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Ciao, Italo
28 Agosto 2012
Altri padri e fratelli
Negli articoli di Berdini, Emiliani, Erbani e Tocci, il ricordo del grande urbanista. Il manifesto, La Repubblica, L’Unità, 28 agosto 2012 (m.p.g.)

Arrivederci Roma

Paolo Berdiniil manifesto

Italo Insolera È scomparso a 83 anni, l'intellettuale, urbanista e architetto che ha dedicato una vita di feconde riflessioni alle metropoli e alle trasformazioni del territorio italiano Italo Insolera È scomparso a 83 anni, l'intellettuale, urbanista e architetto che ha dedicato una vita di feconde riflessioni alle metropoli e alle trasformazioni del territorio italiano. Chiunque si sia occupato o si occuperà dell'evoluzione storica, urbanistica e sociale della città eterna si è formato su i suoi studi. Un

Italo Insolera ha dedicato una vita di feconde riflessioni alle città e alle trasformazioni del territorio italiano e la morte di un grande intellettuale lascia sempre un vuoto incolmabile. Mancheranno i suoi insostituibili libri, le sue intuizioni, il suo profondo impegno morale per rendere migliore la vita urbana. Mancherà il suo impegno formativo verso tante generazioni di urbanisti compiuto con i primi incarichi di insegnamento presso la facoltà di Architettura di Roma, continuato dal 1960 con la docenza presso l'Università di Venezia per poi concludersi all'università di Ginevra. Potremo rendere meno violenta la sua scomparsa soltanto se sapremo far iniziare in Italia e in tante sue città una profonda fase di trasformazioni urbane pensate in sintonia con il suo straordinario pensiero.

Italo Insolera nasce a Torino nel 1929, ma compie i suoi studi a Roma dove la famiglia si era trasferita poco dopo la sua nascita e si laurea in architettura presso l'Università La Sapienza nel 1953. Negli anni della formazione romana entra in contatto con il mondo di Italia Nostra e dell'Istituto nazionale di urbanistica. Con Antonio Cederna inizia un sodalizio che durerà tutta la vita e produrrà la straordinaria elaborazione sul parco archeologico dei Fori e dell'Appia Antica. Nell'Istituto nazionale di Urbanistica, allora profondamente ispirato dal pensiero di Adriano Olivetti, inizia a occuparsi sistematicamente di Roma e sul prestigioso periodico Urbanistica, allora diretta da Giovanni Astengo, scriverà due memorabili numeri sulla storia urbanistica di Roma moderna.

Roma diviene così il baricentro della sua vita. Grande intellettuale e uomo di vasta cultura, si è interessato dell'urbanistica italiana e dello sviluppo delle città. Questa attenzione è magistralmente esemplificato in una delle opere più straordinarie: la voce «urbanistica» nella Storia d'Italia edita da Einaudi (1973). In una meravigliosa sintesi traccia la storia delle evoluzioni delle maggiori città, ricercandone le attinenze dettate dalla congiuntura economica e culturale dei vari momenti e le specificità dovute alle generali origini storiche, alle condizioni morfologiche, alla storia locale come elemento connotativo dell'incessante evoluzione delle città e dei territori. Il suo ragionamento parte da una illuminante intuizione iniziale: «La città considerata come principio ideale delle istorie italiane: così Carlo Cattaneo alla fine del 1958 intitolava un saggio che muovendo da alcune considerazioni sulle città nella storia preunitaria, implicitamente poneva il problema del ruolo delle città italiane nell'imminente Stato unitario». La sua grande lezione è quella di saper partire dai concetti fondamentali che sono alla base delle trasformazioni del territorio, del paesaggio e delle singole città. Un percorso logico che nella sua vita ha dato frutti straordinari. Tra i tanti importanti saggi pubblicati, è almeno il caso di ricordare il bellissimo Saper vedere l'ambiente (De Luca, 2008), dove le trasformazioni dell'ambiente umano vengono rese intellegibili nel loro inscindibile rapporto con l'azione umana egli errori delle azioni delle classi dirigenti.

