Est ha di nuovo accelerato, interessando l’intero territorio. Solo pochi anni fa, erano in fase di sviluppo le fasce suburbane di molte regioni urbane dell’Est, ma dall’inizio del nuovo millennio sono rimaste solo alcune “isole di crescita”. Berlino è una di queste isole, Dresda un’altra (e in misura limitata Lipsia), così come le città della Turingia (cfr. Herfert, 2002). D’altra parte, le aree in forte declino demografico si fanno sempre più estese.

Nonostante il gap Ovest-Est nello sviluppo demografico tipico degli anni ’90 persista nel medio termine, non si può negare che il percorso di sviluppo polarizzato (crescita all’Ovest, declino all’Est) si svolgerà secondo processi di gran lunga più differenziati e concentrati (Bucher, Schlömer 2003). Crescita e declino della popolazione stanno diventando sempre più contigui da punto di vista spaziale: fra le regione, dentro le regioni, nelle città.

4. Prosegue la suburbanizzazione, in condizioni di declino demografico?

Se paragoniamo le tendenza attuali (dal 1999 al 2002) con gli sviluppi fra il 1993 e il 1996 (figura 1) emerge un’altra discontinuità nello sviluppo demografico: una netta caduta nella deconcentrazione interregionale e intraregionale. Nella Germania dell’Est la suburbanizzazione giunge ad un completo arresto all’inzio del nuovo decennio (Berlino unica eccezione). In alcune regioni urbane la migrazione si rivolge anche di nuovo alle città (Herfert, 2002, p. 338), e ci sono segni che tale tendenza sia più che un’interruzione ciclica a breve termine di un processo duraturo di deconcentrazione. Le proiezioni demografiche regionalizzate del governo della Sassonia prevedono stabilità per le città centrali di Dresda e Lipsia, ma perdite di popolazione fra il 15% e il 20% per le circoscrizioni confinanti (Statistisches Landesamt des Freistaates Sachsen, 2003).

Per un esame più dettagliato di questa discontinuità di tendenza, che è limitata alla Germania dell’Est, sono stati analizzati gli sviluppi demografici del paese in generale, con l’aiuto di un semplice modello per zone. Le città centrali (con popolazione oltre 100.000 abitanti) e tutte le municipalità in relazione alla più vicina città centrale, sono state comprese entro zone concentriche. Si sono distinte aree suburbane interne entro 20 km dalla città centrale più prossima, are suburbane esterne distanti da 20 a 40 km, e aree rurali periferiche ad oltre 40 chilometri dalle grandi città.

L’esame del mutamento demografico annuale nelle zone perimetrate rivela un processo di deconcentrazione in atto nella Germania dell’Ovest (cfr. figure 2). Ma la sua configurazione spaziale è cambiata. Là dove l’anello suburbano esterno registrava la crescita maggiore fino al 1996, ora stanno crescendo con più forza i suburbi interni. Il processo di de-suburbanizzazione ancora evidente negli anni ’90, con uno spostamento di popolazione verso le zone rurali esterne all’agglomerazione sembra essersi fermato. Nello stesso tempo, però, è diminuita l’intensità della suburbanizzazione in molte regioni urbane dell’Ovest, ciò in forte misura a causa del declino della migrazione città-periferia. A partire dal 2000, le città della Germania occidentale hanno registrato un aumento netto di popolazione.

Negli anni recenti le città centrali della Germania dell’Est si può dire abbiano guadagnato, nella competizione a scala regionale e municipale per avere residenti e popolazione economicamente attiva. Sino alla metà degli anni ’90, la dinamica migratoria dalle città verso le aree circostanti era più intensa che nelle zone rurali periferiche. Ma dal 1997 la diminuzione demografica annuale della grandi città è costantemente calata, mentre sono in decrescita non solo le zone rurali, ma anche le comunità suburbane.

