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Yaromir Steiner
Cosa c'è, in un nome? Parecchio!
26 Giugno 2005
Il territorio del commercio
L'ennesima riarticolazione dei formati commerciali, con graduale avvicinamento all'ovvio modello della città multifunzionale. Da Retail Traffic, 1 maggio 2005 (f.b.)

Titolo originale: What’s in a Name? Plenty – Traduzione per Eddyburg di Fabrizio Bottini

Cosa c’è in un nome? Quando classifichiamo un insediamento e i suoi contenuti commerciali e associati, c’è molto in gioco. Il successo del lifestyle center, in tutte le sue forme, mette in luce il dilemma della denominazione.

Le radici dell’organizzazione moderna, e dell’attuale confusione, risalgono agli anni ’90, quando drastici cambiamenti negli assetti del commercio hanno comportato un consolidamento degli operatori esistenti, la ridefinizione del concetto di “ anchor”, una proliferazione di formati a prezzi scontati, la nascita del commercio online. I consumatori hanno avuto un ruolo importante, coi rappresentanti della generazione Baby Boom ad esprimere una preferenza per ambienti commerciali gradevoli e prodotti più sensibili alle esigenze della clientela.

Nello stesso tempo le donne, continuando a prendere la maggior parte delle decisioni d’acquisto, si sono pienamente integrate nel mondo del lavoro, mentre sono cresciute in modo costante le famiglie di un solo genitore. Questi fattori, insieme, hanno creato un tipo di consumatore con nuovi desideri e necessità: e più pressioni. Per questo consumatore sempre a corto di tempo e costantemente alla ricerca di stimoli, sono diventate essenziali le possibilità multiple di integrare le esperienze (acquisti, e ristorazione, e divertimenti, per esempio), e una maggiore assistenza e comodità.

Il nostro settore ha risposto con vari stimolanti ambienti e modalità commerciali. Abbiamo assistito alla costruzione di alternative allo sprawl suburbano, attraverso una migliore progettazione edilizia e urbanistica, insieme ad una maggiore accessibilità (e interesse) delle merci messe a disposizione dall’economia globale.

Poi, nello sforzo di proporre e comprendere questi nuovi formati, si è arrivati al “gioco del nome”. Conosciamo tutti le varianti del lifestyle center: fashion center, leisure time center, specialty retail center, urban entertainment center, town center o urban village. L’elenco potrebbe continuare.

Purtroppo, anche le tabelle dello International Council for Shopping Centers mancano della necessaria precisione, specie nel campo dei più innovativi lifestyle center: troppo numerosi da citare qui, e anche difficili da comprendere. Gli elenchi di lifestyle centers dello ICSC comprendono circa 100 centri così classificati, a rappresentare diversi aspetti di filosofia insediativa, dimensioni, planimetrie, miscele funzionali.

Questa difficoltà di denominazione si applica in particolare ai complessi mixed-use che la Steiner & Associates chiama “ New Town Centers”. Riteniamo che il fatto di buttare semplicemente e indiscriminatamente questo formato particolarissimo di nuovi complessi centrali nella categoria del lifestyle center non faccia un buon servizio a costruttori, affittuari, investitori, funzionari urbanistici e consumatori.

The Lifestyle Center

Rivediamo le caratteristiche contraddittorie della stessa classificazione lifestyle center. La definizione originale e più limitativa è quella che descrive un insediamento lineare senza anchor, di circa 20.000-30.000 metri quadrati, in genere entro un intervento di densificazione urbana [ infill], proposto con punti vendita specializzati di alto profilo. Credo che il termine sia stato introdotto da Poag & McEwen nel 1987, quando inaugurarono il loro Shops of Saddle Creek a Germantown, (Memphis) Tennessee.

Una definizione più ampia è quella adottata dallo ICSC, estesa a comprendere centri sia con che senza anchor, da 10.000 a 80.000 metri quadrati, ma ancora all’aperto. La descrizione più vasta è quella utilizzata dalle entità finanziarie, che classificano essenzialmente il lifestyle center come insediamento non convenzionale almeno in parte all’aria aperta, diverso da un centro commerciale, da un power center o da un complesso di quartiere.

Un lifestyle center è un ambiente commerciale che risponde ai valori, bisogni e stili di vita del proprio utente. Il problema con questo tipo di approccio “a grandi pennellate” è che l’ambiente commerciale che ne risulta diventa un bersaglio mobile. Potrei sostenere che negli anni ‘50 e ‘60 il centro commerciale regionale era il vero lifestyle center, così come lo erano i power centers negli ’80 e ‘90.