Oltre a questa insostituibile elaborazione di carattere generale, è a Roma che Insolera ha dedicato studi e approfondimenti, lasciando un patrimonio di conoscenze senza uguali. I due numeri monografici di Urbanistica diventeranno nel 1962 Roma moderna la prima e la più completa storia delle trasformazioni della città. Il volume edito da Einaudi verrà ristampato e ampliato ben 14 volte fino alla suo aggiornamento di pochi mesi fa, in occasione del cinquantenario dalla prima edizione. Chiunque si sia occupato o si occuperà dell'evoluzione storica, urbanistica e sociale della città eterna si è formato su quel fondamentale volume. Nella premessa di Roma moderna, Italo Insolera sottolineò i ringraziamenti ad Antonio Cederna «per il suo continuo insegnamento e per avermi proposto cinquant'anni fa di scrivere questo libro». Sono gli anni in cui Cederna inizia la sua strenua battaglia in difesa dell'Appia antica e Insolera con i suoi studi urbanistici fornisce prezioso materiale alla elaborazione del grande progetto di sistemazione dell'area centrale dei Fori e della creazione del parco dell'Appia Antica. Numerosi articoli, libri fondamentali, mostre documentarie e lavori condotti per conto della soprintendenza di Stato, in particolare quando essa è diretta da Adriano La Regina, costituiscono le basi scientifiche e culturali con cui questi due grandi intellettuali italiani hanno lasciato il loro più straordinario risultato. Questo legame tra i due grandi italiani è sottolineato anche da un fatto simbolico: Insolera muore il 27 agosto, sedici anni esatti di distanza dal suo grande amico Antonio Cederna.

Ma, come dicevamo per il suo atteggiamento sulla storia urbana italiana, lo sguardo di Insolera per la sua città elettiva era sempre rivolto al futuro. La immensa conoscenza della sua storia era lo strumento per pensare a una città migliore, umana, rispettosa dei diritti di tutti i cittadini, a iniziare dalle fasce socialmente più sfavorite. Questa sua tensione verso il futuro trova un parziale riconoscimento negli anni '90 durante i primi anni delle amministrazioni di centro sinistra nate sulla spinta morale del post Tangentopoli. È il vice sindaco Tocci ha chiamarlo in qualità di consulente sulla materia della mobilità e anche questa volta Insolera pensa alla città del futuro. Propone nuove linee tramviarie (memorabile quella di costruire una linea sui lungoteveri così da abbattere il traffico di attraversamento che li soffocano) e collabora alla realizzazione della linea tramviaria 8, la più grande realizzazione della recente vita della città. Un altro tassello della concezione unitaria dell'Appia antica, Insolera lo mette a segno proprio in quegli anni, collaborando all'interramento del Grande raccordo anulare che prima spezzava in due la «regina viarum» e, ancora, nella relazione di vincolo sul comprensorio di Tor Marancia, scritta su incarico della soprintendenza archeologica di Stato insieme a Vezio De Lucia e Carlo Blasi. E, ancora una volta, la sua attività professionale lascia lo spazio per una più generale riflessione sulla città in Avanti c'è posto, scritto con Walter Tocci e Domitilla Morandi (Donzelli, 2008).

E proprio concludendo la sua riflessione su Roma culminata con la nuova edizione (2011) di Roma moderna, Insolera ci lascia la grande eredità per il futuro. Dopo essersi infatti chiesto se non fosse il caso di mutare il titolo del libro apponendovi un punto interrogativo, giudicando dunque Roma una città non moderna al pari delle altri capitali europee, perché lasciata dai pubblici poteri in balia della più avida speculazione immobiliare, conclude il libro con una straordinaria idea. Roma potrà diventare moderna se saprà fare del grande vuoto del parco dell'Appia antica la «spina dorsale» di uno sviluppo che guarda al benessere dei cittadini e non all'affarismo di pochi speculatori immobiliari.

Oggi l'Italia della grande crisi economica è ad un bivio: siamo ancora in tempo per seguire la sua lezione abbandonando la speculazione e iniziando a pensare che le città sono il luogo della vita di milioni di cittadini. Farli vivere bene è un grande obiettivo etico e morale. Al raggiungimento di questo obiettivo ha dedicato la vita Italo Insolera.