Anche la dispersione demografica si è attenuata negli anni recenti. Per tutti gli anni ’90 in Germania Occidentale, la popolazione dei piccoli centri senza strutture adeguate è molto crescita. Nel 2002 tali centri stavano ancora crescendo più in fretta di quelli di dimensione media o grande (cfr. figura 3). Ma i centri di rango superiore sono stati in grado di ridurre considerevolmente il gap. Le città medie della Germania dell’Est hanno sperimentato una costante crescita debole. Se i centri di rango superiore attraversano un processo di chiaro consolidamento, quelli medi sembrano inesorabilmente in decrescita. Ma negli anni più recenti le comunità locali più piccole e non centrali, cresciute di popolazione sino all’1% l’anno, sono pure state colpite da declino demografico.

Questo pone due questioni: l’intensità di suburbanizzazione e dispersione continueranno a diminuire nelle specifiche condizioni di declino demografico? Il sistema insediativo potrebbe contrarsi in misura anche maggiore? Sia i fattori relativi alla domanda che quelli relativi all’offerta sembrano suggerire questa ipotesi.

Il gruppo sociale che esprime sull’arco di un ciclo di vita il bisogno di maggiore consumo di spazio, portatore di investimenti per la proprietà della casa, si contrarrà negli anni a venire (Aring, 2003; Münz, 2003; Bucher, Schlömer, 2003; Bergheim, 2003). Nonostante gli studi sulla migrazione mostrino come le famiglie con bambini non siano gli unici protagonisti della suburbanizzazione (cfr. Blotevogel, Jeschke, 2003), le famiglie di pensionati, di un solo genitore, di un solo componente o coppia senza figli, tendo no a preferire la città centrale.

Nei prossimi decenni, l’immigrazione sarà il fattore principale dello sviluppo demografico in Germania. Le grandi città e gli ambienti urbanizzati assorbiranno quantità crescenti di immigrati dall’estero (Bucher, Schlömer, 2003, p. 123). In più, l’esperienza mostra che la proprietà della casa fra gli immigrati è sotto la media, e così i nuovi arrivati probabilmente si concentreranno sui mercati di abitazioni in affitto nelle grandi città.

Il declino demografico sta già mettendo in pericolo l’adeguatezza infrastrutturale delle zone rurali poco popolate, il che si traduce in alti costi di mobilità per le popolazioni. Anche le aree suburbane ne saranno colpite in futuro. Con questa praticamente inarrestabile caduta della densità della popolazione, le soglie critiche di sostenibilità economica delle infrastrutture tecniche e sociali e dei servizi pubblici saranno raggiunte molto prima nelle aree suburbane a minore densità, che nelle grandi città. Il risultato potrebbero essere spostamenti più lunghi per raggiungere le strutture centrali e tariffe più alte per le infrastrutture tecniche. Le famiglie più vecchie, in particolare, potrebbero reagire tornando verso la città, dove la vita quotidiana è più semplice da organizzare, quando la mobilità è limitata.

Allo stesso tempo, ci sono massicci tagli ai sussidi pubblici per la mobilità, come il sostegno al trasporto pendolare, che potrebbero incoraggiare le persone a spostarsi verso i centri maggiori. Anche se aumentano i redditi delle famiglie, la quota disponibili per la mobilità è in caduta, a causa dell’aumentato costo delle spese per la salute e l’età avanzata, oltre ai più alti costi energetici (Topp, 2003). In tale contesto sembra plausibile che le aree residenziali urbane a insediamento più denso con minor dipendenza dal trasporto privato si dimostrino più attrattive per il futuro (ibid., p. 52).

Il declino demografico nel medio termine probabilmente faciliterà la situazione nel mercato delle abitazioni nelle grandi città. Uno dei fattori chiave determinanti la suburbanizzazione diverrebbe così meno importante. Perché la suburbanizzaione essenzialmente può essere spiegata come a determinazione economica, processo di annullamento spaziale dalla città centrale alle aree esterne (Hallenberg, 2002; Gatzweiler, Schliebe 1982). La caduta demografica potrebbe rendere più facile per le città offrire un’attraente parco abitazioni più ampie, in ambiente residenziale piacevole.

Negli anni recenti, i programmi di molte grandi città per mobilitare le cospicue risorse di spazio disponibili entro la propria struttura insediativa per usi diversi, hanno consentito almeno parzialmente di superare lo svantaggio tradizionale – la relativa scarsità di spazio – e di diventare più competitive testa-a-testa con suburbia.