Crediamo che le definizioni di ambiente commerciale debbano essere basate su alcune obiettive caratteristiche del complesso. È questo, il modo in cui vorremmo introdurre il “ New Town Center”.

I new town centers sono progettati e mantenuti utilizzando gli stessi principi fondamentali di urbanistica che hanno costruito e conservato centri urbani vitali per decenni. Dato che sono pensati a scala umana, offrono abbondanza di parcheggi sia su strada che in spazi appositi, hanno a fungere da anchor luoghi di incontro pubblico, i new town centers sono “pre-disposti” per un riuso adattivo, con altri e diversi occupanti degli spazi, dato che società e valori e bisogni si evolvono.

Gli esempi comprendono il Crocker Park a Cleveland della Stark Enterprises, The Grove al Farmers Market a Los Angeles della Caruso Affiliate, CityPlace a West Palm Beach, Florida della Related, Bowie Town Center, a Bowie, Maryland della Simon, e poi Zona Rosa a Kansas City, Missouri, e Easton Town Center a Columbus, Ohio.

Si noterà comunque che tutti questi centri sono works in progress verso il modello perfetto. Titti hanno imperfezioni. Ma quello che, chiaramente, hanno tutti in comune, è l’uso degli spazi pubblici come anchors, e il fatto di usare in una forma o nell’altra modi ispirati alla progettazione spaziale tradizionale.

Adattare e raffinare ulteriormente questa categoria, farà progredire in molti modi la cultura della progettazione di spazi commerciali. Avremo una cornice analitica entro cui poter valutare adeguatamente parametri quali le proporzioni di commercio, uffici, residenze, accoglienza e spazi civici; il relativo impatto finanziario di ciascuno di questi usi; i criteri progettuali per gli ambienti e le sezioni stradali; analisi delle modalità di circolazione pedonale e veicolare; i contributi alla sostenibilità economica e ambientale. Saremo in grado di farlo senza interferire con le attuali analisi di carattere commerciale, come i profili del consumatore, la demografia dei bacini commerciali, o le necessità dell’affittuario di spazi.

Come i lifestyle centers, anche i new town centers sono complessi vivi, che si evolvono e maturano col tempo. Con l’aiuto di una solida definizione, possiamo evitare l’attuale dilemma attorno ai lifestyle, e presentarci meglio al settore commerciale, alla comunità degli investitori, e infine al pubblico: le persone per cui lavoriamo e che serviamo con tanta passione.

Il gioco del nome

Nonostante le numerose affermazioni in questo senso, di norma i lifestyle centers non adottano i principi neo-tradizionali o new urban di progettazione e costruzione. Sono una versione migliorata dell’abituale modello di insediamento commerciale lineare. Al contrario, l’impegno a realizzare un ambiente a funzioni miste, basato su principi urbanistici neo-tradizionali, produce insediamenti completamente diversi da un lifestyle center.

Alcune delle caratteristiche distintive dei new town centers sono:

Una massa critica, di oltre 40.000 metri quadrati di commercio, inseriti entro un complesso a funzioni miste di almeno 80.000 metri quadrati in totale, indispensabili per diventare davvero un punto di riferimento, un luogo per la comunità circostante.

Funzioni integrate, con uffici e residenze, servizi e accoglienza, progettati per integrarsi verticalmente, o comunque adiacenti agli spazi commerciali.

Scala adeguata e percorribilità, di edifici, organizzazione e dimensioni stradali, secondo la progettazione tradizionale, ad offrire spazi e condizioni orientati alla pedonalità, tutto il giorno e tutti i giorni.

Una significativa componente orientata al tempo libero, di almeno 5.000 metri quadrati, integrata alle funzioni tradizionali commerciali, a rendere il quartiere fulcro di socialità per la zona e i suoi abitanti, e a mantenere “vivo” il centro.

Basarsi in primo luogo e sopra a tutto su autentici spazi pubblici, consistenti in strade e marciapiedi, slarghi e piazze, parchi e fontane: tutti spazi disponibili sia per il godimento del pubblico che per funzioni civiche.

Nota: il testo originale al sito di Retail Traffic ; in questa stessa sezione di Eddyburg, "Territorio del Commercio", anche altri testi sul modello Lifestyle Center (f.b.)

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