La Roma di Insolera

Vittorio Emiliani– L’Unità

Si spegne con Italo Insolera una delle voci più alte, autorevoli coraggiose dell’urbanistica e della sua travagliata e entusiasmante storia. Scompare con lui uno degli intellettuali di sinistra che, con idee ben chiare e fermamente praticate, hanno segnato in positivo la vita democratica delle nostre città e, in particolare, di Roma. Alla quale Italo ha dedicato tanta parte delle ricerche, della elaborazioni progettuali, degli scritti di una incessante attività di architetto e urbanista, di esperto di restauri antichi e di mobilità urbana, di storiografo e saggista.

Nasce nel 1929 a Torino dove il padre Filadelfo, importante matematico originario di Lentini, in Sicilia, ha cattedra da tempo. Tre anni dopo la famiglia si trasferisce a Roma, dove Filadelfo ha studiato, e dove Italo si laureerà in architettura alla Sapienza nel 1953. Ben presto è in contatto con gli ambienti di Italia Nostra e dell’INU, all’epoca presieduto da Giovanni Astengo, si lega soprattutto ad Antonio Cederna, di otto anni più anziano, che dalle pagine del “Mondo” polemizza a tutto campo contro una speculazione selvaggia. Sodalizio durato una vita con al centro il tema, enorme e affascinante, del rapporto fra passato, presente e futuro.

Nel ’62 esce “Roma moderna” che, ampliato e aggiornato, avrà 14 ristampe e costituisce lo straordinario breviario laico per chiunque voglia occuparsi della più complessa delle capitali, fra Cesari, Papi e Terza Roma, in mezzo a ondate speculative che le forze democratiche hanno cercato di controllare con la pianificazione e col trasporto pubblico su ferro. Non però con l’energia severa che Italo aveva nel proprio Dna, morale e culturale.

Con Cederna collabora attivamente al progetto – fatto proprio da Luigi Petroselli – di un grande parco urbano dai Fori ai Castelli. Inoltre sovrintende al recupero di San Paolo alla Regola e, più tardi, all’interramento del raccordo anulare che trancia l’Appia Antica. Egli lavora in numerose città e regioni, come architetto e come pianificatore. Con una visione internazionale che gli viene dai molti anni di insegnamento a Ginevra e dalle consulenze, l’ultima – per il Consiglio d’Europa – finalizzata al recupero del centro storico di Antigua (Guatemala). Con Leonardo Benevolo e Pier Luigi Cervellati si occupa a lungo del centro storico di Palermo. L’esito finale non li soddisfa e però, sul piano teorico/pratico, essi dettano linee e metodi di intervento tuttora fondamentali.

L’ho avuto per sette anni collaboratore al “Messaggero” e ne ho apprezzato la capacità di lucido divulgatore. Come quando raccontava la stridente contraddizione di un’Italia che non progredisce nel trasporto su rotaia e invece esporta il know-how per tramvie e metrò. E dalla bocca gli uscivano lente e sarcastiche le battute per le quali andava noto. Se Roma è in parte tornata al tram, lo si deve in buona misura alla sua sagacia e al lavoro che, soprattutto con la Giunta Rutelli-Tocci poté mettere in cantiere, partendo da una straordinaria conoscenza storica di Roma che ai tempi del sindaco Nathan vantava primati in fatto di tramvie, purtroppo divelte da Mussolini (le giudicava “poco confacenti col carattere imperiale di Roma”) e anche dalle giunte post-belliche.

E’ stato in prima fila in tutte le buone battaglie per l’urbanistica, per la difesa del paesaggio, dall’Agro Romano, che conosceva come pochi, al nuovo Auditorium di Roma sul quale ci ha lasciato un libro esemplare. Battaglia che Cederna, lui, Vezio De Lucia, Giovanni Pieraccini ed altri condussero da posizioni culturali di minoranza. Per risultare poi vincenti.

Non ebbe, o forse non volle avere, a differenza di altri esponenti della cultura urbanistica e ambientale, una “chance” parlamentare (lo stesso Cederna fu candidato ed eletto una sola volta alla Camera). Troppo severo, autonomo, libero di mente, come Antonio del resto, scomparso anch’egli un 27 agosto di sedici anni fa. Ma è dal loro lavoro che si deve di nuovo passare, oggi e domani, se si vuole riprendere il filo rosso di una pianificazione democratica e incisiva che riporti in onore un valore da parecchi anni oscurato o dimenticato: l’interesse generale. Te ne siamo riconoscenti, Italo, la tua lezione resta con noi.