È certo troppo presto per parlare di imminente “rinascimento urbano”. Ma i risultati empirici suggeriscono che il calo demografico diminuirà la suburbanizzazione. Di quanto diminuirà, non dipende solo dagli sviluppi futuri di tipo demografico ed economico. Un fattore importante sarà se le città centrali riescano a costruire con successo una politica di riurbanizzazione che combini l’accessibilità dei vantaggi urbani con le caratteristiche di qualità residenziale suburbana. Ci sono molti segnali secondo cui la suburbanizzazione non opererà più come tendenza globale nello sviluppo urbano regionale come nel passato, specialmente negli anni ’70 e ’80, e in qualche misura anche ’90. La suburbanizzazione continuerà a caratterizzare lo sviluppo delle strutture insediative nelle regioni a costante pressione di crescita. In quelle stabili o in calo la migrazione città-periferia, al contrario, diminuirà. Ciò migliora di molto le propettive per un “rinascimento urbano”.

5. Una conclusione provvisoria

Lo sviluppo nella Germania dell’Ovest e dell’Est, probabilmente, continuerà ad essere fortemente polarizzato. Allo stesso tempo, ci saranno forti differenziazioni spaziali all’interno delle due parti del paese. Per la Germania dell’Est, Herfert descrive un’immagine di “isole piccole e grandi, con popolazione stabile o in leggera crescita, in una regione altrimenti demograficamente in calo” (Herfert, 2002). Anche la Germania dell’Ovest sperimenterà grandi disparità regionali. Sempre più aree dell’Ovest imboccheranno il “sentiero per la stagnazione o la decrescita” nei prossimi vent’anni.

Sopra e oltre questi grandi movimenti nella distribuzione demografica, crescita e decrescita vivranno fianco a fianco entro le agglomerazioni urbane. Gli sviluppi in queste aree saranno meno chiaramente caratterizzati dalla polarizzazione fra grande città e zone esterne di quanto non avvenisse negli anni ’90. La cosa più probabile è che le maggiori differenze fra crescita e decrescita si manifesteranno nelle aree suburbane.

I principali fattori della crescita di piccola entità e della decrescita saranno un allentamento nei mercati immobiliare e dell’abitazione, e la concomitante dinamizzazione della mobilità residenziale. Solo poche regioni, sottoposte ad una continua pressione di crescita, saranno influenzate da altri fattori. Dove la popolazione ristagna o diminuisce, i mercati immobiliare e delle abitazioni urbano e regionale nel medio termine si svilupperanno in mercati dominati dalla domanda (Aring, 2003). Inquilini e acquirenti potenziali potranno scegliere su un vasto raggio di offerte, e avvantaggiarsi di prezzi relativamente bassi di affitto e vendita. Ciò favorisce l’allontanamento dallo stock residenziale meno attraente. La mobilità residenziale nelle grandi città della Germania dell’Est è già ora molto maggiore che nelle metropoli dell’Ovest (Herfert, 2003; Glatter, 2003). È probabile quindi una maggiore polarizzazione fra “isole di crescita” stabili e città in calo, o quartieri che devono misurarsi con problemi di eccesso di offerta, e di spazi inutilizzati, nel mercato immobiliare e della casa.

In breve, sembra che non sia realistico né estrapolare le tendenze di sviluppo degli anni ’90, né ipotizzare uno scenario favorevole alle grandi città. Molto fa pensare che la tendenza prevalente alla suburbanizzazione e dispersione degli anni ’90 rallenterà nelle condizioni di declino demografico, senza ribaltarsi e diventare urbanizzazione autosufficiente. Ma una cosa è chiara: la struttura insediativa del futuro impiegherà più risorse, e sarà più costosa. La demolizione e riduzione degli edifici e infrastrutture ridondanti non può essere realizzata ad un livello proporzionato alla caduta di popolazione (cfr. l’articolo di Koziol su questo stesso numero di DfK). L’area urbanizzata e infrastrutturata pro-capite continuerà a crescere. Uso e manutenzione dello stock edilizio e infrastrutturale dovranno essere pagati da sempre meno residenti. La “città che si restringe” sarà senza dubbio costosa.