Addio a Insolera urbanista militante

Francesco Erbanila Repubblica

Italo Insolera è morto ieri. Architetto, urbanista, storico, aveva ottantatré anni e appena un anno fa aveva dato alle stampe una nuova edizione del suo libro più importante, Roma moderna.

Molti malesseri lo tormentavano dolorosamente. Ma era contento, il velo di malinconia degli ultimi tempi svaniva mentre sfogliava quel volume che Einaudi aveva rilegato con una copertina grigia e tre foto aeree della città. Il libro l’aveva scritto nel 1962, più volte ristampato e infine aggiornato alle ultime vicende della capitale, con l’aggiunta di un capitolo iniziale sulla Roma napoleonica (in questa fatica era stato aiutato da Paolo Berdini). In chiusura aveva inserito un “glossario dell’urbanistica romana”. Quasi che il modo di crescere della città in due secoli avesse qualcosa di singolare e di esemplare al tempo stesso, fino a esprimersi in una lingua propria, poi diventata universale. Abusivismo, borgata, condono, palazzina, palazzinari, Società generale immobiliare...

Era nato a Torino nel 1929 e si era laureato a Roma nel 1953. Ha insegnato (a Venezia e a Ginevra). Ha realizzato piani territoriali (in Abruzzo, Sardegna, Puglia, Toscana, Emilia Romagna) e piani regolatori di città (a Livorno, a Lucca), si è occupato del centro storico di Palermo (con Leonardo Benevolo e Pierluigi Cervellati, sindaco Leoluca Orlando), di quartieri Ina-Casa (da Napoli a Siracusa) e di parchi (l’Appia Antica). Ha scritto tanti libri, in gran parte dedicati a Roma, agli sventramenti fascisti, all’Eur, all’Appia Antica, ai Fori imperiali. In un volume, scritto con Water Tocci e Domitilla Morandi, Avanti c’è posto (Donzelli), ha illustrato un piano di mobilità romana fondata sul ritorno del tram e in particolare su una linea che sarebbe dovuta correre sul Lungotevere ai bordi del centro storico, trasformato in un fantastico boulevard. Nessuna amministrazione comunale è stata però all’altezza delle sue idee.

Sui Fori imperiali è ritratto in una foto del 1981 (conservata nell’Archivio Cederna). Al collo ha una macchina fotografica e lo sguardo accigliato rivaleggia con quello, che si intravede, di Cederna. Eppure è passato appena qualche mese dalla distruzione, voluta dal sindaco Luigi Petroselli, di via della Consolazione, la strada che taglia i Fori sotto al Campidoglio. Il primo atto di un grande progetto che ha una valenza storico-culturale e urbanistica, l’eliminazione della via dei Fori imperiali e la riunificazione di tutta l’area archeologica. In quel progetto Insolera crede moltissimo (con Cederna, Benevolo, La Regina e altri). Ma non se ne farà nulla, nessuno dichiarerà decaduta l’idea, e silenziosamente anche questa, troppo alta per chi governava Roma, scomparirà dalla scena della città.

In esergo a Roma moderna aveva voluto una frase di Giulio Carlo Argan, sindaco di Roma fra il ‘76 e il ‘79: «La storia urbanistica di Roma è tutta e soltanto la storia della rendita fondiaria, dei suoi eccessi speculativi, delle sue convenienze e complicità colpevoli». Espressione lapidaria, che nel libro trovava una distesa articolazione, niente affatto costretta dentro un abito declamatorio e invece sostenuta da una documentazione impressionante. Storia urbanistica, ma tout court della città, dai decreti napoleonici che prefiguravano un parco archeologico fra Fori, Palatino e Colosseo, fino al “piano casa” e all’incubo proposto da Alemanno, e fortunatamente svanito, di trasformare l’Eur in una pista per la Formula 1. E fino al sogno che Roma possa diventare veramente moderna puntando sul suo essere multietnica.

«E l’urbanistica?», si domandava. L’urbanistica «è ormai figlia dell’architettura», rispondeva. «E l’architettura, ridotta a pura forma, assorbe tutto il dibattito culturale. Si bada al singolo progetto e non al disegno complessivo, al singolo manufatto e non alla città, all’individuo e non al collettivo». Occorre, aggiungeva, che l’urbanistica recuperi la linfa sociale smarrita, sovrastata com’è da un’attitudine analitica e descrittiva che oscura il resto, limitandosi a raccontare ciò che accade nelle città e fuori di esse e ritenendo inevitabili, irreversibili, al massimo mitigabili, la dispersione abitativa e il consumo del suolo. E invece lui insisteva su un’altra dimensione dell’urbanistica, a tratti militante, che attraverso la pianificazione può consentire alle persone un vero diritto alla città e una vita meno in affanno.