6. Sfide per la pianificazione spaziale

Le tendenze descritte nello sviluppo insediativo hanno conseguenze importanti per la pianificazione spaziale. Due aspetti meritano di essere evidenziati: il maggior conto in cui tenere sotto controllo pianificato gli insediamenti differenziati di piccole dimensioni, e la crescente importanza dello spazio regionale d’azione. Nel primo caso, il declino demografico sta avendo impatti maggiori di quanto avvenisse prima, negli approcci di piano in generale. Il secondo aspetto è la cooperazione (urbana) regionale fra municipalità.

In pratica, né la pianificazione di scala cittadina né quella regionale o statale sono sino a questo momento pronte ad affrontare il declino demografico. La pianificazione urbana generale ha “scoperto” il problema solo relativamente di recente, non per ultimo attraverso i programmi di rinnovamento urbano per la Germania dell’Est e dell’Ovest, ma si è spesso concentrata principalmente sul mercato della residenza. In più, il declino demografico è stato solo sporadicamente discusso negli ambienti politici locali, e quando il problema si è posto, il dibattito è stato solo su come invertire il processo, ad esempio realizzando crescita.

I piani regionali spesso risalgono a un periodo in cui di declino o riduzione demografica no si parlava a livello regionale e men che meno locale. Anche i concetti base di sviluppo regionale non affrontano sistematicamente la questione. Lo stesso vale a livello dello stato, nonostante alcuni governi in Germania nel frattempo abbiano affrontato il problema in modo più attivo che negli anni ’90, anche se generalmente fuori dal contesto della pianificazione per lo sviluppo.

Nella prospettiva di una contiguità di crescita demografica, stagnazione e declino nelle città e regioni, è necessario un ripensamento fondamentale. Nella pianificazione spaziale sinora è stato normale, e in molti casi ancora lo è, pensare soprattutto in termini di crescita, ad esempio per individuare nuovi terreni per insediamenti e trasporti, complessi residenziali, zone industriali, tutelare gli spazi aperti da un controproduttivo sprawl, il tutto attraverso strumenti prescrittivi (ordinanze, proibizioni). In futuro tutto questo non sarà abbastanza.

Gli approcci orientati alla crescita devono essere affiancati da un “paradigma di diminuzione”. Occorre concentrarsi sulla riurbanizzazione di città e regioni, sulla realizzazione di edilizia economicamente efficiente, sulla rivitalizzazione, sullo sviluppo qualitativo. Il punto non è quante infrastrutture realizzare, ma come e in che condizioni i sistemi infrastrutturali posono essere mantenuti, o devono venir riprogettati.


Quadro delle caratteristiche della pianificazione orientata alla crescita o alla decrescita

Pianificazione per la crescita

Pianificazione per la decrescita
Ci si concentra sulla crescita, sulla pianificazione spaziale come “distribuzione” degli aumenti quantitativi (spazi per gli insediamenti e la mobilità, popolazione, posti di lavoro ecc.) Ci si concentra sulla riorganizzazione, su uno sviluppo efficiente rispetto ai costi, su stabilizzazione, rivitalizzazione, sviluppo qualitativo (ambiente residenziale, infrastrutture, traffico, ecc.)
Normative edilizie e strumenti di pianificazione regionale orientati principalmente ai nuovi insediamenti e costruzioni; lo sviluppo infrastrutturale come base e incentivo per gli investimenti. Importanza dei terreni abbandonati, riuso di suoli e edifici, riconversione differenziata, adattamento delle infrastrutture ai mutati bisogni.
Controllo orientato alla crescita (uso del suolo e sviluppo edilizio) Sostegno e organizzazione del riuso, recupero, e sviluppo con risorse finanziarie scarse.
Piano come base per la redistribuzione della crescita, separazione delle funzioni nello spazio (casa, lavoro, ecc.) Piano come gestione dei processi di decrescita, miscele funzionali su piccola scala.
Controllo prescrittivo nell’uso del suolo e sviluppo edilizio, individuazione di nuove espansioni, tutela degli spazi aperti. Pianificazione strategica e concetti di integrazione, valutazione delle conseguenze, attenzione al ciclo di vita dei servizi e ai cambiamenti demografici, progetti pilota, opzioni d’uso, promozione, approccio contrattuale, efficienza.
Competizione fra città (per i residenti, le imprese ecc.), incentivi settoriali, quadro di controllo intersettoriale. Cooperazione fra le città, accordi di equilibrio, collaborazione multilivello, coordinamento intersettoriale.
Fonte: Müller (2003) (leggermente modificato).

Pianificazione diventa così gestione del declino demografico. Le considerazioni strategiche diventano più importanti esattamente per quanto riguarda l’assecondare gli aspetti relativi ai cicli di vita e usi mutevoli delle strutture. Si richiedono concetti integrati, dato che diminuzione riuso devono poggiare su una pianificazione coordinata in misura molto maggiore di quanto non avvenga per la crescita e l’espansione (cfr. Müller, 2003).

Con queste premesse, i modelli tradizionali di sviluppo urbano non sono più importanti. La cosiddetta dichiarazione di Marienthal ha recentemente auspicato che gli approcci attuali di piano siano sottoposti a profonda revisione, e riconsiderati alla luce del declino demografico (IÖR, IES, 2004). Nelle regioni urbane in decrescita questo significa, ad esempio, che occorre prestare maggior attenzione al rapporto con la “perforazione” delle strutture urbane regionali, in altre parole perseguire la deconcentrazione a costi ragionevoli, e decentrare la concentrazione verso località “autosufficienti”.

Né la situazione sta diventando più facile per quanto riguarda lo sviluppo urbano sostenibile. Anche dove la popolazione sta diminuendo, in molte località continua ad aumentare il consumo di suolo per insediamenti e trasporti. Di fronte alla dispersione, è più difficile realizzare la città delle brevi distanze, o regione urbana, almeno attraverso la “crescita”. Se prendiamo sul serio il postulato dello sviluppo sostenibile, non solo l’armonizzazione dello sviluppo economico, sociale, ambientale, deve focalizzarsi maggiormente di quanto non avvenga in condizioni di crescita, ma anche gli “effetti intergenerazionali” delle decisioni di oggi: se e in quali condizioni le future generazioni potranno sostenere una spesa pro-capite ad esempio per infrastrutture realizzate ora, ma che, con una popolazione in declino, non saranno mantenibili se non a considerevoli costi aggiunti (cfr. l’articolo di Koziol). Questo suggerisce che, nel prendere decisioni sull’espansione urbana, la riurbanizzazione, o la riduzione, si deve prestare molta più attenzione agli aspetti dello sviluppo demografico riguardo alla vita economica delle strutture, e alle loro condizioni d’uso.

Il mutamento demografico richiede di ripensare il modello di “uniformità degli standards di vita”, e reinterpretarlo in un contesto più ampio. Non sarà possibile mantenere funzioni di servizio ovunque al livello e nelle condizioni attuali. Per esempio, deve essere riconsiderato il futuro delle piccole comunità, con una popolazione media. Non che si tratti di cosa nuova. Già nel dicembre 2001, il Consiglio Consultivo per la Pianificazione Regionale (pubblicando il Rapporto 2000 sulla pianificazione regionale e le Previsioni di Pianificazione Regionale al 2015) chiedeva cambiamenti nella pianificazione, e sottolineava come dovessero essere riesaminate le tendenze dello sviluppo spaziale. Si indicava un bisogno di chiarimento su “quali orientamenti devono sottostare al principio di uniformità degli standards di vita e come questo principio debba essere sostenuto nel lungo termine” (cfr. Beirat für Raumordnung, 2001, 6 f.). Domande simili se le devono porre in particolare gli ingegneri del traffico e i settori dei servizi municipali ( Wissenschaftlicher Beirat beim Bundesminister für Verkehr, Bau- und Wohnungswesen, s.a.).