Non abbiamo dato il giusto ascolto alle idee di Italo

Walter TocciL’Unità

Scrivo questo ricordo di Insolera sulla sua scrivania. Ero venuto ad abbracciare Annina, l’amatissima compagna della sua vita, quando mi hanno telefonato da l’Unità. Qui ci sono le carte e i libri su cui stava lavorando, con difficoltà crescente a causa della malattia, ma con la curiosità mai sazia della sua pur sconfinata cultura, con il guizzo geniale e l’attenzione ai particolari, con lo scetticismo di tante delusioni ma con l’indomita fiducia nell’invenzione che talvolta sgorgava da un imprevedibile sorriso. In evidenza ci sono i materiali dell’ultimo libro che non è riuscito a concludere, un ripensamento del progetto di Quintino Sella per Roma, la grande idea di una capitale della cultura, come luogo dedicato al «cozzo delle idee», da realizzare tramite l’insediamento delle migliori università e centri di ricerca nelle stupende ville storiche che allora circondavano la città barocca, prima di essere distrutte dalla speculazione edilizia. Legare un primato moderno a quello antico era il solo modo per fare di Roma una vera capitale.

Quella intuizione era per Italo di straordinaria attualità e aveva mobilitato tutti i suoi amici per studiarne i dettagli. Quando si andava a trovarlo ognuno di noi doveva portare qualche nuovo contributo alla sua ricerca, ma era soprattutto un grande piacere ascoltarlo. Dopo averlo salutato, spesso, mi chiedevo le ragioni di quella passione. C’era forse un’inconsapevole identificazione con quel piemontese come lui che era rimasto ammaliato da Roma. Ancora di più, nell’insistenza su quella ricerca riaffiorava - stavolta quasi in forma di congedo - il suo vecchio assillo di comprendere come un progetto di città possa sposarsi con unaforte volontà politica.

Era lo stesso motivo che lo aveva portato a sostenere con sapienza ed entusiasmo il Progetto Fori di Luigi Petroselli, il sindaco che aveva saputo ascoltarlo. Ma ancora prima, c’era stata la speranza che le lotte popolari della periferia romana potessero costituire quell’energia riformatrice mancata alle perfide classi dirigenti della città nel secolo postunitario, come scrive nella prefazione all’edizione del 1971 di Roma Moderna: «se nei prossimi anni qualcuno dalle baracche, dalle borgate, dalla periferia riprenderà la lotta per un avvenire civile di questa città e troverà in essa ancora qualcosa da amare, qualcosa da vivere, sarà merito della loro tenace opposizione alla sistematica distruzione di Roma».

Sembrava allora possibile coniugare l’illuminismo del progetto con la concretezza della vita popolare. Una piccola conferma veniva anche dalla straordinaria diffusione di quel libro nei luoghi più diversi: nel seminario universitario, nell’ufficio di progettazione, nella redazione di un giornale, nella sede di un comitato di quartiere o di una sezione di partito. Poi nelle edizioni successive scomparve quell’inno alle lotte popolari e la speranza venne poggiata sull’impegno civile di Antonio Cederna. Se ne sono andati nello stesso giorno, il 27 agosto. E insieme spesso sono rimasti inascoltati.

Quando di questo saremo pienamente consapevoli ci mancheranno, non solo per i loro studi, per la passione civile, per l’esempio morale, ma per quella ricerca ancora da portare avanti di un legame tra il progetto di città e la vita quotidiana dei cittadini. La mia generazione ha avuto il privilegio di studiare sui suoi libri. Abbiamo imparato tante cose, ma non siamo riusciti a metterle in pratica compiutamente. Alle nuove generazioni non mancherà l’occasione di rileggerli con spirito nuovo, per fare meglio di noi. L’opera di Insolera merita di esser compresa in avvenire. Perfino Annina, dopo averlo amato per una vita, mi dice nel suo sobrio dolore che vorrebbe ancora chiedergli tante cose.

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