Questo ci porta ad un secondo aspetto, ovvero la crescente importanza della regione come livello di azione. Se crescita e declino demografico, o declino differenziato, si trovano sulla piccola scala in stretta prossimità, non solo è saggio, ma è più importante che mai considerare le aree funzionalmente a forte integrazione come unità di piano. Se riurbanizzazione diminuzione di scala sono sull’agenda cittadina, i concetti base dell’adeguamento devono essere stabiliti a scala di cooperazione regionale. Contrariamente a quanto avveniva con gli approcci delle politiche tradizionali, la regione sta diventando più importante: meno come livello prescrittivo per il controllo dell’urbanizzazione, che come base spaziale per l’adeguamento a efficiente delle strutture insediative. Se un gruppo di municipalità ha di fronte lo stesso problema di chiudere scuole o ridurre di scala le infrastrutture tecniche, queste questioni non devono essere affrontate a dimensione urbana: si devono trovare soluzioni regionali per “economizzare” strutture e mantenere servizi sul lungo periodo, secondo i bisogni collettivi. Lo stesso vale per la realizzazione di case e in molti altri settori. Naturalmente queste strategie di adeguamento richiedono meccanismi di equità a scala regionale e devono essere perseguite in modo integrato, ad esempio trasversalmente ai settori e in stretta cooperazione coi gruppi sociali e la società civile.

In molti casi, queste strategie regionali integrate possono basarsi su strumenti di pianificazione regionale esistenti, ad esempio sui concetti di aree di cooperazione per lo sviluppo orientato a particolari problemi. Queste strategie devono comprendere quattro elementi, sempre tenendo ben in mente la contrazione demografica: primo, un’attenta analisi della situazione data; secondo, predisporre uno modello di scenario per le possibilità di sviluppo e le azioni necessarie con un orizzonte temporale di almeno 20-30 anni, sulla base di valutazioni realistiche sugli sviluppi demografici; terzo, una visione o modello di future “desiderabili” e realisticamente realizzabili infrastrutture; quarto, un elenco o programma di interventi per singole aree di azione, con priorità e responsabilità ben precisate.

Le strategie di adeguamento dovrebbero svilupparsi su iniziativa delle municipalità, e non in una prospettiva di pianificazione sovraordinata (pianificazione regionale o statale). Nondimeno, la pianificazione sovraordinata può fornire assistenza attraverso competenze nella mediazione intermunicipale e prendere l’iniziativa nel superare gli ostacoli quando gli attori locali si dimostrino riluttanti a riconsiderare i problemi in una prospettiva di decrescita. In condizioni di declino demografico, la pianificazione regionale e statale non è assolutamente superflua: gioca un ruolo decisivo nel rapportarsi alle conseguenze di una popolazione in decrescita.

7. Conclusioni

Uno sguardo alle differenti strutture di crescita e declino demografico in Germania, mostra che municipalità e regioni non possono più contare esclusivamente sui “tradizionali” approcci della crescita. Devono pensare nuove categorie di controllo pianificato in base a un “paradigma del declino”. È necessario un dibattito sociale complesso sugli effetti spaziali del declino di popolazione e sulle loro conseguenze per il governo nazionale e locale. Se si vuole cogliere pienamente l’intero ambito delle conseguenze, e trovare soluzioni, non è sufficiente considerare la dimensione municipale in modo isolato.

Il fatalismo non è una risposta a sviluppi demografici radicali e di lungo periodo. Non va dimenticato che il calo della popolazione può essere un’opportunità. Può aprire la strada a rinnovamento e modernizzazione (nella concorrenza, nella rivitalizzazione dello sviluppo urbano), può offrire opportunità per miglioramenti qualitativi (ad esempio nell’ambiente residenziale, nella qualità dello spazio aperto, per il tempo libero, per paesaggi quasi naturali), e offrire incentivi per muovere le risorse interne delle regioni (nuovi settori e iniziative). Ma queste opportunità si possono sfruttare solo se le municipalità collaborano con le proprie regioni, se i problemi demografici vengono apertamente tematizzati in politiche spaziali e di sviluppo, se si identificano e considerano gli impatti locali, se si trovano soluzioni regionalmente differenziate sfruttando specifiche risorse o attraverso riduzioni guidate. Per municipalità e regione, con i propri specifici problemi e prospettive di sviluppo, il declino demografico può offrire un’opportunità di dialogo per affrontare il mutamento e, idealmente, una base di sviluppo per un nuovo consenso sociale.

Nota: qui il link al testo sul sito di DfK ,Deutscke Zeitschrift für Kommunalwissenschaften; sotto, la bibliografia; su Eddyburg, su temi paralleli, anche un contributo originale diGeorg Josef Frisch (f.b.)

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